Dal sito www.lasicilia.it
Si sono registrate oltre ootto scosse. L'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia ha spiegato le dinamiche che hanno provocato il sisma che ha scosso Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Adrano e Paternò
Come è naturale che sia la “colpa” è dell’Etna e della sua attività. L’Ingv ha spiegato scientificamente che cosa è accaduto e che cosa è accaduto alle 2.34 con il terremoto di magnitudo 4.8 nell’area etnea, a circa 15 km a sud sud ovest della parte sommitale del vulcano, ma circa 1 km da Biancavilla, 5 km da Adrano, 6 km da Paternò, 10 km da Belpasso e 23 km da Catania.L’ipocentro è stato localizzato ad una profondità di circa 6 km.
Fino alle ore 16 ci sono stati altri 8 “eventi sismici”, solo 2 dei quali hanno superato magnitudo 2.0: quello di magnitudo 2.5 delle ore 2:29 e quello di magnitudo 2.3 delle ore 12:21.
L’Ingv ha rilevato che in questo settore dell’Etna la “sismicità strumentale” degli ultimi anni è stata modesta, con la sola eccezione di un terremoto di magnitudo 3.1 avvenuto il 6 dicembre 2000 ad ovest di Santa Maria di Licodia e più recentemente, il 25 agosto 2017, magnitudo 3.3 nelle vicinanze di Ragalna. In un raggio di 5 km da Biancavilla, a partire dal 2000, ci sono stati 11 terremoti di magnitudo superiore a 2.5.
La sismicità nell’area etnea – spiegano i tecnici dell’Ingv - avviene nella parte sommitale del vulcano ma anche lungo i suoi fianchi ed è caratterizzata da profondità ipocentrali molto variabili. Gli ipocentri variano solitamente da pochi chilometri in occasione di sciami sismici connessi all’attività eruttiva, fino a 10-15 km e talvolta raggiungono anche i 25-35 km, delineando un complesso sistema di interazione tra crosta profonda e struttura superficiale del complesso vulcanico.
Il terremoto di oggi è avvenuto a profondità medie e il meccanismo focale calcolato è di tipo trascorrente, e quindi “coerente” con i terremoti già studiati nell’Etna.
Il Vulcano è caratterizzato da una sismicità molto distribuita geograficamente, come profondità ipocentrali e meccanismi di rottura. Ci sono terremoti che avvengono all’interno dei condotti vulcanici che sono certamente associabili a movimenti di masse magmatiche, mentre altri più periferici sono terremoti con caratteristiche degli eventi tettonici, ma che certamente risentono del campo di sforzi indotti dal vulcano.
In queste ore i sismologi e vulcanologi dell’INGV stanno raccogliendo e analizzando tutti i dati disponibili (geofisica, geochimici, delle deformazioni del suolo ecc.) per chiarire questi aspetti e verificare se questo evento sismico possa avere inciso sui meccanismi di ricarica del vulcano che sono in atto da mesi.
L’area dell’epicentrale di oggi non è stata caratterizzata da eventi di magnitudo elevata. Si ricordano due eventi con localizzazione simile il 14 maggio 1898 (magnitudo 4.0) e il 15 aprile 1984 (magnitudo 3.5). L’evento di maggiore magnitudo in area etnea è stato di 6.3 il 20 febbraio del 1818 sul versante di sud-est del vulcano a circa 15-20 km a nord-nord-est di Catania che nell’area epicentrale odierna ebbe un risentimento di grado VII-VIII Mercalli. Va ricordato che la magnitudo è una scala che indica l’energia liberata, la Mercalli “misura” invece i danni al suolo. Nel settore sud est dell’Etna si ricorda anche un terremoto del 1 gennaio 1850 con una magnitudo di 4.3. Fuori dall’area propriamente vulcanica, l’Ingv ricorda un terremoto della scala Mercalli VII – VIII l’11 gennaio del 1693, il grande terremoto di magnitudo 7.3 che rase al suolo la Sicilia sud-orientale.
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