03 febbraio 2019

L'IMMOBILITÀ ASSOLUTA. LA COLPA DEI SICILIANI


Dal sito livesicilia.it

SEMAFORO ROSSO

di Pippo Russo
Noi e il rapporto col tempo e con il cambiamento.

I gentili lettori mi perdoneranno se mi allontano solo stavolta dalla caotica attualità per offrire una riflessione provocatami dalla casuale lettura di un aforisma. "Non c'è nulla di più prezioso del tempo, poiché è il prezzo dell'eternità". Cioè, mi pare di capire: se vuoi l'eternità devi prima esistere e se esisti stai vivendo la preziosa dimensione del tempo, prezzo dell'eternità assenza del tempo. 

Così sentenziava Louis Bourdaloue, un predicatore gesuita francese del '600, ascoltato addirittura da Luigi XIV e dalla sua corte. Vedi un po', ho pensato da siciliano alle prese con gli infiniti cantieri sulle nostre strade disastrate, i perpetui lavori per dotarci di moderne strutture di trasporto nelle città, l'eterna attesa per vedere riparato un viadotto che crolla o il trascorrere dei mesi pure per la sostituzione di un palo della luce guasto, che sia l'origine dei nostri mali? Non è vero che problemi vecchi di 30 o 40 anni ce li ritroviamo oggi puntualmente ripresi ad ogni campagna elettorale oppure esorcizzati dai governanti di turno con la formuletta "ci stiamo lavorando, è colpa di chi ci ha preceduto"? 

La sanità con i suoi "pronto soccorso" da terzo mondo, i treni lenti, l'acqua negata a causa di una rete idrica colabrodo, i rifiuti da emergenza continua, l'elenco è infinito. A voler dare retta al reverendo Bourdaloue noi siciliani, esseri perfetti, non siamo messi bene. Per il popolo siculo il tempo è una specie di illustre sconosciuto, un impiccio messo lì tra i piedi da qualche dio capriccioso, altro che bene prezioso. In generale, ci danno fastidio financo le leggi fisiche, assassine della fantasia donataci dal Fato in abbondanza. 

Abbiamo espressioni che pretendono di stravolgere regole valide in ogni parte del globo come lo scorrere dei minuti e lo spostarsi tra luoghi. "Sto arrivando" nelle contrade sicule può voler dire tra un istante, tra due ore o mai, e "muoviti qui" in siciliano significa, creando uno strabiliante ossimoro, "stai fermo". Rivoluzione? Cambiamento? Forse, in qualche epoca che fu, per sbaglio. Rivoltarsi, cambiare? Roba di chi è costretto, suo malgrado, a impattare con il tempo e con l'agire dell'uomo. 

A noi cade a pennello piuttosto un'altra dimensione, quella dell'infinito presente e dell'immobilità assoluta, quasi a scimmiottare l'eternità che, in fondo, un eterno presente e un'assenza di movimento è. Siamo proprio furbi noi siciliani. Ecco, potremmo dire che il siciliano è convinto di poter trascorrere sulla terra una sorta di "eternità anticipata" a buon mercato, senza il prezzo da pagare, il tempo, indicato dal buon gesuita di cui sopra, e mal si adatta a concetti come passato e futuro, azione e progetto. 

Termini volgari del lessico dei comuni mortali, di chi è costretto a dare conto di ciò che ha fatto, che avrebbe dovuto fare e non ha fatto o fatto male. E sì, perché in definitiva il tempo si accompagna al fare, vuoi motivato dall'amore o dall'odio, dalla necessità o dal diletto, dal dovere o dalla volontà, comunque al fare; e l'eternità anticipata al non fare, perché chi vive come se non avesse un passato e un futuro nulla deve immaginare o programmare e alcun principio, sentimento o bisogno lo spinge ad operare strappandolo dal comodo e rassicurante dogma del "non cambierà mai nulla", dal confortante rito "al Comune conosciamo nessuno?". 

In ultima analisi, il tempo fa il paio con l'agire e con la responsabilità e, conseguentemente, con la sanzione o il premio; l'eternità anticipata con l'irresponsabilità e la sicura impunità, sempre prolifica di magnanime auto-assoluzioni. Già, la responsabilità, entità dello spirito sconosciuta nelle contrade gattopardiane. Basta pensare alla politica casalinga, alla classe dirigente siciliana nel suo complesso e di ogni epoca per avere una magnifica concretizzazione dell'esistenza di un mostruoso eterno presente affrancato dalle colpe del passato da espiare e dall'onere di costruire un futuro migliore. Fatica sprecata, lo sanno, ma se ne fregano. 

Chi dovrebbe muoversi e operare tempestivamente, chi dovrebbe mostrare responsabilità e capacità di progettare il domani, facendo tesoro degli errori di ieri, invece mostra una devastante indifferenza verso chi soggiace alle urgenze dettate dal tempo, rannicchiato nell'unico pensiero di perpetuare la dorata e privilegiata condizione personale. Che gliene importa dello scorrere del tempo e delle macerie ferme lì da decenni a deputati, governanti e dirigenti di partito protetti dalle loro spropositate indennità e posizioni di potere; cosa volete che gliene importi dello scorrere del tempo quando sanno che la loro rielezione prescinde da quanto e da come abbiano lavorato per l'interesse collettivo. Loro sono i figli, però, non i padri della falsa rappresentazione dell'eternità senza un briciolo di responsabilità. I padri siamo tutti noi.
03 Febbraio 2019

Fonte: livesicilia.it






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