Troppi video e comunicati di neo paladini del settore vorrebbero alterare la storia. E’ come se fossimo all’anno zero e tutto comincia ed avrà un futuro grazie ad azioni legali e procedure di infrazione.
In tutto questo caos si dimenticano – oltretutto – la programmazione, la pianificazione, la tutela dei boschi e del territorio, ed i motivi che ne sono stati, ne sono e ne devono essere a fondamento.
Nell’immediato secondo dopoguerra la superficie boscata siciliana si era ridotta tra il 3 e il 4% del territorio regionale (80.000 ha circa ), mentre la superficie demaniale, originariamente dello Stato, attorno a 4000/5000 ha. Oggi – considerando sempre i boschi alti – siamo all’11% , ovvero 280.000 ha, di cui 176.000 circa gestiti dalla Amministrazione regionale (152.000 ha quelli di proprieta’ del Demanio).
Anche nell’intero paese – per complesse ragioni storiche – nel primo novecento la superficie forestale era regredita attorno a 5000.000 di ha rispetto agli 11.000.000 di alcuni secoli precedenti. Leggi specifiche di fine 800’ e la Legge Serpieri del 1923 hanno dato impulso all’intervento pubblico per tutelare e ampliare la superficie boscata con finalità protettiva, di regolazione delle acque nei bacini idrografici, di prevenzione del dissesto idrogeologico. Oggi, grazie all’intervento pubblico, ma soprattutto alla ricolonizzazione spontanea delle terre abbandonate, specie nelle regioni con clima più favorevole, la superficie forestale italiana è nuovamente tra i 10 e gli 11.000.000 di ha, equivalenti al 34% del territorio nazionale.
Nel 1950 fu istituita l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia (i cui compiti oggi sono stati assorbiti dal Dipartimento Sviluppo Rurale e Territoriale, organizzato attraverso uffici provinciali; l’antincendio è invece in capo al Comando Corpo Forestale articolato in S.I.R.F. provinciali), iniziando con essa una imponente opera di riforestazione pubblica che ha fortemente contribuito a portarci ai risultati attuali, con uno sforzo decisivo tra gli anni 50’ e gli anni 90’ (molto ridotta invece la consistenza quantitativa – spesso anche qualitativa – dei rimboschimenti eseguiti da privati proprietari con contributi comunitari; ancor meno significative le ricadute occupazionali). Purtroppo – per una rilevante percentuale – non si tratta di boschi a densità colma, conseguenza sia di indirizzi gestionali e di periodiche carenze finanziarie che hanno contribuito al successivo degrado ( eccesso di conifere e latifoglie alloctone; stazioni pedoclimatiche inadeguate; ritardata e limitata rinaturalizzazione; cure colturali non sempre adeguate e tempestive; pascolamento, ect ), sia del fenomeno degli incendi boschivi e territoriali che vedono la Sicilia ai primi posti tra le Regioni d’Italia (le condizioni climatiche rappresentano una concausa discriminante). Con una prevalenza media, però, delle superfici non boscate.
Tanti dei nostri antenati, provenienti dal mondo rurale, furono impiegati in quella poderosa opera di ricostruzione: si acquisiva e si rimboschiva, si ampliava così la superficie boscata. L’intervento dell’uomo favoriva anche l’insediamento naturale e semi naturale delle specie forestali.
Alcuni di noi hanno avuto l’onore di parlare e lavorare con tanti di quei braccianti, una buona parte dei quali non c’è più.
Gli interventi erano gestiti sia in amministrazione diretta che indiretta ( i cosiddetti appaltanti..). Il lavoro era durissimo, a misura! Non a misura d’uomo ma di cottimo e di numeri da rispettare!
I turni minimi di 15/25 giornate. Non vi erano leggi di garanzia occupazionale! Le giornate complessive alcune centinaia di migliaia. Nei primi anni 80’ circa 1.100.000. Si erano già affermate la previdenza ed assistenza agricola (poi evolutesi nel tempo), tutele necessarie per l’integrazione del reddito diretto e le pensioni.
