25 gennaio 2019

LA CRISI FINANZIARIA SARÀ UNA LUNGA AGONIA E COLPIRÀ I COMUNI E LA STESSA REGIONE SICILIANA. SUI FORESTALI CHE NEI POCHI MESI IN CUI LAVORANO SI IMPEGNANO PER DAVVERO NON HANNO CERTEZZE PER IL FUTURO: IN QUESTO MOMENTO NON SI SA A QUANTO AMMONTERÀ LO STANZIAMENTO PER QUEST’ANNO


Dal sito www.inuovivespri.it

24 gennaio 2019
Domani saremo più chiari con i ‘numeri’. Stasera proviamo a illustrare una tendenza verso una crisi di sistema che non è, come qualcuno cerca di far credere, “carenza di liquidità”, ma è un vero e proprio disastro finanziario prossimo venturo. Un problema destinato a diventare istituzionale, visto che toccherà tutta l’amministrazione pubblica

Il Bilancio e la Finanziaria della Sicilia sono in alto mare. Il Comune di Catania è in default. Il Comune di Palermo viene per l’ennesima volta ‘bacchettato’ dal Ministero dell’Economia. Volano parole grosse. I governanti regionali – come vedremo nel dettaglio domani – se la prendono con i predecessori e persino con i controllori. Il sindaco del capoluogo siciliano, Leoluca Orlando, sembra intenzionato a rivolgersi alla Corte dei Conti e alla magistratura ordinaria.

Notevole la formula linguistica “mancanza di liquidità”, quasi a dire: vabbé per ora mancano i soldi, ma arriveranno: invece non solo mancano i soldi, ma, nel caso di alcuni Comuni della nostra sempre più disastrata Isola, ci sono ancora sprechi: troppo personale (anche esterno), costi elevati per le società partecipate e ‘festival’ dei debiti fuori Bilancio.

Domani entreremo nel dettaglio della crisi finanziaria di tutto il ‘sistema pubblico’ della Sicilia: Regione, Comuni, ex Province e enti e società pubbliche.

Quello che ora proveremo a illustrare è uno scenario che, ormai, è nei fatti, anche se la vecchia politica siciliana – che a vario titolo è responsabili di tutto quello che sta succedendo – prova a negarlo: una sorta di fallimento lento, ma inesorabile, che coinvolgerà tutto il sistema pubblico siciliano.

Sarà un processo graduale, quasi uno stillicidio. Il Comune di Catania e gli altri Comuni dell’Isola che hanno già dichiarato il default hanno fatto da apripista. Ma accanto a questi fatti venuti alla ribalta ce ne sono altri tenuti ‘bassi’, ma non per questo meno importanti.

I casi eclatanti sono rappresentati dalle ex Province: Roma sta intervenendo, certo, ma la situazione resta critica. E, in ogni caso, qualcuno, un giorno, dovrà spiegare perché, bene o male, le ex Province esistono ancora, ma non per svolgere i servizi previsti dalla legge: manutenzione delle strade provinciali, manutenzione degli edifici scolastici, servizi per i disabili, controlli ambientali, eccetera. Questo è un problema istituzionale sul quale torneremo alla fine della nostra illustrazione.

Non mancano casi di Comuni dove gli stipendi dei dipendenti sono a rischio, o dove i ritardi sono ormai una costante.

Non è chiaro il quadro delle società e degli enti regionali. Si sa, ad esempio, che l’Istituto della vite e dell’olio non paga i dipendenti da cinque mesi.

La politica siciliana parla di ‘stabilizzazioni’ di precari – istanze sostenute da sindacati a caccia di tessere – ma si fa finta di non sapere che questo personale è sempre meno sostenibile finanziariamente nella odierna condizione di precariato: non si capisce per quali virtù taumaturgiche lo stesso personale dovrebbe diventare finanziariamente sostenibile una volta stabilizzato…

Sui forestali – che alla fine sono quelli che nei pochi mesi in cui lavorano si impegnano per davvero – si ‘viaggia’ con retribuzioni in perenne ritardo, senza alcuna certezza per il futuro: in questo momento non si sa a quanto ammonterà lo stanziamento per quest’anno.

Per gli 8 mila disoccupati di Formazione professionali e ex Sportelli multifunzionali (leggere politiche del lavoro) alla fine interverrà Roma perché ha interesse a far funzionare i Centri per l’impiego, indispensabili per erogare il Reddito di cittadinanza. L’incontro di oggi a Roma sembra sia andato bene, ma la Regione dovrà metterci qualcosa.

La verità è che, nel complesso, si va verso il precipizio. Fino ad oggi il conto lo hanno pagato le ex Province, i Comuni, i forestali, i dipendenti della Formazione e degli ex Sportelli multifunzionali e, soprattutto, la sanità pubblica siciliana, oggetto, da almeno cinque anni, di scippi più o meno nascosti.

Sulla sanità pubblica non c’è informazione: si sa soltanto che, nel 2018, sono stati ‘risparmiati’ 115 milioni per pagare i Comuni. E si sa – complice un provvedimento nazionale che andrebbe rivisto – che è stato avviato un ‘risparmio’ sui farmaci biologici originari, sostituiti da farmaci meno costosi (i bio-similari), nel presupposto di un’equivalenza un po’ strana: se farmaci biologici originari e bio-similari sono la stessa cosa perché i secondi costano meno?

Ciò posto – e qui è il senso della nostra riflessione – da quello che si capisce la crisi finanziaria siciliana sarà – come già detto – uno stillicidio che, piano piano, comincerà prima a lambire e poi a toccare anche la Regione.

Il ‘buco’ di 130 milioni di euro per il 2019 e il ‘buco’ di 200 milioni di euro accertato in queste ore dalla commissione Bilancio e Finanze dell’Ars è solo l’inizio di una parabola discendente destinata a investire anche la stessa amministrazione regionale.

La questione istituzionale, infine. La crisi sulla quale cominciano ad avvitarsi gli enti locali e la stessa Regione pone – soprattutto per Comuni e Province – l’interrogativo: se tali enti non forniscono servizi (Province), o forniscono servizi scadenti (Comuni) i cittadini cominceranno a chiedersi: a che servono?

E’ un crinale pericoloso quello sul quale vanno scivolando Province e Comuni. Se le ex Province siciliane hanno poche responsabilità, la stessa cosa non si può dire di alcuni grandi Comuni dell’Isola che ormai sembrano esistere non per dare servizi ai cittadini, ma per tartassare gli stessi cittadini di tasse e imposte comunali e di altri balzelli vari (autovelox, ZTL, aumento di multe, soprattutto a carico dei commercianti).

Per poi scoprire che gli stessi Comuni assumono dirigenti esterni, pagano società partecipate che producono servizi scadenti e debiti. E, magari, perdono ogni anno tante cause pagando una barca di debiti fuori Bilancio…

Va da sé che questa non è una situazione che può andare avanti per molto tempo.

Foto tratta da studenti.it   

Fonte: www.inuovivespri.it





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