Una lapide è un simbolo, un richiamo all'attenzione di un evento: di un fatto.
Come diceva quel "grande" Friedrich: <<non vi sono fatti ma interpretazioni>>, ma è proprio dalle interpretazioni che emerge la natura più intima degli uomini.
Come si interpreta un fatto?...
Innanzitutto con le emozioni!
Quale emozione può essere più intensa se non quella proveniente dalla costatazione della morte? Una morte per amore verso il proprio territorio, la propria gente, la propria famiglia.
Una morte che è "morso" profondo nella propria carne, che è urlo strozzato e muto... silenzio.
Silenzio, che aspetta l'oblio, come se nulla fosse mai stato: vanità di ogni sforzo, di ogni Amore.
Una lapide, attraverso la presenza imperitura della roccia, rappresenta la fermezza immutabile, nel tempo degli uomini effimeri.
Racconta il gesto estremo, la decisione fatale, l'errore o il destino sovrumano che ci governa.
Una lapide racconta quello che altri, i più, dimenticano.
Questa lapide, posta nella nostra base A.S.P.I., in contrada Boriglione di Linguaglossa, dice e ricorda i nostri morti su monte Cumma. Dice il silenzio dei nostri feriti, dei nostri infortunati nella lotta agli incendi boschivi.
E' il monito che dovremmo tener sempre presente, nella mente e nel cuore, noi che siamo in prima linea in questa lotta, che sfioriamo e abbiamo sfiorato, innumerevoli volte, l'alito arso e terribile della disgregazione di quel che crediamo di essere, nella presunzione di essere.
E' il monito che dovrebbe tener sempre presente, nella mente e nel cuore, anche quella superficialità di chi non ha in buon conto il valore del nostro compito che, nella negligenza, ci relega al margine come inutili e persino colpevoli.
Politicanti da strapazzo, dirigenti loro riconoscenti, assenti dai territori e dalla vita vera della gente.
Dove non vi è parola vince il pregiudizio. E’ così che si muore tante volte, tante quante il silenzio permette alla stoltezza di finire nello sproloquio, mai opportuno, sempre offensivo.
Quà c'è il sudore, lo sforzo, contro la distruzione.
Vi è sepolto l'onore delle persone capaci di dare invece di "predare".
Un abbraccio a:
Vincenzo Zumbo,
Giuseppa Manitta,
Francesco Manitta,
Benedetto Mineo.
Nostri fratelli dimenticati, ma mai dimenticati.
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