Nel 1970 – anche a seguito delle lotte operaie e bracciantili, nonchè dei fatti di Avola – fu approvata la Legge Nazionale n° 83, in essa furono previste le Commissioni agricole. Si erano create le condizioni per una maggiore trasparenza negli avviamenti e di verifica della iscrizione negli elenchi anagrafici. E’ sempre del 1970 lo Statuto dei Lavoratori; ne configurò i contenuti e la necessita’ Giuseppe Di Vittorio già negli anni 50’; impulso decisivo divennero le lotte operaie, sindacali e studentesche degli anni 60’. Quelle istanze trovarono ampia condivisione nella maggioranza di centro sinistra e in particolare nel Ministro del Lavoro G. Brodolini. Il testo di legge fu elaborato da un raffinatissimo giurista, Gino Giugni. Il 20 maggio del 1970 divenne la Legge n° 300, meglio conosciuta come Statuto dei Lavoratori. A 50 anni di distanza continua ad essere un baluardo per la tutela dei diritti dei lavoratori e le agibilità sindacali nei luoghi di lavoro: regolamentazione della vigilanza e delle sanzioni disciplinari; divieto di indagini sulle opinioni e di atti discriminatori, qualifiche comprese; tutela della salute e della integrità fisica; diritto di assemblea, di referendum, di affissione, di rappresentanza sindacale e deirelativi permessi retribuiti e non retribuiti;di locali adeguati per le riunioni; maggiori vincoli per la tutela contro i licenziamenti illegittimi (oggi resi più deboli dal Jobs Act ); repressione della condotta antisindacale, ect.
Le assemblee nei luoghi di lavoro, rese possibili dalla Legge 300, hanno avuto un ruolo di grande rilievo per raccogliere i bisogni dei lavoratori forestali, trasformarle e integrarle in proposte che diventano contenuti negoziali per la stipula di contratti e la approvazione di leggi di settore. Altro che bla’, bla’, bla’!
Si devono migliorare strumenti e modelli per stimolare la partecipazione dal basso e strutturare sintesi e prospettive complessive più coerenti e razionali? Sicuramente. Ma è innegabile che un percorso di tutele progressive (e travagliate..) è stato costruito nel tempo.
La L.R.S. n° 66 del 1981 istituì le fasce di garanzia occupazionale con inserimento in appositi elenchi: tempo indeterminato, 151, 101 e 51 giornate di lavoro garantite. Vi si accedeva in relazione a determinate quantità di giornate svolte nel triennio precedente secondo le modalità stabilite dalla legge. La L.R.S. 52/84 confermo’ e ampliò con simili criteri le tutele della precedente. Naturalmente continuavano ad essere assunti lavoratori via via iscritti nelle liste ordinarie e fuori dalle fasce di garanzia. La L.R.S 11/89 e succ. circ. applicative introdussero molte innovazioni: a) le graduatorie distrettuali; b) i contingenti dei lavoratori con garanzie occupazionali L.t.i., 151, 101) parametrati alle superfici forestali provinciali e distrettuali; contingenti che avrebbero nel giro di pochi anni assorbito i 51-isti residuali; c) il meccanismo di sostituzione dei posti resisi disponibili, il cosiddetto TURN OVER; grazie ad esso non si doveva più attendere esclusivamente una legge successiva per passare alla categoria superiore; d) si favorì l’accesso al lavoro femminile anche attraverso “ quote “ calcolate sul numero delle iscritte nella graduatoria dei fuori fasce art.lo 36). Oggi il tasso di femminilizzazione nel settore è tra i più elevati d’Italia!
Continuavano ad essere assunti lavoratori (e lavoratrici ) di recente e/o nuova iscrizione, fuori dalle garanzie occupazionali (art. 36).
I criteri per la formazione e l’aggiornamento delle graduatorie ( l’ordine di graduatoria era funzionale allo scorrimento ed all’avviamento ) furono: l’anzianità di fascia per i lavoratori dei contingenti, a parità valevano l’anzianità di iscrizione negli elenchi anagrafici e quella di disoccupazione ( criteri più obiettivi rispetto a quelli delle leggi precedenti); si tenne pure conto della minore età anagrafica per un 30% di essi. L’applicazione concreta di questa misura- giusta in linea di principio – determino’ non pochi scontenti. Per i fuori fascia vennero applicati i criteri derivanti dall’art. 10, L. N. 56/87.
