Il
segretario federale: lecito che Zaia chieda, rispondere è cortesia. «Ma
Lombardia e Veneto sono due realtà diverse. Non è privo di senso che
procedano in modi diversi»
di Marco Cremonesi
di Marco Cremonesi
Segretario, dica la verità: lo sapeva?
«Ma che cosa?».
Che il presidente Luca Zaia avrebbe chiesto per il Veneto anche lo statuto speciale.
«No, non lo sapevo. Ma farlo è nel suo pieno diritto». Matteo Salvini dopo il successo del referendum per le autonomie si trova in un crocevia delicato. Il quotidiano spagnolo El País titola così: «Lega Nord, dalla secessione da operetta all’ibrido nazional-autonomista». Da noi, c’è chi sintetizza in «nordisti al Nord, sovranisti in Italia».
La scelta di Zaia non segnala qualche contraddizione dentro alla Lega?
«Ma no. Chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Luca Zaia parla a nome della maggioranza dei veneti, e soprattutto una trattativa si fa chiedendo, non andando in ginocchio».
Però il governo non ha apprezzato. Per ora a Roma sono stati invitati soltanto Maroni e Bonaccini.
«È normale che il Veneto acceleri, da loro il referendum è stato appoggiato dal 60% delle persone. Il voto è stato fondamentale per far capire che la gente vuole il cambiamento».
Lo stesso Maroni ha detto che la scelta di Zaia costringerà Lombardia e Veneto a procedere divise.
«Ma Lombardia e Veneto sono due realtà diverse. Non è privo di senso che procedano in modi diversi».
Il puntare molto sul «tenersi i soldi» non contrasta con la Lega nazionale?
«Sui soldi si apre una trattativa. È una richiesta assolutamente sensata, quasi banale. Il referendum è una cosa bella che stiamo facendo anche per le regioni del Sud».
Insomma, la sensazione che la Lega sia tornata nordista è priva di fondamento?
«Al gruppo della Lega stanno aderendo in queste ore parlamentari sia pugliesi che siciliani. Perché hanno capito che cosa sta succedendo. E cioé, sta nascendo una riforma del Paese che parte dal basso, stiamo facendo quello che Renzi ha provato a fare passando sulla testa dei cittadini. Ha cominciato il Veneto, ma gli stessi diritti potranno esercitarli i pugliesi, i laziali, gli abruzzesi...».
Però, è vero che il leader a cui il referendum rischia di creare più problemi, dentro e fuori al partito, è proprio lei. O no?
«Ma certo, come no. Se uno sta a quello che legge sui giornali, certo. Se prende El País, come no... Io mi diverto da matti a leggere certe analisi, gli stessi che ci dicevano che i referendum sarebbero stati un flop ora ci spiegano che per me sono cavoli acidi. Va benissimo: se il problema è vincere le elezioni e vincere i referendum, io voglio avere questi problemi per sempre».
Dentro la Lega però c’è chi dice che il referendum insegna che la Lega vince se è autonomista.
«Il nostro è un percorso consapevole e la Lega è sempre più forte. Dalla secessione io ho portato la Lega su una strada diversa e al nostro interno ormai hanno capito tutti che quella scelta è l’unica via possibile».
Lei sta per compiere un tour elettorale in Sicilia. Autonomia anche per una regione a statuto speciale?
«In Sicilia l’autonomia non è mai stata applicata. Il governatore lì potrebbe anche occuparsi dell’ordine pubblico e invece dà l’aumento ai forestali. Questa non è autonomia, sono soldi sbattuti via».
Ci sono i tempi per chiudere la trattativa tra governo e Regioni prima della fine della legislatura?
«Hai visto mai che il governo abbia un soprassalto di buon senso e proceda spedito. Comunque, quando saremo al governo sarà roba da un quarto d’ora».
Ha sentito Berlusconi? Lo vedrà nei prossimi giorni?
«No. Io sto per partire per Strasburgo e subito dopo sarò in Sicilia. Incrociarci sarà difficile».
24 ottobre 2017 (modifica il 26 ottobre 2017
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