21 giugno 2019

“SONO UN FORESTALE, NON UN DELINQUENTE”


Dal sito www.quntastories.it

di Vanessa Lo Castro - 21 Giugno 2019
L’accorata difesa di un operaio:”I piromani cercateli altrove, noi rischiamo la vita ogni giorno”

Questa è una storia di orgoglio e pregiudizio. Non quello della famosa fiction televisiva, ma quello provato e subito ogni giorno da Pietro, operaio forestale addetto al servizio antincendio. “Siamo definiti parassiti, piromani e per lo più delinquenti” racconta l’uomo, quarantanovenne, che ribadisce con forza quanto siano sbagliati gli stereotipi negativi che dipingono questi lavoratori. Il primo mito che sfata è quello dei forestali che appiccano gli incendi per ottenere il rinnovo dei contratti.



IL LAVORO IN FUMO

“Oggi è esattamente al contrario – dice – si va avanti per progetti specifici, quindi ogni rogo rischia di mandare in fumo anche le nostre giornate lavorative”. Da anni infatti l’amministrazione regionale organizza il lavoro dei forestali, secondo piani precisi dislocati in varie aree della Sicilia. Sulla base di questa programmazione si regola l’utilizzo di questo personale, per cui se, per esempio, un bosco va a fuoco, restano senza lavoro e senza paga i forestali che erano previsti per quella zona.


CHI APPICCA GLI INCENDI

“I dati parlano chiaro – continua Pietro – dal 2007 a oggi (secondo organi di stampa,ndr) solo 7 forestali sono stati autori di incendi, che invece sono appiccati da piromani, da ragazzini annoiati o da altre categorie professionali che ne hanno un beneficio. Lo confermano le indagini, non è una difesa corporativa, perché è innegabile che anche in questo settore, come in tutti gli altri ci siano le mele marce. Che vadano in malora, rovinano l’immagine di tanti padri di famiglia e onesti lavoratori”.


LO STIPENDIO DI UN FORESTALE

L’altra bufala che smonta è quella degli stipendi: un centunista qualificato guadagna 1200 euro al mese per 4 mesi, mentre un bracciante 900 euro al mese. Non c’è alcuna assicurazione, solo quella prevista dall’Inail. In caso di infortuni non ci sono forme di ristoro per chi ne è vittima. “Varie volte abbiamo fatto la colletta fra noi lavoratori e con i sindacati per pagare i funerali di colleghi” afferma C.B. che snocciola l’elenco di forestali morti in servizio.


MORIRE PER LAVORO

“Sono 22 i colleghi uccisi dal fuoco, 22 persone che nessuno o quasi nomina” ricorda Cb . “Non dimenticherò mai quel maledetto agosto del 2012 – dice – eravamo a Castronovo di Sicilia in un bosco ed avevamo appena spento un incendio appiccato da un piromane. Dopo le ultime operazioni di bonifica, tutto sembrava finito. Non sapevamo che il piromane deluso dal risultato, aveva dato fuoco a un’altra parte del bosco e che, aiutato dalla direzione del vento, era riuscito a far divampare in brevissimo tempo un incendio di grandi dimensioni”.


RICORDO DI UN COLLEGA

Le fiamme sviluppatesi in pochi minuti avvolsero Franco Pizzuto, 42 anni e lo uccisero lasciando una vedova e tre orfani. Al posto dell’uomo avrebbe potuto trovarsi chiunque, incluso C.B. che da allora tiene nel portafoglio la foto del collega defunto. “Il mondo ignora i sacrifici che comporta questo lavoro, non conosce i rischi che corriamo – dice – e persino quello che davvero facciamo”. I forestali infatti si occupano di prevenzione antincendio, di manutenzione boschiva e anche di tutela dal dissesto idrogeologico.


I PRIMI NELLE ALLUVIONI

“Nel 2009 i colleghi messinesi furono i primi ad arrivare ad Altolìa, la frazione più a monte di Giampilieri per quella devastante alluvione che tanta distruzione ha portato – aggiunge Pietro – si arrampicarono sulle montagne per raggiungere il paesino, sotto la pioggia incessante e in condizioni drammatiche. Appena li vide arrivare, il parroco di Altolìa, Orazio Siani, disse che erano degli angeli”. Fondamentale è stato il lavoro dei forestali in tante altre tragedie, con l’esondazione dei fiumi. Siamo, in prima linea – continua Pietro – lo siamo sempre”.




COSA FANNO I FORESTALI

Pietro ricorda che nel 2012 fu sperimentato il metodo Dirillo, dal nome del torrente del ragusano che straripando causò molti danni. “Per il ripristino del territorio – dice – furono utilizzati i forestali, i palisti dell’Esa e i tecnici del consorzio di bonifica, tutte figure che si muovono nell’alveo della Regione Siciliana. Ovviamente questo permise di contenere i costi che sarebbe lievitati enormemente ricorrendo a privati. Se si facesse sempre così, ci sarebbe un risparmio notevole per le casse regionali”.



LA SPERANZA DI PIETRO



La speranza di Pietro, come di tutti i suoi colleghi, è quella di avere qualche certezza per il futuro. “Non possiamo organizzare la nostra vita – afferma – aspettiamo la chiamata in servizio, che può arrivare da un momento all’altro e neanche possiamo aspirare a rientrare fra i beneficiari di quota 100 perché le scarse giornate lavorative non ci consentono di avere i requisiti richiesti”.


“SONO UN ONESTO LAVORATORE”

Il sogno recondito invece è quello di non essere ritenuto uno scansafatiche e presunto criminale. “Voglio che i miei figli siano orgogliosi per il lavoro che faccio – ripete – io, come tutti i veri operai forestali, sono una persona perbene, un lavoratore onesto, e mi sento orgoglioso quando dico che sono un operaio forestale”.



Fonte: www.quntastories.it






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