La Legge 11/1989 – ottenuta con anni di mobilitazione sindacale – garantì 642.000 giornate ai 4200 lavoratori dei contingenti e circa 400.000 ai 51-sti residuali. Si sommavano in quegli anni 1.800.000/2000.000 di giornate svolte da lavoratori e lavoratrici fuori fasce.
La Legge 16/96 estese massicciamente le garanzie occupazionali. Alla fine, contrariamente alla originaria proposta sindacale, in sede di approvazione si diversificarono graduatorie e criteri. La graduatoria dei contingenti della cosiddetta manutenzione ordinaria, pur con qualche marginale deroga ( art.lo 54), continuava a mantenere i principi della Legge 11/89 (tranne il criterio della minore età ). I fuori fasce (o fuori contingenti) vennero regolamentati dall’art.lo 49, che li ordinava secondo l’anzianità di servizio, l’anzianità di iscrizione negli elenchi anagrafici e quella di disoccupazione; sia per l’avviamento al lavoro che per lo scorrimento verso la categoria dei 101-isti. Si lasciava aperta la porta “ all’ulteriore fabbisogno” (art. 55), ovvero a nuovi ingressi. Alla graduatoria del contingente antincendio: Autisti ,Addetti alle torrette di avvistamento ed alle sale operative, Aspi (questi ultimi potevano concorrere anche senza specifica qualifica), fissato in 101 giornate ( con deroga per le sale operative), si accedeva con l’anzianità di iscrizione negli elenchi anagrafici per un massimo di 50 punti, a parità valeva l’anzianità di disoccupazione. Nella buona parte dei casi finiva con il prevalere quest’ultima. Problemi interpretativi ed applicativi di alcune norme controverse contribuirono… alla approvazione della L.R.S. 13/99, la quale finì con l’ incrementare le squadre di pronto intervento ( Aspi) di 700 unità.
La Legge 16/96 garantì 1.352.000 giornate di lavoro ai 10.000 lavoratori dei contingenti della manutenzione ordinaria e 628.000 giornate ai 6.200 operatori del contingente antincendio. Ad essi si aggiungevano più di 1000.000 di giornate svolti dai 23.000 lavoratori fuori dalle fasce di garanzia occupazionale.
Per regolamentare il mercato del lavoro e le assunzioni la Legge 16/96 pose un tetto massimo di giornate conformemente a quelle previste per le categorie di appartenenza.
La Legge 14/06 – preceduta da intense manifestazioni della categoria- incremento’ del 50% la dotazione del contingente Lti della manutenzione ordinaria e del 65% quello dei 151-isti. Per i lavoratori fuori dai contingenti le giornate previste aumentarono da 51 a 78. Riguardo al contingente antincendio venne per la prima volta determinata la categoria dei 151-isti, nella misura di 935 unità. Non era quanto richiesto al Governo Cuffaro, ma sicuramente un miglioramento rispetto alle garanzie occupazionali della 16/96 e succ. integraz. Si chiuse definitivamente “all’ulteriore fabbisogno” perché divenuto eccessivo.., ma si poteva derogare al tetto massimo di giornate previste per ogni categoria.
La Legge 14/08 , ai fini della selezione dei 935 151-isti , modificando i criteri precedenti e senza non pochi contrasti, stabilì l’anzianità di servizio quale criterio primario e la maggiore età anagrafica in caso di parità.
Nel 2008, una legge nazionale, perorata dai lavoratori e dalle OO.SS., irrobustì il reddito derivante dalla indennità di disoccupazione agricola.
L’Accordo “ a regime “ col Governo Lombardo nel 2009 – fortemente voluto dalle OO.SS, anche in conseguenza di una incessante spinta dal basso dei lavoratori dell’antincendio, specie in alcune provincie – migliorò ulteriormente le previsioni occupazionali della 14/06. Nell’ultimo anno di applicazione (2012) vennero impiegate complessivamente 3.500.000/3700.000 giornate.
Nel 2013, l’art. 25 della finanziaria reintrodusse l’inderogabilità al tetto massimo delle giornate assegnate alle varie categorie di lavoratori forestali. Ciò segnò definitivamente la fine dell’Accordo col precedente Governo.
