di Pietrangelo Buttafuoco
Matteo Renzi col suo convoglio ferroviario è dappertutto fuorché in Sicilia dove pure è in corso una campagna elettorale. Cento e rotti sono le province da visitare. Non però tra i ciuri-ciuri.
Niente Sicilia. Treno per l’Italia è. Non certo un Ferribotte a uso di Cariddi. La fine corsa è a Scilla. Ed è significativo tutto ciò. Da un lato rivela quanto al capo del Partito democratico possa fottergliene di Palermo e della Trinacria tutta, dall’altro – furbo, anzi, furbastro – pensa di farla franca di fronte alle sue precise responsabilità.
Una su tutte, andare a spiegarsi con i cittadini siciliani dopo lo sciagurato governo di Rosario Crocetta, il pupillo di tutte le Leopolde, il campione dei campioni del renzismo fatto cassata, il capo branco della potentissima congrega degli illusionisti capaci – come sono stati capaci – di buggerare perfino i disabili, quelli strenuamente difesi da Pif sul piazzale del Palazzo della Regione.
Spiegarsi e spiegare, dunque, quella che per il suo partito non sarà certo una sconfitta, piuttosto una disfatta. E fa bene Fabrizio Micari, a questo punto, a sposarsi dieci giorni prima delle elezioni regionali. Il candidato di Renzi alla presidenza della Regione siciliana – il rettore dell’università di Palermo e nulla più – convola a nozze nel bel mezzo della campagna elettorale. E così, povero figlio, visto che non potrà certo chiedere ai siciliani di sottoscrivere la lista nozze presso il seggio, nella cabina elettorale, almeno un festino potrà averlo.
Renzi avrà di certo la bomboniera, intanto fa ciao ciao dal finestrino assaporando il paesaggio di un’Italia accondiscendente – quella delle sue truppe cammellate – ma non glielo porta il suo trenino, oltre lo Stretto.
Peccato, però, c’è pur sempre il suo più che proclamato Ponte di Messina ad accoglierlo. Dovrà varcarlo prima o poi e così “asfaltare” Beppe Grillo che quel braccio di mare, arretrato com’è, se lo fa a nuoto. Nella Sicilia dove non arrivano i treni, Renzi, potrebbe costeggiare la Messina-Catania. Giusto quella dove ancora non si smuove la frana che ha cancellato la carreggiata. Ancora meglio potrebbe sferragliare sulle rotaie che inseguono la Palermo-Catania. E’ l’arteria stradale dove s’inginocchiò il pilone – la via rotta che spezzò in due la Sicilia – giusto dove lui, dopo più di un anno, ebbe a fare la scena di riaprire al traffico la corsia superstite al crollo. Con tanto d’inaugurazione. Spacciando per aggiustata la parte che non s’era mai sfasciata.
Ci sono quindi le delicatissime e importantissime elezioni regionali e il segretario del partito attualmente al governo se la fa alla larga ravanando per distrarre – in nome di “un potere più forte”, per dirla con le parole del notista di Repubblica Stefano Folli, “di quello esercitato da Gentiloni e Mattarella” – tutto un repertorio di banalità ad alto tasso glamour.
La propaganda di sua renzità – il Treno per l’Italia – è tutta fuffa in attesa del ritorno di tutti i giochi consociativi, è tutta panna per il giornalismo corrivo, è la cosiddetta narrazione de #italiacambiaverso. Appunto, sì. Il cambia verso. Per voltare le spalle per sempre alla Sicilia.
21 Ottobre 2017
Fonte: livesicilia.it
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