Nella provincia più povera della Calabria persi 10mila posti di lavoro in 10 anni. I sindacati: “Senza lavoro non c’è dignità. E vince la ‘ndrangheta”
Da Vibo a Crotone, da Locri a Cosenza, passando da Reggio Calabria, da San Marco Argentano e dai tanti angoli di una Calabria che si è smarrita. In autobus, in macchina. Tutti in direzione Catanzaro, o meglio alla cittadella regionale. Perché il messaggio era rivolto alla Regione, alla politica. Aveva la voce di Cgil e Uil che hanno chiamato a raccolta. Aveva il volto e le sfumature del mondo del lavoro ormai sempre più disgregato e ombra di quello che era e che avrebbe dovuto essere.
Il corteo. L’ha deciso anche il cielo che doveva esserci la manifestazione questa mattina. Un raggio di sole che per oltre un’ora ha riscaldato l’esercito del lavoro, dopo i temporali e il vento freddo. Ha riscaldato i precari provenienti dal pubblico e dal privato, pensionati, tirocinanti. C’erano insegnanti e operai, percettori di mobilità in deroga e lsu- lpu storici. C’erano vigili del fuoco, forestali, amministratori, associazioni. Circa 5mila persone. Uomini e donne pronti a chiedere dignità e legalità. Perché è dal lavoro che passa la dignità della persona e delle famiglie, è con il lavoro che si sconfigge la ‘ndrangheta sotto la cui cappa la Calabria continua a vivere, sotto ricatto. Un “cambio di passo” hanno chiesto Cgil e Uil. Un cambio del nome dello sviluppo. Un messaggio al governatore Oliverio a mettere in campo politiche occupazionali serie “perché il tirocinio – hanno spiegato – non è lavoro e in questo paese non è a fine mese che non si arriva, ma alla seconda settimana”. Una Calabria che piange, li dove agli spot e alle promesse non è seguito nulla. Lo hanno detto a gran voce i precari presenti alla manifestazione. Hanno raccontato le loro storie, come Avolio, precario del Cnr. Una storia di studio e sacrifici la sua. Una storia di amarezza sotto il peso della precarietà.
Da Vibo. Tre autobus dalla città e uno da Serra, insieme a diverse auto si sono mosse presto questa mattina da Vibo. Anche da quello che è tra i capoluoghi più poveri d’Italia si è dato spazio alla voce del lavoro che non c’è. Storie di uomini e donne impresse nei volti. Storie di sacrifici di insegnanti, operai, forestali, disoccupati. Volti feriti dalle ingiustizie, dal sistema. Insieme a loro il segretario generale della Cgil – che ha organizzato la partenza – Luigi Denardo. Intorno a lui quel mondo, tenuto per mano, accarezzato. Quasi come a consolarlo, nella consapevolezza di una situazione al limite. “Partiamo da Vibo – ha spiegato Denardo – con un bagaglio di problemi notevoli, c’è una situazione esplosiva sul piano sociale, occupazionale e della sicurezza”. Mancano le risposte, la programmazione da parte degli enti e di quanti hanno avuto responsabilità in questi anni, ha ricordato Denardo, avvisando del rischio di “ulteriori colpi di cosa che faranno perdere anche quel poco che è rimasto”. A Catanzaro la Cgil ha portato il disagio del Vibonese, 10mila posti di lavoro persi in 10 anni e nessun miglioramento in vista. Temi che presto arriveranno a Vibo, dove la Cgil intende mobilitarsi. Prima che sia troppo tardi. Spezzare il silenzio, dunque, in città “mentre la politica litiga per le poltrone e non dà risposte in termini di programmazione. Si vive alla giornata e si sta giocando sulla pelle della gente”. Critiche in tal senso all’amministrazione comunale che dopo due anni e mezzo “non ha nemmeno sfiorato i temi del lavoro”. Ma è di lavoro che si deve parlare. Lavoro che è futuro, l’unico futuro possibile. Prima che sia troppo tardi. Parola di Luigi Denardo e dell’esercito di precari che anche oggi ha chiesto risposte. Un esercito di uomini e donne, vite umane. Nel nome del lavoro e della dignità.
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Fonte: www.zoom24.it
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