Sono settanta in tutto il territorio regionale, molte delle quali gestite da associazioni e università. Poche le risorse e «scarsa attenzione alla promozione turistica», secondo l’assessore regionale all’Ambiente, Toto Cordaro
Un sistema con molte pecche, ma che associazioni, ex Province e università continuano a gestire tra mille difficoltà. Sono le riserve naturali in Sicilia, un patrimonio inestimabile, tutelato da vincoli molto rigidi ma che, per questo, rischia di risultare ostico alla fruizione da parte dei turisti. Un tema rispetto al quale la politica è tornata a interrogarsi nelle scorse settimane, dopo anni in cui la gestione delle aree tutelate è stata confermata di proroga in proroga, in assenza di una programmazione complessiva che le valorizzasse davvero.
Sono settanta, in tutto, le riserve naturali in Sicilia, di cui sette nell’Agrigentino e altrettante nel Nisseno, cinque nel Catanese, idem nell’Ennese, undici a Messina, 17 nel Palermitano, due nel Ragusano e otto sia nel Siracusano che nel Trapanese. È su questo che lo scorso martedì la commissione Ambiente dell’assemblea regionale siciliana ha audito l’assessore al ramo Toto Cordaro, in risposta a un’interrogazione del deputato dem Anthony Barbagallo, già assessore regionale al Turismo in giunta con Rosario Crocetta, che puntava il dito sulla scarsa attrattiva delle riserve.
«Dal dipartimento abbiamo predisposto un disegno di legge che adesso confronteremo in sede politica con il presidente della Regione, Nello Musumeci - afferma Cordaro a MeridioNews - per poi presentarlo, entro metà ottobre, alla commissione Ambiente. Pensiamo a una nuova impostazione che, partendo dalla tutela dei livelli occupazionali, punti però a un rilancio turistico. Nell'ottica di preservare il patrimonio ambientale - continua l'assessore - le associazioni hanno portato avanti un lavoro che non fatico a definire egregio, ma devo anche riconoscere che il prodotto riserve naturali versa in stato fallimentare sul fronte della promozione e della fruizione turistica».
Certo, per promuovere un sito e attirare l’attenzione dei turisti servono risorse. Che, nel caso delle riserve, scarseggiano abbastanza. Il capitolo di bilancio attraverso il quale vengono finanziate, infatti, conta circa 13 milioni di euro, ma comprende sia i cinque grandi parchi regionali (Etna, Nebrodi, Madonie, Sicani e Alcantara) che le 70 riserve. Ma appena 3 milioni di euro sono destinati alle 27 riserve gestite dalle associazioni e dall’università di Catania, tolte le 26 gestite dall’Azienda regionale Foreste demaniali e le 17 gestite dalle ex Province. Tre milioni con i quali bisogna coprire sia le spese per il personale (circa 90 unità) che le spese di gestione per le 27 aree tutelate gestite da Legambiente, Wwf, Cai, Gre, Italia Nostra, Lipu, Rangers d’Italia e Università di Catania.
«Tutte le riserve promuovono la fruizione naturalistica - racconta la responsabile della riserva Grotta di Santa Ninfa, Giulia Casamento (Legambiente) - offrendo anche una guida, organizzando escursioni, ma anche avendo strutturato i sentieri, con percorsi comprensivi di frecce segnaletiche e capannini informativi. Portiamo avanti - continua - anche l’educazione ambientale, proponendo attività didattiche per gli istituti scolastici del comprensorio. Per esempio, a Santa Ninfa abbiamo realizzato il Museo naturalistico e Centro di educazione ambientale». Tutto assolutamente gratuito per l’utente. E il punto è proprio quello: che per i servizi a pagamento non si è mai arrivati all’approvazione di un regolamento regionale che autorizzasse l’emissione di un biglietto d’entrata o la possibilità di offrire anche servizi a pagamento per fare cassa.
Senza contare che la dotazione finanziaria delle riserve è la stessa dal momento dell’istituzione nel 1995. Tra l'inflazione e il passaggio dalla lira all’euro, di fatto, il potere d’acquisto dei fondi è notevolmente diminuito. Con la crisi, poi, sono intervenuti ulteriori tagli. Nonostante tutto, negli anni le associazioni hanno portato a casa alcuni risultati notevoli, come la riqualificazione dell’Isola dei Conigli a Lampedusa, vero volano turistico del territorio, o anche la valorizzazione delle saline di Priolo, nell’ex area industriale, dove sono adesso tornati i fenicotteri rosa o le saline di Trapani, valorizzate proprio dal momento dell’istituzione della riserva. Adesso, dopo anni di proroghe, il governo pensa a una nuova legge di riforma del settore che sia finalmente organica. Con l’arrivo del nuovo anno arriveranno nuovi bandi e nuove assegnazioni per le riserve naturali? Cordaro non si sbilancia, ma ammette: «è un’ipotesi plausibile».
Fonte: meridionews.it
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