05 ottobre 2017

LAVORATORE RIFIUTA TRASFERTA: COSA RISCHIA



Il dipendente che rifiuta la missione a termine può essere licenziato?

04 Ottobre 2017
Il tuo datore di lavoro ha deciso di mandarti in trasferta per sei mesi. A te non piace viaggiare, né stare lontano da casa. Questo trasferimento proprio non ci voleva e, se anche per un tempo limitato, è tua intenzione opporti fino alla fine. Del resto il datore di lavoro ha diverse sedi operative e ben potrebbe mantenerti nel luogo ove già presti servizio, senza necessità di spostarti in un altro. Hai però sentito dire che è nel potere dell’azienda spostare i dipendenti a proprio piacimento e, pertanto, in caso di diniego, rischieresti il licenziamento. Prima, quindi, di opporti alla scelta del datore, è necessario che tu sia ben informato dei tuoi diritti e doveri: il lavoratore che rifiuta la trasferta cosa rischia?




Trasferta: cos’è?

Facciamo prima un passo indietro e cerchiamo di capire cos’è la trasferta o, come spesso viene chiamata, la missione. La legge non menziona mai questo termine. Per trasferta si intende uno spostamento temporaneo (in questo si distingue dal trasferimento) del lavoratore presso un’altra località rispetto a quella in cui egli sta svolgendo la propria attività lavorativa.
Le trasferte sono regolate dai contratti collettivi che stabiliscono anche le indennità spettanti al lavoratore.

Differenze tra trasferta e trasfertista

Attenzione a non fare confusione. Anche se i due termini sembrano simili, c’è una grossa differenza tra lavoratore in trasferta e trasfertista. Quest’ultima figura si ha solo in presenza delle seguenti condizioni: a) mancata indicazione nel contratto della sede di lavoro; b) svolgimento di un’attività che richiede la continua mobilità; c) corresponsione, in relazione allo svolgimento dell’attività lavorativa in luoghi sempre variabili e diversi, di un’indennità o maggiorazione di retribuzione in misura fissa, attribuite senza distinguere se il dipendente si è effettivamente recato in trasferta e dove la stessa si è svolta.



Quanto viene pagata la trasferta?


Oltre alla retribuzione che già aveva presso la sede di origine, il lavoratore in trasferta ha diritto a una specifica indennità di trasferta, che viene indicata nel Ccnl di categoria. Tale importo è in parte legato alle spese sostenute e in parte strettamente connesso al maggiore disagio causato al lavoratore (cosiddetta diaria). La misura dell’indennità è normalmente correlata ai giorni trascorsi dal lavoratore in trasferta.



Il datore di lavoro può obbligare il dipendente alla trasferta?

Come abbiamo detto, la trasferta o missione viene regolata dal contratto collettivo nazionale. È in esso che si trovano eventuali limiti e restrizioni per le parti. In generale, però, il datore di lavoro non ha limiti al potere di assegnare in trasferta il lavoratore, salvo rispettare la libertà e la dignità dello stesso. Di conseguenza il dipendente non può rifiutare la trasferta senza una valida ragione. La trasferta effettuata solo per una incompatibilità ambientale del dipendente – che litiga in continuazione con i colleghi – è stata più volte ritenuta lecita dalla giurisprudenza perché mira a tutelare l’azienda e la produzione.


Viceversa, la trasferta per ragioni discriminatorie è considerata illegittima.



Che rischia il lavoratore che rifiuta la trasferta?

Vediamo ora a quali conseguenze va incontro il dipendente che rifiuta la trasferta. Posto il generale potere dell’azienda di imporre la missione e l’impossibilità per il dipendente di opporsi, è stato ritenuto lecito il licenziamento. Si tratta, infatti, di un comportamento che denota insubordinazione. Non è quindi diritto del dipendente scegliere se accettare o meno la trasferta.

A confermare l’impossibilità del lavoratore di rifiutare la trasferta è anche la Cassazione che, a più riprese [1], ha detto che è irrilevante l’eventuale consenso o disponibilità del lavoratore alla trasferta; è altresì irrilevante l’identità o la diversità delle mansioni espletate durante la trasferta rispetto a quelle abituali nella sede di lavoro.

In un noto precedente, il Tribunale di Milano ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che rifiuti la decisione dell’azienda di inviarlo in trasferta per un periodo di 4 mesi.

Per poter rifiutare la trasferta è necessario che un giudice abbia dichiarato illegittima e/o discriminatoria la scelta del datore. Quindi, prima di rinunciare alla trasferta, onde evitare di perdere il posto di lavoro, sarà consigliabile proporre un ricorso al giudice perché accerti la fondatezza della scelta aziendale.

note

[1] Cass. sent. n. 16812/2002, n. 9870/1998.
[2] Trib. Milano, sent. del 26.03.1994.
Autore immagine: 123rf com

Fonte: www.laleggepertutti.it


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