di Salvo Toscano
Governo di minoranza o cambio di maggioranza: ma in qualsiasi caso servirà un passaggio in Parlamento.
Il problema prima che politico è aritmetico. Come fa un governo a tirare avanti cinque anni in un Parlamento regionale in cui è minoranza? Sia chiaro, il problema non è di quelli senza risposta. I governi di minoranza sono esistiti, capita, ma per durare e non condannare alla paralisi l'attività legislativa, hanno bisogno di un'intesa politica che incornici la loro stessa esistenza. Sono le regole del gioco democratico e prima o poi la giunta e il presidente della Regione dovranno prenderne atto.
La situazione dell'Ars è ormai abbastanza chiara. La coalizione che ha vinto le elezioni disponeva all'indomani del voto di una maggioranza risicatissima, 36 deputati su 70. Sono bastate poche settimane perché questi numeri si assottigliassero. Oggi sei o sette deputati di centrodestra si muovono come un corpo autonomo e fanno mancare sistematicamente il loro sostegno in aula alla ex maggioranza.
Il problema è stato sollevato a più riprese dalle opposizioni, sia dal Pd sia dal Movimento 5 Stelle. Martedì, nel dibattito d'aula, il tema è tornato, dopo l'intervento della grillina Valentina Zafarana. A cui ha risposto il capogruppo di Diventerà Bellissima Alessandro Aricò, così: “Non ritengo che debba venire il Presidente della Regione per chiarire quello che già lui ha chiarito nelle ultime conferenze stampa. Questa Aula non ha una maggioranza. L’ha detto! L’ha detto! L’ha detto!”.
Parole che hanno fatto saltare sulla sedia il dem Nello Dipasquale. “Ci sentiamo comunicare dal capogruppo di Diventerà Bellissima che le comunicazioni di un’eventuale maggioranza che non esiste più in Aula, il Presidente già le ha date telefonicamente o per comunicato stampa, quindi che cosa volete! Cioè, siamo il Parlamento, rimango senza parole. Ma che scherza? È una cosa gravissima!”. Così l'esponente del Pd, che ha poi sintetizzato: “Dovete venire a dire in Aula come intendete andare in avanti o vi dovete dimettere! Il presidente Musumeci si deve dimettere”.
Al di là degli accaloramenti in aula, il tema posto dalle opposizioni esiste, eccome. E senza un passaggio d'aula con il presidente della Regione sarà difficile venirne fuori. Ieri, Toto Cordaro, con democristiana attitudine, dai banchi della giunta ha osservato che “è corretto stabilire, e lo faremo tutti insieme, per primi dai banchi del Governo, se ci sono le ragioni per una sintesi nell’esclusivo interesse dei siciliani, sintesi dalla quale, in linea di principio, non può essere escluso nessuno degli eletti di questo Parlamento”.
Insomma, è abbastanza chiaro ormai, anche dentro la maggioranza, che affrontare un lustro in questo modo è praticamente impossibile. In questi giorni ci sarà la sessione di bilancio e lì, alla fine, di riffa o di raffa le leggi passano per evitare che la baracca crolli. Ma poi?
Poi Musumeci e i suoi saranno davanti a un bivio. O continuare a navigare con un governo di minoranza ma chiedendo espressamente il sostegno di tutte le altre forze politiche rappresentate in Assemblea su singoli provvedimenti nell'interesse della Sicilia, passaggio che andrà formalizzato in Parlamento. O - ipotesi meno gradita a Musumeci - provare ad allargare la maggioranza con un accordo politico con una delle forze attualmente all'opposizione da coinvolgere in giunta attraverso un rimpasto. Magari allineandosi a quanto potrebbe succedere a Roma.
Il presidente ieri ha detto di non voler aprire un "mercato nero" di deputati eletti altrove che passano in maggioranza, Insomma, niente campagna acquisti a uno a uno come ai tempi di Crocetta. Restano le due ipotesi di cui sopra. O il braccio di ferro con il conseguente stallo già in atto.
“Musumeci assuma un’iniziativa seria per uscire da questo pantano”, incalza Nicola D'Agostino di Sicilia Futura. E l'impressione è che a Sala d'Ercole ci sia più di una mano pronta a stringere l'eventuale mano tesa del governatore.
22 Marzo 2018
Fonte: livesicilia.it
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