IL NUOVO RAPPORTO
di Alessandro Sala
Immaginate il mondo, inteso come l’umanità che lo abita, alle prese con una escape room su scala planetaria: l’obiettivo è venirne fuori, mettendo in fila gli indizi e individuando le possibili soluzioni. La stanza da cui occorre fuggire è un pianeta sempre più compromesso, di cui la pandemia che ha messo in ginocchio i sistemi sanitari e le economie è solo la manifestazione più recente e più evidente. Immaginate ora che non sia un gioco, perché chiaramente non lo è. Gli indizi ci sono, bisogna solo metterli in fila. E le possibili soluzioni per uscirne anche. Basta solo provare a ragionare. E agire di conseguenza. Il Wwf, alla vigilia della Giornata mondiale dell’ambiente, ha provato a stilare un elenco di tutti i campanelli d'allarme che sono stati suonati nell’ultimo anno e mezzo. E li ha raccolti nel report «Planet Escape Room». Non è un gioco, ma «siamo tutti in gioco». «E solo un buon gioco di squadra — sottolinea l’associazione ambientalista — può farci uscire dalla crisi planetaria, disegnando un futuro più prospero e sicuro per tutti».
18 mesi di allarmi
I segnali che la nostra Terra ci ha lanciato, anche solo tenendo conto di quelli degli ultimi 18 mesi, sono piuttosto eloquenti. Leader e istituzioni mondiali hanno però fatto finta di non coglierli. Proviamo a ricapitolarli. Si parte dal novembre 2018, con quella che il Wwf definisce l'apocalisse degli insetti: sono fondamentali per garantire l’impollinazione di moltissime piante, e quindi la base alimentare per tutta l’umanità. Uno studio tedesco ha dimostrato come in 27 anni siano diminuiti di più del 75%.
L’Amazzonia in fiamme
Sei mesi più tardi, nel maggio 2019, è il Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services dell’Ipbes a mostrare come il 75% dell’ambiente terrestre e il 66% dell’ambiente marino siano stati modificati in modo significativo dall’azione dell’uomo, mettendo a rischio la sopravvivenza di un milione di specie animali e vegetali, al punto che è necessario tornare all’epoca dei dinosauri per assistere a tassi di estinzione così elevati.Passano un paio di mesi ed ecco gli incendi che devastano varie zone del mondo, colpendo in particolare l’Amazzonia. Almeno 200 mila roghi, secondo il Wwf, «alimentati da una politica di rapina e da temperature sempre più alte, hanno mandato in fumo più di 12 milioni di ettari di foresta e di altri preziosi ecosistemi».
I cambiamenti climatici
A fine estate è il rapporto dell’Ipcc «Oceani e Criosfera in un clima che cambia» ad accendere i riflettori sulle conseguenze del climate change: le temperature durante l’'inverno artico hanno superato di 6 gradi le medie stagionali e i ghiacci marini e terrestri hanno registrato riduzioni enormi, con il rischio di aumentare il livello medio marino e di rilasciare in atmosfera le enormi quantità di gas serra finora intrappolate nel permafrost. L’acqua sale sicuramente due mesi dopo a Venezia: numerose ondate record sospinte dai venti di scirocco (resi sempre più forti e frequenti dai cambiamenti del clima) sommergono la Serenissima. Che non ha motivo di stare serena: entro la fine di questo secolo il livello medio dell’acqua in laguna potrebbe innalzarsi di 85 cm con il rischio di cancellare una città gioiello sopravvissuta per secoli ad un mare mai tanto nemico come oggi.
Arrivano le locuste
A novembre tornano gli incendi: questa volta ad essere colpita duramente è l'Australia, ma lo sono anche Indonesia, il bacino del Congo e la California. Le immagini delle città evacuate e degli animali morti tra le fiamme fanno il giro del mondo. I roghi, in tre mesi, distruggono più di 11 milioni di ettari di vegetazione (più di 100.000 chilometri quadrati, ovvero un’area più grande del Portogallo), cancellano numerose vite umane e uccidono più di 1 miliardo di animali. La causa? Una alterazione climatica sopra l’Oceano indiano che ha causato siccità e temperature record. E nello stesso periodo, a dicembre, si registra l’invasione delle locuste nel Corno d’Africa, causata dalla stessa anomalia climatica. Gli sciami arrivano attratti da una insolita abbondanza di vegetazione e devastano raccolti e campi, mettendo a rischio l’approvvigionamento di cibo di oltre 20 milioni di persone in 15 paesi africani.
L’Antartide si scalda
A febbraio di quest’anno sono i coralli che si sbiancano a far scattare l’allerta. E’ il terzo fenomeno di «coral bleaching» in pochi anni e colpisce la grande barriera corallina australiana. La decolorazione è in realtà la morte dei coralli, causata dalla perdita di alghe che fornivano loro nutrienti essenziali, favorita anche in questo caso dall’aumento della temperatura degli oceani causata dal riscaldamento globale. Un dato confermato a marzo, quando il campanello di allarme suona dall’Antartide: un’ondata di calore senza precedenti porta le temperature fino a 18.3° in alcune zone, determinando la fusione dello strato superficiale di ghiaccio, con picchi di perdita locali fino al 20%. «Un dramma — evidenzia il Wwf —, se si pensa che la fusione totale della calotta glaciale antartica porterebbe all’innalzamento del livello degli oceani fino a 60 metri, mettendo a rischio il futuro di migliaia di città, miliardi di persone e interi sistemi produttivi, oltre a sconvolgere la circolazione oceanica globale».
Il virus che non conoscevamo
A marzo un nuovo studio rivela che la capacità delle foreste tropicali di assorbire anidride carbonica si è ridotta di un terzo rispetto agli anni 90 e questo a causa di siccità, deforestazione e temperature più elevate. La fotosintesi viene compromessa e di conseguenza anche la qualità dell’aria che respiriamo. Ma marzo è anche il mese del lockdown: la pandemia del Covid-19 sta manifestandosi in tutto il mondo, l’Italia è tra i Paesi più colpiti. Il virus di origine zoonotica, probabilmente partito da un pipistrello, si trasferisce all'uomo mediante uno o più salti di specie e mette ko i cinque continenti. La deforestazione e la perdita di biodiversità fanno cadere barriere naturali all’espansione dell’epidemia e a questo si aggiunge il traffico di animali selvatici. Il resto della storia è nota.
Una nuova visione
Ma come se ne esce? I problemi sono tanti, le soluzioni anche — dalla eliminazione dei pesticidi più letali alle politiche di riduzione delle emissioni in atmosfera, passando per la conservazione degli habitat e della biodiversità, per un’agricoltura sostenibile o per una mobilità ed un sistema energetico sempre meno dipendenti dai combustibili fossili — ma alla fine sono tutte riconducibili ad un unica sintesi: serve una diversa visione. Del mondo, di come proteggerlo. «Per questo abbiamo lanciato la consultazione sul “Mondo che verrà”— sottolinea il Wwf —. L’obiettivo è trovare soluzioni partecipate e collettive e vogliamo che siano i cittadini a dire la loro. La maniera in cui oggi affronteremo questa grave crisi, sanitaria, sociale ed economica, attraverso le scelte di governi, aziende e cittadini, indicherà la direzione che abbiamo deciso di percorrere e che deciderà del nostro destino comune. È venuto il momento che i sistemi naturali e i servizi che essi offrono all’umanità diventino un patrimonio comune. È venuto il momento di ridurre il debito naturale che continuiamo ad accumulare sulle spalle dei nostri figli».
4 giugno 2020 (modifica il 5 giugno 2020 18|22)
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Fonte: www.corriere.it
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