L’avvocato generale presso la Corte Ue ha presentato le sue conclusioni nella causa C‑494/16, dove si affronta una controversia tra la un cittadina italiana e il suo datore di lavoro, cioè l'amministrazione pubblica del Comune di Valderice, con riferimento al suo rapporto di lavoro svoltosi con più contratti a tempo determinato successivi.
Di fatto, spiega l’avvocato, la signora risulta alle dipendenze del Comune di Valderice dal 4 ottobre 2010 e il suo ultimo contratto prevede come scadenza il 31 dicembre 2016. Senza tuttavia che si arrivi a un’assunzione definitiva. E dato che la dipendente ritiene illecita questa catena di contratti a termine si è rivolta al Tribunale di Trapani chiedendo la trasformazione del suo rapporto contrattuale in contratto a tempo indeterminato, oltre al risarcimento del danno. Il Tribunale, riconoscendo le pretese della dipendente, ha però osservato che nel settore pubblico viene solo riconosciuto un risarcimento in termini monetari e non l’assunzione (che per legge avviene solo per concorso).
L'allegato.
Le conclusioni dell'avvocato generale
Tuttavia, la legittimità di un diverso trattamento delle due categorie di lavoratori non significa che si possano discriminare, in senso sfavorevole, i lavoratori pubblici rispetto ai lavoratori privati: in particolare, ha osservato il Tribunale, tra le varie componenti del risarcimento riguarda la perdita di chances favorevoli, previo assolvimento di un pesante onere probatorio a carico del lavoratore: costui deve dimostrare che, se l'Amministrazione avesse regolarmente indetto un concorso, egli sarebbe risultato vincitore o, comunque, che talune possibilità di impiego alternative sono sfumate a causa del rapporto a termine instaurato con l'Amministrazione. Insomma, una “prova diabolica” che rende il risarcimento «solo apparente» e non elimina l'esistenza di una vera e propria discriminazione tra lavoratori pubblici e lavoratori privati.
Così impostato il problema, il Tribunale di Trapani ha chiesto alla Corte di giustizia, in via pregiudiziale, se la normativa italiana rispetti i principii di equivalenza e di effettività stabiliti dal diritto dell'Unione.
Nelle sue conclusioni odierne, l'Avvocato generale Maciej Szpunar (Polonia) rileva che, per la normativa italiana, così come interpretata dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione, la questione della parità di trattamento tra lavoratori del settore privato e lavoratori del settore pubblico non si pone. Le due categorie di lavoratori, infatti, non sono comparabili per il diritto italiano e, d'altro canto, il diritto dell'Unione non osta a tale impostazione, purché l'ordinamento giuridico dello Stato membro interessato contempli, in tale settore o nei confronti di tale categoria di personale, delle misure effettive per evitare e sanzionare gli abusi.
Per l'Avvocato generale, la legittimità della normativa italiana va quindi valutata soltanto sul piano dell'effettività delle misure sanzionatorie previste per l'abuso dei contratti a termine nel settore pubblico. Il carattere di effettività delle misure di contrasto alla prassi abusiva in questione deve essere valutato dal giudice nazionale: tuttavia, l'Avvocato generale indica alcuni parametri che potrebbero aiutare il giudice nazionale in tale valutazione.
L'Avvocato generale rileva che l'onere della prova della perdita di opportunità di lavoro e del conseguente lucro cessante, a seconda di come interpretato nel processo, potrebbe rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio, da parte del lavoratore, dei propri diritti. Spetta, comunque, al giudice nazionale effettuare le corrispondenti verifiche. In ogni caso il risarcimento non può equivalere al valore del posto a tempo indeterminato, altrimenti si attribuirebbe al lavoratore una somma (pari all'insieme dei redditi di una vita di lavoro) superiore al danno effettivo.
Inoltre, i limiti dell'indennità forfettaria potrebbero essere adeguati tenendo conto della durata degli impieghi abusivamente prorogati, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità. E in ogni caso, ha rilevato l’avvocato generale, una sanzione simbolica e una compensazione trascurabile non possono ritenersi misure adeguate. Pertanto, l'indennità forfettaria, pur potendo essere prevista dal legislatore nazionale, non può sostituirsi interamente al risarcimento completo del danno subito.
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Fonte. www.ilsole24ore.com
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