L'ANALISI
di Accursio Sabella
Il governatore aveva chiuso ai grillini difendendo la coalizione. Che ora lo critica. E nel suo movimento, tensione sulla "neutralità" alle Europee.
C’è stato un momento, forse, in cui tutto era possibile. La creazione di un asse col Movimento cinque stelle, ad esempio, suggerita da una proposta di collaborazione avanzata alcune settimane fa da Giancarlo Cancelleri. Così come la nascita di una nuova lista di destra alle Europee. Alla fine, si è deciso di non scegliere. O meglio, se si gradisce, si è scelta la coerenza da un lato e la neutralità dall’altro. Da quel momento, l’agibilità politica di Nello Musumeci però si è ristretta, così come il suo orizzonte. Quella del governatore, oggi, è una camera “senza vista”. E non potrà essere così ancora a lungo. In attesa di comprendere che ne sarà della nuova creatura politica in qualche modo annunciata insieme al governatore della Liguria Toti.
Di sicuro c’è che oggi, le scelte del presidente della Regione sembra abbiano ristretto il suo campo d’azione. Ha chiuso ai grillini, ribadendo la fedeltà nella coalizione, ma proprio da pezzi quella coalizione ora riceve critiche anche molto severe.
Di sicuro c'è che, forse complice la campagna elettorale per le Europee, i rapporti col governo nazionale non sono mai stati così tesi. Lo scontro costante col Ministro delle Infrastrutture Toninelli sulla vicenda del commissario per le strade siciliane, e quello recente col Ministro dell’Ambiente Costa sul tema del piano rifiuti, hanno fatto passare l’idea di una Regione impegnata in uno scontro improduttivo. Nel primo caso, ad esempio, l’insistenza sull’attribuzione del ruolo di commissario allo stesso governatore probabilmente non porterà a nulla. E in quel caso, la verità sta nel mezzo: se è vero infatti che le parole di Toninelli in occasione della sua visita a Palazzo d’Orleans avevano auspicato una indicazione da parte della Regione con la più larga intesa politica possibile, dall’altro in quella stessa occasione non fu “investito” direttamente il governatore che era lì, tra l’altro, a pochi metri. Da questo stallo ne deriva un braccio di ferro che ha raggiunto, da una parte e dall’altra, persino momenti deprecabili. Come nel caso dei riferimenti, sia da parte dei deputati vicini al governatore, sia da parte dei parlamentari grillini, in Aula o tramite comunicati stampa, alle recenti tragedie sulle strade siciliane per dire che “l’Anas non lavora bene” o che la “colpa” era del Consorzio autostrade siciliane. Un balletto macabro e surreale, se solo si pensa che a settembre, cioè poco più di cinque mesi fa, la stessa Regione approvava una delibera con la quale auspicava l’ingresso di Anas nel nuovo ente che, inglobando le funzioni e le concessioni del Cas, avrebbe dovuto gestire le strade siciliane. Sui rifiuti, poi, ecco il valzer dei termovalorizzatori che svela le lacune degli uni e degli altri, in una fase delicatissima per la Sicilia.
E così, mentre si chiude lo spiraglio del dialogo col governo nazionale anche in seguito al “no” di Musumeci alla proposta di collaborazione di Cancelleri, ecco che si complica, o meglio si cronicizza il difficile rapporto con gli alleati di governo. A pochi mesi dall’inizio della legislatura, del resto, lo stesso Musumeci aveva annusato qualcosa. E in un video su Facebook aveva avvisato “la partitocrazia” di Sala d’Ercole: “O si fanno le riforme, o possiamo anche andare a casa”. Da allora, di riforme non si è sentito nemmeno il profumo. Uno sconcertante “zero” sulla lavagna del governo che non può essere colmato da qualche punto messo a segno nell’azione amministrativa.
Il problema, però, è che per Musumeci, che ha chiuso la finestra rivolta verso i Cinquestelle e il governo romano, è sempre più stretto ora anche il varco che lo mette in comunicazione con l’Assemblea regionale. E non è un dettaglio: se il governo vuole cambiare qualcosa, in Sicilia, deve per forza passare dal parlamento. Mantenere le camere dei due palazzi del potere a “tenuta stagna” rende impotente l’azione stessa dell’esecutivo. E adesso, per Musumeci si è aggiunto un problema in più, tutto interno alla sua maggioranza. Le “insoddisfazioni” e le idiosincrasie latenti in Forza Italia nei confronti del governatore iniziano a emergere in maniera palese. Possono essere rintracciate già nelle parole del presidente dell’Ars Gianfranco Micciché che ha “strigliato” un governo troppo assente dall’Aula e ancora di più nell’attacco frontale di una parlamentare nazionale come Stefania Prestigiacomo, già ministro e mai disinteressata alle cose di Sicilia. Insomma, in poche settimane si è chiusa la vista verso Roma, si è ristretta quella nei confronti degli alleati ed è emersa ancora una volta l'impossibilità di navigare nel mare agitato dell'Assemblea regionale. Ma non è finita qui.
Perché per il governatore adesso i guai sono anche in casa. Il “caso Stancanelli” non può infatti essere derubricato con un fatto personale, una storia di singole ambizioni. In realtà, la decisione di non schierarsi alle ultime elezioni Europee, la scelta di non scegliere, non è stata gradita anche da alcuni militanti di Diventerà Bellissima. E così, al governatore rischiano di restare, tra poco, solo i fedelissimi, i collaboratori più stretti. Ma a quel punto governare, governare davvero, sarebbe molto difficile.
07 Aprile 2019
Fonte: livesicilia.it
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