Nel 2014, l’art.lo 12 della finanziaria unifico’ le graduatorie forestali, regolamentando la nuova graduatoria unica con i criteri previsti dall’art.lo 49 della L.r.s. 16/96: anzianità di servizio ed a parità successiva ed ulteriore, anzianità di iscrizione negli elenchi anagrafici e di disoccupazione. Nel 2015 quest’ultimo criterio fu sostituito dalla maggiore età anagrafica.
Tra il 2007 e il 2017 sull’intero settore forestale si concentrò un attacco mediatico senza precedenti, anche in conseguenza dei numeri di cui prima, “ di profili immorali..”, di sanzioni penali già scontate… . Fu in particolare in alcune fasi di quel periodo che i forestali siciliani ( e non ) vennero ritenuti i principali attori degli incendi e degli incendi boschivi, quando è statisticamente provato che le loro responsabilità colpose e dolose sono molto, ma molto inferiori a quelle di altre categorie sociali. In ogni caso l’incendio, specie se doloso, è un atto distruttivo e ripugnante da condannare a prescindere, chiunque sia l’autore.
Il vento politico e mediatico soffiò a lungo. I paragoni con il minore e/o esiguo numero di forestali di molte regioni del centro nord- con maggiore superficie boscata- fioccavano. Il problema erano gli “ esuberi “ dei forestali siciliani ( e del sud ), non l’inadeguata utilizzazione delle risorse umane. Inoltre fornivano solo i dati dei forestali dipendenti dagli enti pubblici di quelle regioni, quando invece in quelle realtà prevale l’attività forestale privata a conduzione diretta o affidata a ditte e cooperative da soggetti pubblici e privati. Può aumentare l’efficienza, ma spesso a scapito dell’occupazione e della sicurezza. Mediamente sono parecchio sotto le giornate lavorative per ettaro ( 8) stabilite dalle loro stesse tabelle ettaro colturali regionali. In Sicilia – considerati gli attuali impieghi effettivi nell’ambito della manutenzione ordinaria e della relativa superficie gestita dal D.S.R.T. – la media di giornate per ha è 10. Non è un dato elevatissimo, ma l’uso di queste risorse potrebbe migliorare.
Ci siamo difesi. Ricordiamo ancora alcune trasmissioni imperniate su interviste fuori studio e costruite per mettere in difficoltà gli intervistati. A qualcuna di queste abbiamo partecipato assieme alla nostra organizzazione, la Flai. Nelle condizioni date ci siamo difesi bene.
Nel 2016 la maggioranza governativa voleva abolire il TURN – OVER, quel prezioso meccanismo che ha tutelato e migliorato i nostri diritti. Anche lì, puntuale, la campagna mediatica. Anche allora ci siamo difesi bene.
Più o meno lo stesso anno, le OO.SS. di categoria presentarono un progetto di riforma del settore che contiene indirizzi programmatici e la previsione di sole due fasce: 151 e tempo indeterminato (con qualche possibile apertura verso chi non vi ha mai lavorato), per ridurre differenze, soddisfare aspettative, far evolvere ulteriormente le condizioni di vita e di lavoro. Ed anche quelle professionali. Ampio il dibattito interno, nonchè la rilevanza mediatica sui social e gli organi di stampa, precedente e successiva alla presentazione della proposta. Centinaia le assemblee nei luoghi di lavoro, nel cui ambito i contenuti sono stati ampiamente dibattuti e condivisi. Negli ultimi anni il numero dei forestali – la cui età media è particolarmente elevata – si è notevolmente ridotto ( oggi poco meno di 20.000). Stabile – ovviamente- il numero dei lavoratori dei contingenti ( 101, 151, tempo indeterminato); diminuiti drasticamente i 78-isti, categoria “ ad esaurimento” che può avanzare verso l’alto, ma che attualmente non viene impinguata da nuovi inserimenti ( ulteriore fabbisogno..).
Nel 2018 l’approvazione del Contratto integrativo regionale, dopo un lungo periodo “ di vacanza”. Vi sono innovazioni e agibilità significative. E miglioramenti salariali.
