13 marzo 2021

“IL PARADISO PERDUTO“. PER L’OCCUPAZIONE SI È SCELTA UN’ALTRA STRADA CIOÈ QUELLA DELL’ASSISTENZIALISMO AMMANNITO NELLE FORME PIÙ FANTASIOSE. COSÌ CI RITROVIAMO CON MIGLIAIA DI OPERAI FORESTALI, DI EX OTTANTUNISTI


Dal sito www.ilsicilia.it


DAL BLOG ALPHA TAURI 

di Manlio Orobello -12 Marzo 2021
Scendeva il crepuscolo mentre l’aereo si accingeva ad atterrare a Punta Raisi. La costa fra Carini e Capo Rama appariva già punteggiata dalle luci dei paesi e delle innumerevoli abitazioni che la costellano e che si riflettevano sempre di più nella cerchia dei monti, man mano che la luce del sole tendeva a scomparire.


Questa visione mi portò a ripensare alle favole nordiche che narrano di piccole case con lucerne, di monti e di boschi abitati da elfi e fate che con il loro re Oberon attendono alla felicità degli uomini.

In questo stato quasi onirico, mi vennero in mente le colate laviche dell’Etna che nei secoli hanno affascinato e terrorizzato; le gole dell’Alcantara ed i ciclopi di Acitrezza, Mazzarò e le isole Eolie, frutto anche esse di eventi catastrofici. Ho visto le latomie di Siracusa, la Valle dei templi e Selinunte, Mozia con il suo enigmatico “tophet” fenicio, la rocca di Erice da dove Amilcare Barca comandò la flotta cartaginese nella battaglia delle Egadi e vi fu sconfitto dal console romano Lucio Lutazio Catulo che lo aspettò in agguato dietro Levanzo. Mi è apparsa davanti agli occhi la Cappella Palatina, forse la sintesi di quella Sicilia che fu realtà e non sogno ed ho pensato alla fecondità della nostra terra che restituisce generosamente come pianta qualunque seme le venga gettato. Insomma: il Paradiso Terrestre.

L’impatto del carrello sulla pista mi riportò bruscamente ad oggi. Scomparsa la condizione onirica ho comunque continuato a pensare e questa volta mi sono passati davanti agli occhi i disastri che siamo stati capaci di determinare.

Già nei primi anni cinquanta si parlò dello sviluppo industriale della Sicilia ma il risultato furono gli impianti più inquinanti e con minore ricaduta occupazionale che esistano: la raffineria di Milazzo di fronte alle Eolie, quelle di Priolo- Melilli e Gela, il cementificio di Porto Empedocle, alle spalle della valle dei Templi e quello di Isola delle Femmine, le centrali elettriche di Termini Imerese e Milazzo piazzate in tratti di costa fra i più belli della Sicilia. Poi la “ Sicilia imprenditrice “ con le “perle” dell’Ente Minerario e delle aziende rilevate dall’ESPI già in stato di avanzata decozione e portate all’estinzione in poco tempo, con enorme spreco di risorse pubbliche oltre che di maestranze le cui capacità professionali ci venivano invidiate. Il cantiere navale di Palermo i cui lavoratori costituivano la vera aristocrazia operaia della città occupava circa 4.000 dipendenti e lavorava a pieno ritmo mentre la rada era affollata di navi che aspettavano il loro turno di ingresso in bacino. Oggi si è ridotto con poco meno di 500 lavoratori nel disinteresse della classe politica e sindacale che si limita a qualche intervento di “routine”.

Alimentando speranze ed illusioni si sono costituiti poi i Consorzi per lo Sviluppo delle aree Industriali che fra burocrazia inefficiente e criticità proprie hanno rappresentato e rappresentano solo uno spreco di denaro pubblico. Basti pensare all’ASI di Termini imerese: 600ml di euro di patrimonio immobiliare abbandonato a se stesso e, ad oggi, più di 100 milioni di euro di finanziamenti revocati dalla Comunità Europea, mentre un’altra ventina sono in dirittura di ritorno a Bruxelles.

La SicilFiat è stata chiusa proprio mentre la Fiat apriva stabilimenti in Slovenia ed in Polonia, incentivava lo stabilimento di Melfi e perfino di Pomigliano d’Arco ; ma nessuno ne ha mai chiesto la reale ragione né si è posto qualche domanda sul perché non una azienda si sia detta disponibile all’utilizzazione dell’ impianto: né i sindacati che parlano di “ricollocazione in altri comparti occupazionali” – straordinario sindacalese – che traduco in pubblica amministrazione, né sindaci ed esponenti politici che partecipano ai ricorrenti sit-in esprimendo sempre solidarietà cioè un vocabolo astratto.

I problemi dell’occupazione vanno di pari passo con quelli dello sviluppo, ma della parola sviluppo si fa solo uso propagandistico mentre per l’occupazione si è scelta un’altra strada cioè quella dell’assistenzialismo ammannito nelle forme più fantasiose. Così ci ritroviamo con migliaia di operai forestali, di ex ottantunisti – impagabile neologismo – , ex PIP, LSU e quant’altro la fantasia politica e sindacale sia riuscita a declinare. A tutto questo si aggiungono la pletora di braccianti agricoli più o meno credibili e la massa di percettori di assegni di invalidità che, come ci dicono le cronache giudiziarie, sono talvolta arbitrariamente goduti, mentre i giovani più brillanti vanno all’estero per avere riconosciute le loro capacità.

Da questo ed altro ancora nasce la sensazione che sia stato sottoscritto un patto scellerato: l’assistenzialismo puro e duro contro il silenzio, o il falso strepito su quelli che sono i problemi dello sviluppo reale che vengono scansati con l’agilità delle bisce.

Non è però intellettualmente corretto attribuire tutte le responsabilità ad altri; alla politica, al sindacato che ricordo al tempo di Pio La Torre ed alla burocrazia, dobbiamo assumere anche quelle nostre, di normali cittadini. Talvolta penso che per assuefazione, convenienza o disinganno ci crogioliamo in questo mare tiepido e salato che ci fa stare a galla senza eccessivo sforzo, guardando ciò che rimane, ed è tanto, delle splendide coste siciliane. Temo proprio che il Lucifero di Miltoniana memoria, cacciato dal Paradiso per la sua presunzione sia riuscito, almeno in parte, a consumare in Sicilia la sua vendetta: la corruzione delle anime che è molto più grave di quella di cui si ha notizia dalle cronache giudiziarie.

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