È stato presentato nei giorni scorsi nel monastero di San Placido Calonerò il libro di Giuseppe Giaimi “Il secondo flagello di Messina” che affronta tematiche estremamente attuali che coinvolgono la nostra società. Il testo che presenta una gradevolissima veste tipografica, affronta con serietà scientifica le devastanti conseguenze delle ricorrenti calamità naturali e la incapacità, dovuta a evidente impreparazione, a gestirle.
Laureato in Scienze Forestali a Firenze, Giaimi, ha lavorato per qualche anno come borsista nella stessa università per trasferirsi in un secondo tempo ad Arezzo presso l’Istituto Sperimentale di Selvicoltura. Ha vissuto la tragica esperienza dell’alluvione del 1966, che danneggiò fortemente il capoluogo toscano e che ha inciso fortemente sulla sua personalità determinando in lui una sempre più forte spinta alla salvaguardia del territorio naturale troppo spesso violentato, ingabbiato dall’uomo. Entrato nel corpo Forestale della Regione Sicilia, dopo un lungo apprendistato come progettista e direttore dei lavori nell’Azienda Foreste Demaniali, assume in un secondo tempo la direzione della stessa Azienda. Nell’ambito del ruolo ricoperto nel corpo forestale della Regione Sicilia si è occupato di tutte le Riserve Naturali ricadenti in provincia e date in gestione all’Azienda.
Il libro di Giuseppe Giaimi nasce da un accurato studio dell’ambiente e vuole essere un invito ad una responsabile conoscenza del mondo che ci circonda. Conoscenza indispensabile per arginare e prevenire quelle calamità che abbiamo vissuto sulla nostra pelle. L’autore afferma che ogni volta che accade una alluvione le frasi ricorrenti tra la gente e sui mezzi di informazione sono del tipo: “È la prima volta che accade una cosa del genere, una pioggia così violenta non si era mai vista” oppure “A memoria d’uomo non si ricorda nulla di simile”.
L’autore smentisce tali luoghi comuni dimostrando, attraverso una ricca documentazione storica e scientifica, che per esempio nel nostro territorio in epoche passate si sono riscontrate piogge più violente e persistenti di quelle riscontrate nell’alluvione di Giampilieri del 2009 e di Saponara nel 2011. Attraverso una ricerca lunga e scrupolosa l’autore dimostra la ciclicità degli eventi catastrofici affermando che, contrariamente alle diffuse credenze, l’uomo può esercitare un ruolo rilevante nella dinamica di catastrofi in apparenza ineluttabili. Ad ogni alluvione non mancano le polemiche. Spesso assumono toni fortissimi per l’alto numero di vittime, di bambini dispersi, di salvataggi eroici. È triste notare come in queste circostanze nessuno vuole ricordare gli ammonimenti caduti nel vuoto di tante voci critiche di urbanisti liberi e autorevoli, di geologi, agronomi, associazioni ambientaliste. Nell’alluvione di Giampilieri si è invocata l’impotenza di fronte ad un fenomeno di portata eccezionale, imprevedibile, sottolineando allo stesso tempo una gestione del territorio quanto meno disinvolta.
Lo studio di Giaimi non si limita a esaminare l’accaduto ma a seguito di una attenta conoscenza dell’ambiente vuole proporre con dati scientifici elementi di prevenzione che attraverso la tutela del territorio possano salvaguardare l’umanità intera.
Nel ringraziare Giuseppe Giaimi per lo studio condotto ci auguriamo fortemente che i risultati della sua ricerca, confortata da autorevoli voci di seri e qualificati professionisti, possa essere di guida per un futuro in cui la natura e l’ambiente vengano “guardati” con maggiore attenzione.
Fonte: www.lecodelsud.it
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