Franco Busalacchi
Il rapporto con le Autonomie locali, i precari, il funzionamento della macchina amministrativa, i dipendenti regionali e quelli dell’Ars: ecco come riordinare e rendere efficiente l’apparato burocratico siciliano
Procediamo con la pubblicazione del programma di governo del candidato alla Presidenza della Regione, Franco Busalacchi (qui il suo curriculum, in calce all’articolo i precedenti capitoli).
Siamo già arrivati alle grandi aree di intervento: l’assetto istituzionale, l’assetto sociale e territoriale e le infrastrutture.
Nel precedente post trovate la parte relativa ai rapporti con lo Stato e con l’Assemblea Regionale siciliana.
Oggi concludiamo il capitolo ‘assetto istituzionale’ affrontando questioni di grandissima rilevanza: le Autonomie locali, la fine del precariato e l’indispensabile riforma della pubblica amministrazione.
Rapporti con le Autonomie locali
Il decentramento.
Una fase cruciale della vita e del futuro della Regione dipende dalla decisione secondo me ineludibile sul suo destino e sulla sua missione amministrativa. Il che ovviamente segue e consegue dalla decisione sul futuro della Sicilia.
Quale che sia le scelta primaria, va fatta una scelta operativa sul se la regione debba essere concepita e costruita come ente centrale, centralizzato e centralizzatore che assommi in sé tutte le fasi della azione pubblica concepita come unitaria, ovvero che la regione costruisca per sé il ruolo di ente programmatore, con funzioni di tutoraggio, assistenza tecnica, ispettive e di controllo dell’azione amministrativa affidata in piena titolarità ad enti sub regionali (liberi consorzi e province), riducendo drasticamente il suo personale a pro degli enti sub regionali.
Nonostante le buone intenzioni e le disposizioni di legge che lo sanciscono, il decentramento è visto come uno spauracchio da una classe politica che non sa vedere al di là del suo naso, del suo particolare,del suo interesse minimo e miserabile. I passi più audaci si non fatti in direzione di un decentramento amministrativo, minimale e revocabile, anche questo solo sulla carta. Io parlo di cessione di quote di potere, di un passaggio vero di competenze, di una scelta politica epocale sul futuro non prossimo della Regione, intesa come strumento di programmazione, finanziamento e controllo di poteri realmente trasferiti.
La fine del precariato. Il ruolo unico del personale
Tutto il personale degli enti locali, comuni ed ex province transiterà nel Ruolo unico del personale delle autonomie locali, conservando lo stato giuridico ed economico di appartenenza e la sede di servizio. Sulla base delle raffronto tra le piante organiche in essere nei vari enti e il personale in servizio sarà effettuato il censimento generale dei posti vacanti per ciascuna qualifica o profilo. Detti posti, in ragione compatibilmente con la professionalità acquisite saranno ricoperti col personale precario fino alla concorrenza dei posti disponibili e destinato alla sede di sevizio con procedura pubblica. Il personale precario non collocato nel ruolo unico sarà posto in soprannumero e riassorbito a mano a mano che si verificheranno vacanze nello stesso ruolo.
La pubblica amministrazione regionale
I pogrom che gli stessi governanti spesso avviano contro la burocrazia regionale, una sorta di guerra santa scatenata contro le proprie milizie, indignano e fanno pensare. Chi conosce l’amministrazione ne conosce pregi e difetti. Un Presidente della Regione che non c’è più e che inseguendo un suo progetto irrealizzabile, lasciò il governo della burocrazia nelle mani di un assessore sciagurato, sosteneva che la burocrazia regionale ha tante teste e tante code. Può essere, ma una cosa è certa. I dipendenti regionali possono apparire ben strani: se non scocca una particolare scintilla, tutto diventa astioso, aspro, in salita, ma se la scintilla scocca, è tutta discesa: un fervore incredibile, si dimenticano gli orari, le beghe, si pensa e si lavora per essere pronti a fornir l’opera che è diventata l’opera della loro vita.
I dipendenti regionali sono un bersaglio facile, un muretto basso. Chi li demonizza, chi li criminalizza ha gioco facile. Trova spazio nella stampa, consensi e condivisione nel cittadino e vive di rendita. Tutti dimenticano che la burocrazia è un potere derivato. Esso viene dalla politica; dimenticano che lo status burocratico viene dalla politica. Invece di colpire, bollare e additare allo scandalo i politici che creano i privilegi (e non certo per fare favori, ma per farsi favori), si crocifigge il beneficato. Facile, no? E’ che ad un certo punto tutti dimenticano che il pesce puzza dalla testa.
Un’amministrazione sotto costante tiro, umiliata, offesa, criminalizzata, è un’amministrazione che perde quel minimo collante che le consente di fare almeno l’ordinario. E una amministrazione che praticamente cessa di funzionare è un alibi perfetto per chi non sa, non vuole e non può far nulla. E’ il riparo sicuro contro la propria nullaggine. Nel caso della Regione il sistema è semplice e perciò geniale. Si cambiano gli assessori due volte l’anno. Ciò significa cambiare per necessità direttori e, a cascata, capi servizio e fermare la macchina. Così più di un presidente è riuscito a sopravvivere alla propria nullità. E, infatti, mentre infuriano le purghe, i giornali se la scialano glissando sul nulla che hanno fatto nello stesso tempo presidenti Giunta piena di dilettanti allo sbaraglio. Si, nulla, ma in questo clima di caccia alle streghe, nessuno se ne accorge. Non si governa facendo terra bruciata nel settore pubblico e proclamando la guerra alla mafia, che, quando l’analisi è rozza e in mala fede, ha sede centrale negli assessorati.