Il 5 aprile 2019 è una data simbolo, storica: SVEGLIA REGIONE. Quel giorno è rappresentativo della condivisione da parte dei Sindaci e comunità locali del progetto di riforma. Circa 300 consigli comunali adottano e votano la proposta sindacale per indurre la Regione a trasformarla in legge.
Nel mese di novembre 2019, nel corso di un pubblico incontro all’Assessorato territorio e ambiente, con gli Assessori e i Dirigenti competenti, inizia un percorso finale di confronto tra Governo e OO.SS. di categoria che dovrebbe portare alla approvazione della legge entro aprile 2020.
Tra fine dicembre 2019 e gli inizi del 2020 due eventi, distinti e paralleli…, “ catturano “ il dibattito sulle aspettative dei lavoratori forestali: a) l’apertura della procedura di infrazione ( che si deve ancora concludere..) da parte delle istituzioni comunitarie nei confronti della Sicilia e dell’Italia, in accoglimento di una istanza ( petizione ) presentata 5 anni fà da alcune centinaia di ricorrenti attraverso uno studio legale; b) la sentenza di Ragusa.
Se la procedura dovesse concludersi “ positivamente “, il nostro Paese e la Sicilia dovranno adeguarsi(?) all’Accordo Quadro e alla Direttiva Comunitaria del 1999, che limitano l’eccesso di reiterazione dei contratti a termine. Col D.lgs 368/2001 e succ. integrazioni quella direttiva fu recepita fissando in 36 mesi il periodo massimo di reiterazione, oltre il quale il rapporto si trasforma a tempo indeterminato. Il D,Lgs 368/2001 escludeva – tra gli altri- gli agroforestali. Col recente “ Decreto Dignità” quel limite è stato abbassato a 24 mesi, ribadendo l’esclusione di cui prima. Si è continuato a seguire un principio di flessibilità consolidato nel tempo, collegato alla stagionalita’ e alle fasi colturali degli interventi.
La sentenza di Ragusa ( di primo grado ) respinge la richiesta di una decina di forestali ricorrenti che chiedevano in prima istanza la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, riconoscendo loro solo il diritto al risarcimento equivalente a 10 mensilità. Il D.Lgs 165/2001 infatti dispone che “ La violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte di pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative”.
Ipotizzando… che la procedura di infrazione si concluda “ positivamente”, secondo il volere dei ricorrenti di trasformare il rapporto a tempo indeterminato; presumendo che ogni lavoratore forestale presenti ricorso per il risarcimento.., a quanto ammonterebbe il costo per la Regione? In prima battuta ( tenuto conto del numero di forestali attuali) a circa 1000.000.000 (conversione più risarcimento)! E poi 6/ 700.000.000 annui (stabilizzazione full time ). Dove lo trovano tutto questo denaro? Senza considerare gli adeguamenti amministrativi e gestionali. Senza considerare il riallineamento… della programmazione e della pianificazione, gia’ oggi problematiche.
Attualmente il costo per mantenere le vigenti garanzie è di 260.000.000 l’anno circa. Trovare..almeno altri 100.000.000 per traguardare la riforma (considerando anche i risparmi consentiti dai lavoratori che ogni anno escono dal settore) non è semplice. Ad essi vanno aggiunti corrispondenti costi di gestione e pianificazione.
Proprio alla vigilia di Capodanno la Regione è come se fosse stata commissariata, Il Governo nazionale ha “concesso” di spalmare il disavanzo ( o parte di esso..) in 10 anni, anziché in 3. In cambio si devono ridurre le spese correnti! Dire che ci sono stati ( e ci sono ) sprechi, privilegi, corruzioni, disapplicazioni degli art.li 36 e 37 dello Statuto, iniqui trasferimenti statali a vantaggio delle regioni del nord (è di ieri un articolo sul QDS.IT su dati Eurispes), è condivisibile. Ma ciò non si trasforma automaticamente in denaro contante!
Allo stesso tempo il contesto socio economico fa tremare: 375.000.000 di ore di lavoro perdute in Sicilia dal 2007 ad oggi. Siamo al primo posto in questo trend negativo e generalizzato. Il calo delle ore lavorate si riflette sulle tipologie contrattuali: diminuiscono i contratti full time, aumentano quelli part time. In Sicilia tra il 2008 e il 2018 i lavoratori precari sono aumentati di 66.000 unità ( Giornale di Sicilia 19-01-2020 ). La Sicilia è una polveriera dove si alimentano facili (e pericolosi) populismi!
