20 dicembre 2017

L'ANALISI. UN PARTITO IN FUGA DA SE STESSO. NEL PD A PEZZI IL FUTURO FA PAURA



di Salvo Toscano
Un gruppo parlamentare già in frantumi, vertici che non toccano palla, silenzio da Roma: in Sicilia la Caporetto di Renzi.

PALERMO - Oggi l'aula dell'Ars si riunirà per la terza volta. E il Partito democratico è già in brandelli. Meno di una settimana di legislatura è bastata per far squagliare il Pd dopo la sconfitta elettorale. E la strada da qui al voto delle Politiche di marzo si presenta tutta in salita.

Al primo test significativo il gruppo non ha retto la prova del voto segreto, spaccandosi. In quattro su undici non hanno rispettato la decisione del gruppo e non hanno votato Nello Dipasquale. Ne è seguito un caos con scambi di accuse e improperi. Fino al voto dell'altroieri per il vicepresidente, dove ognuno in casa dem ha fatto un po' quello che gli pareva, Con un po' di voti confluiti su Giancarlo Cancelleri. Un'anarchia ingovernabile di fronte alla quale i vertici non sembrano battere ciglio. Antonello Cracolici non si è nemmeno iscritto al gruppo, definendo a rischio la convivenza dei dem. Giuseppe Lupo ha chiesto che si apra la fase congressualee che sostanzialmente si rifondi la baracca, che sta cadendo a pezzi. Fausto Raciti era stato attaccato dai renziani, poi si era ritrovato appiccicato dalla direzione il renziano Giuseppe Bruno in un inedito tandem, e alla fine è andata come è andata. Con scambi di cortesie e parole dolci tra compagni di partito come “utili idioti” e “faccendieri”.

I renziani di Sicilia hanno respinto le accuse di tradimento ma restano in altri ambienti dem i principali sospettati dell'inciucino. Oggi, con l'elezione del resto dell'ufficio di presidenza, potrebbe delinearsi meglio il quadro. E magari potrebbero venire allo scoperto piccoli accordi e contropartite.

Quel che appare è l'enorme difficoltà che il partito sta attraversando. Le correnti si muovono ormai come corpi autonomi, peggio di quanto abbiano fatto in questi anni. Le ultime vicende alimentano l'atavica diffidenza di un pezzo di partito verso le new entry con radici di centrodestra, imbarcate in questi anni con la regia di Davide Faraone. La sinistra del partito potrebbe persino essere tentata da sirene d'addio per ricongiungersi ai compagni d'un tempo, lasciando ai renziani di nuovo corso un partito geneticamente modificato. In questo quadro, il grande assente resta il partito nazionale, che tace e guarda altrove mentre il Pd siciliano cade a pezzi. Proseguendo nella stessa linea di condotta adottata durante la campagna delle Regionali, quando Matteo Renzi dedicò solo una visita di un'oretta al sostegno a Fabrizio Micari, “il candidato di Orlando”, una candidatura lanciata nella mischia a sfracellarsi, tra mille passi falsi. L'unico segnale di vita della segreteria nazionale sarebbe arrivato, secondo ricostruzioni di stampa non confermate ufficialmente, dal via libera di Luca Lotti ai Cardinale boys per sganciarsi dal Pd alla seconda votazione di venerdì portando soccorso rosso a Miccichè.

I malumori della base emergono con chiarezza, il disorientamento è grande quasi quanto la preoccupazione per il prossimo test elettorale, dove il centrosinistra renziano in Sicilia rischia di restare a bocca asciutta nei collegi come ai tempi del 61 a 0.

Insomma, se fino alla settimana scorsa il Pd sembrava un partito di separati in casa, oggi in quella cosa si vedono volare i piatti. E il futuro, in un partito che appare in fuga da stesso, fa paura.
20 Dicembre 2017

Fonte: livesicilia.it





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