Il processo di riordino ed efficientameto della macchina burocratica non è nè breve né semplice. Proverò a delinearne i passaggi essenziali.
- Determinare i carichi di lavoro dell’amministrazione regionale. Significa sapere quello che si deve fare, chi lo deve fare, quanto costa farlo. Predisporre, sulla base di uno studio preventivo un numero di prototipi operativi sufficienti a corrispondere quanto più possibile alle competenze dell’amministrazione regionale nella sua articolazione territoriale. Trasferire i prototipi sul territorio e procedere ad una distribuzione territoriale di tutto il personale tenendo conto delle esigenze del territori, degli abitanti, e delle tipicità,vocazioni e specificità. Sulla base dell’organico regionale ripartito a livello provinciale, definire in contrattazione sindacale centrale i criteri in base ai quali il personale viene ridistribuito sul territorio e ne vengono razionalizzate competenze e funzioni.
- Avviare un generale processo di formazione, riqualificazione e addestramento del personale,funzionale al nuovo sistema, con la creazione di nuove e moderne professionalità.
- Una questione centrale va affrontata una volta per tutte: è indispensabile,ripeto indispensabile unificare e verticalizzare il processo di utilizzo dei fondi di provenienza extraregionale (comunitari e statali).La risposta è una sola:tutti gli uffici dell’amministrazione regionale siti in tutti i rami dell’amministrazione che si occupano di fondi extraregionali, cioè, devono passare alle dirette dipendenze del Presidente della Regione: è una semplificazione (come passare da 4/8° a ½) che riduce tempi, passaggi, poteri di interdizione, negoziazioni, ricatti, rappresaglie e tutte le miserie che rallentano scandalosamente l’utilizzo dei fondi comunitari e statali. Ovviamente il personale va specificamente aggiornato,e in breve tempo trasformato in uno staff operativo, migliorandone la già elevata qualità. Il futuro della Regione è in questi soggetti.
- Occorre riportare il numero dei dirigenti generali a quello dei rami dell’amministrazione regionale o poco più. E’ un’esigenza ad un tempo dioperatività e di economia (le spese si dimezzerebbero). Occorre ridare dignità alle funzioni amministrative apicali, mortificate da uno spoil system che somiglia tanto al ricatto e realizzare nei fatti la separazione tra politica ed amministrazione. Due presidi: la sanzione normativa dell’incompetenza degli atti posti in essere dai vertici politici in surroga dei vertici amministrativi, rilevabile d’ufficio e la previsione della responsabilità amministrativa e contabile per le conseguenze derivante dalla caducazione degli atti incompetenti; l’eliminazione della norma sulle sostituzioni dei dirigenti generali in caso di cambi al vertice e la previsione generalizzata dell’allontanamento degli stessi solo in presenza dei casi che prevedono la sospensione dal servizio.
Sarà effettuato un immediato reclutamento di giovani professionalità amministrative, con l’immissione nel ruoli regionali, attraverso procedure concorsuali velocissime e trasparenti di almeno 500 soggetti laureati in giurisprudenza, economia, scienze politiche e materie giuridiche in genere.
Sarà attuata una doverosa valorizzazione del personale con qualifiche tecniche oggi in servizio. Grandissima attenzione sarà dedicata alla valorizzazione del comparto che costituisce da sempre il cuore operativo di ogni amministrazione efficiente ed efficace. Agli oneri relativi si provvederà con l’introduzione di un part time bilanciato tra uscite parziali e nuovi ingressi
La PA sarà dotata di un meccanismo computerizzato che a ciascun utente renderà tracciati e trasparenti tutti i procedimenti amministrativi che lo riguardano, lo stato di ogni pratica, e i rispettivi uffici e gli operatori responsabili.
Una volta dotata delle professionalità necessarie, che ci sono, basta cercarle, la PA potrà riappropriarsi delle sue competenze istituzionali e svolgere direttamente i compiti di benessere e che sono la sua missione senza affidarsi a compagnie di giro esterne. Lo dico perché deve essere chiaro una volta per tutte che la creazione di società partecipate a capitale regionale è criminogena e dilapidatoria di ricchezze pubbliche. Infatti serve alla politica quasi esclusivamente per collocare nei lucrosi posti di comando i politici trombati e i clienti affezionati. Serve per assumere senza alcuna regola amici e parenti, fratelli e sorelle, i cinedi e le amanti. Un abominio. Tutte quante dovranno essere chiuse e liquidate. In esse si annida il voto di scambio, il consenso senza sviluppo. E nessuno dica che è macelleria sociale, è l’esatto contrario: è giustizia sociale.
Per ultimo enuncio in questa delicata materia il principio più importante. Deve cessare l’artificiosa, arbitraria distinzione tra personale in servizio presso l’Assemblea regionale e personale in servizio presso l’Amministrazione regionale. Ai sensi dell’art.14 dello Statuto il personale in servizio presso la Regione è unico, unico è il suo ruolo, unico il suo trattamento giuridico ed economico, senza privilegi, né diversificazioni.
Franco Busalacchi: ecco il mio programma per governare la Sicilia (parte prima)
Franco Busalacchi: reddito di cittadinanza e lotta alle mafie. Ecco il mio programma (parte seconda)
Tra Autonomia e democrazia negata: il programma di Franco Busalacchi (parte terza)
Dalla burocrazia al precariato: il programma di F. Busalacchi in pillole (parte quarta)
“Ecco la mia sfida allo Stato”: il programma di Franco Busalacchi (parte quinta)
Ecco come risollevare la nostra economia: il programma di F. Busalacchi (parte sesta)
“Alta Corte e riduzione al 30% delle indennità dei politici”: il programma di Franco Busalacchi (parte settima)
Fonte: www.inuovivespri.it
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