Quasi tutte le leggi di settore che in questi ultimi 40 anni hanno previsto garanzie occupazionali, contengono norme programmatiche, prescrittive e di indirizzo: attribuiscono funzioni precise ai soggetti preposti ( Amm. regionale; Enti locali; altre amministrazioni; soggetti privati). Ovviamente integrate da altre norme di tutela ambientale. Autonomamente concepite ( Assemblea regionale) e/o frutto del recepimento di norme nazionali.
La somma di alcuni titoli.. e contenuti sintetici può contribuire a dare un’idea! Fanno un programma da soli!
a) Difesa e conservazione del suolo e tutela degli equilibri ambientali conformemente al piano generale di massima; b) piani di acquisizione dei terreni; c) dichiarazione di pubblica utilità, esproprio, occupazione temporanea (il cui costo è tra 1/6 e 1/10 in meno rispetto all’esproprio), conferimenti volontari; d) esproprio di boschi degradati, specie se rimboschiti con contributo pubblico; e) inventario e carta forestale regionale; f) piano forestale regionale; g) piani di assestamento e gestione forestale sostenibile; h) impianti di essenze arboree e gestione di terreni boscati su aree appartenenti ad enti locali ed altri enti pubblici (40.000 ha?) tramite apposite convenzioni; i) attività complementari di cui all’art. 14 della L.r.s. 16/96 e succ. modifiche ed integrazioni molte delle attività complementari previste, per loro natura, e da alcuni anni a questa parte, si svolgono fuori dagli ambiti territoriali tradizionali); l) istituzione di parchi, riserve e zone di protezione speciale che – tra mille contrasti come dimostrano anche alcuni recenti fatti di cronaca- hanno contribuito a tutelare natura e territorio; m) piano antincendio regionale (molti mezzi, strumenti, tecnologie, modalità operative, sarebbero da riadeguare ed aggiornare ); o) manutenzione dei bordi stradali e di banchine; p) misure di prevenzione primaria (strisce tagliafuoco ) particolarmente in aree private ( l’Amministrazione pubblica, con relativa tempestività, già assolve questo compito) situate in punti sensibili (tante le ordinanze annuali dei Sindaci disattese); q) catasto degli incendi boschivi (Legge nazionale 353/2000, in parte anticipata dalla legislazione regionale).
In tutti questi anni gli aspetti programmatici, di gestione forestale e di tutela del territorio non hanno avuto l’attenzione e la applicazione adeguata. Non solo in Sicilia, ma nella nostra isola ci sono deficit particolari.
Oggi, di fronte al perdurante fenomeno del dissesto idrogeologico (75% dei comuni siciliani a rischio), della desertificazione, dell’incidenza elevata degli incendi, dell’abbandono delle aree agricole e non agricole, del rilievo che oramai assumono i mutamenti climatici, occorre agire senza indugi, ad ogni livello: su scala regionale, nazionale, planetaria.
Si deve migliorare la gestione dei boschi per adeguare le specie alle stazioni pedoclimatiche, favorire la rinaturalizzazione, elevare la loro resistenza e resilienza agli incendi ed ai mutamenti climatici. Valorizzare i beni e i servizi ecosistemici, materiali (ad esempio il legno) ed immateriali. Per alcuni di essi la valutazione (e non solo) è complessa (fissazione del carbonio, alimentazione delle falde acquifere, ect ). Si potrebbe cominciare con la istituzione di un ticket per la fruizione delle aree attrezzate demaniali.
Sono disposizioni e orientamenti contenuti nella legislazione nazionale ( oltre che regionale ); in ultimo, nel Testo Unico in materia di foreste e filiere forestali ( D.Lgs 34/2018 ).
E’ altresi’ necessario ampliare la superficie boscata, ridando rinnovato ed evoluto impulso a quell’imponente opera di riforestazione perseguito prevalentemente dalla Amministrazione Regionale dal dopoguerra in poi, in particolare sino agli anni 90’. Secondo Il Piano Forestale Regionale ( 2010- 2013) per contrastare… fenomeni consolidati (ed incipienti..) di dissesto e desertificazione occorrerebbe piantumare e favorire l’insediamento di alberi ed arbusti su circa 430.000 ha di nuova superficie nuda o con limitata vegetazione: di cui 66.000 ha con priorità alta! Su queste aree è necessario promuovere l’intervento sia del pubblico che del privato. Per la parte pubblica lo strumento preliminare potrebbe essere quello della occupazione temporanea (che ha un costo molto inferiore), assicurando ai proprietari (ed alla collettività) un bene rimboschito ed assistenza tecnica per la ulteriore valorizzazione ed utilizzazione economica successivamente alla restituzione. Associazioni di proprietari di boschi che mettano a frutto la filiera del turismo verde , ad esempio. Ovviamente tale suggerimento vale a maggior ragione per il presente, per le risorse immediatamente… utilizzabili dai proprietari di boschi, specie se con densità arborea ed arbustiva ragguardevole.
Il ruolo dei Comuni potrebbe essere notevole, sia con interventi diretti nei demani comunali che con convenzioni col Dipartimento Sviluppo Rurale. Inoltre, non va dimenticata la ulteriore necessità di creazione di boschi urbani. Una delle norme che li promuove è la cosiddetta Legge Rutelli del 1993, implementata nel 2013. Esse obbligano gli Enti locali a piantare un albero per ogni bambino nato e per ciascun minore adottato. La rilevante disapplicazione di questa disposizione fa si che le aree urbane della Sicilia abbiano 1000.000 di alberi in meno.
Ingrediente fondamentale di questa prospettiva è il rilancio dei vivai regionali, sotto l’aspetto quantitativo e qualitativo, per il fabbisogno dell’Amministrazione, di Enti locali, di privati. Stabilendo una adeguata remunerazione, anche per usi diversi dalla piantumazione immediata, come ad esempio l’acquisto di piante di congrua dimensione per addobbi natalizi!
Non si può prescindere dall’apporto delle competenze tecniche e scientifiche di figure professionali interne ed esterne alla Amm. Regionale, quali quelle che possono assicurare le Facoltà di Agraria e Scienze Forestali. Così come non si può prescindere dalla formazione e riqualificazione professionale di dirigenti, tecnici, lavoratori, proprietari, imprese forestali. In questo contesto non è secondaria l’azione sindacale, delegati compresi, tenuto conto delle previsioni dell’art. 2 del Cirl vigente (in particolare le funzioni del Comitato paritetico regionale) e dell’art. 4, punto b) del Ccnl.
Promuovere il verde e valorizzare il territorio significa anche difendere ciò che abbiamo, in primo luogo attraverso le azioni di prevenzione e repressione incendi e incendi boschivi. Adeguare mezzi, risorse, modalità operative (vigilanza dinamica, ad esempio), tecnologie (soffiatori/nebulizzatori); migliorare il coordinamento tra i vari soggetti preposti; redarre in tutti i comuni il catasto degli incendi boschivi, far applicare le ordinanze dei Sindaci sulla prevenzione degli incendi.
Probabilmente questo percorso andrebbe stimolato anche attraverso un sistema di sanzioni ed incentivi adeguati per raggiungere gli obiettivi. Ma prima ancora bisogna avere una grande e condivisa consapevolezza che la promozione del verde tutela l’ambiente e promuove ricchezza, diretta ed indiretta. E’ un investimento! Strategico per lo sviluppo sostenibile di questa terra. Ci sono paesi, come la Slovenia, che con il 60% di superficie forestale (60%!!!) fondano la propria economia sul verde e sul turismo: rifugi alpini, agriturismi, escursioni, utilizzazioni legnose, ect.
Sicuramente è necessario continuare il percorso negoziale già avviato, individuare risorse aggiuntive, regionali ed extra regionali, per dare una maggiore stabilità (151 ed Lti) a questa categoria ed allo stesso tempo tutelare e valorizzare il territorio, i boschi e l’ambiente.
Con l’auspicio – nonostante le interferenze.. in atto – che per l’approvazione della legge di riordino vengano rispettati i tempi indicati dalla Amministrazione regionale: aprile 2020
Fonte: www.flaicgilsicilia.it
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