di Bartolomeo Buscema
Secondo l’Onu il 2016 è stato l’anno più caldo della storia da quando sono iniziate le rilevazioni climatiche. I dati Ispra segnano in media un aumento di oltre 1°C al Sud e nelle Isole
Il surriscaldamento globale della Terra, negato ostinatamente da
alcuni ricercatori e da molti governi, è purtroppo una realtà: secondo
l’Onu, il 2016 è stato l’anno più caldo della storia, da quando cioè
sono iniziate le rilevazioni climatiche, cioè dalla seconda metà del
1800.
I dati parlano chiaro: dall’analisi della serie storica dell’ultimo mezzo secolo, all’inizio degli anni ‘80, a livello globale, prende avvio il periodo con rateo di riscaldamento più elevato. È un trend in continua crescita, e la figura 1 mostra come anche in Italia il trend di crescita della temperatura segue quello globale.
Dati più circostanziati concernenti la nostra nazione li possiamo trovare nel recente rapporto redatto da Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che ha per titolo “Gli indicatori del clima in Italia”. è un rapporto molto articolato e complesso che tocca vari punti; qui, però, vogliamo focalizzare la nostra attenzione solo su due parametri che riteniamo significativi: l’andamento nel tempo della temperatura e le precipitazioni.
I dati riguardano il 2015 perché sono gli unici disponibili. Distinguendo tra macro-aree geografiche (vedi figura 2) l’anomalia della temperatura media annuale nel 2015 è stata in media di +2,07 °C al Nord, +1,70 al Centro e +1,28 °C al Sud e nelle Isole.
Per quanto, invece, concerne le precipitazioni cumulate annuali (vedi fig.3) sono state complessivamente inferiori alla media climatologica del 13% circa. Al Nord e al Centro il 2015 è stato nettamente meno piovoso della norma (rispettivamente -21% e -17%), al Sud e sulle Isole pressoché nella norma, con la notevole eccezione della Sicilia che è stata teatro di un numero significativo di eventi estremi, soprattutto nel mese di ottobre.
Quello appena descritto è certamente un quadro non roseo per la Terra e la nostra Italia. Temperature progressivamente più elevate, infatti, favoriranno il deleterio fenomeno della desertificazione e il crollo delle colture. Più di un quinto del nostro Paese è a rischio desertificazione e il 41% di questo territorio a rischio è al Sud.
Le previsioni non sono, purtroppo, rosee: per il bacino del Mediterraneo, e soprattutto per la Sicilia, entro la fine del secolo, si stimano aumenti della temperatura media tra i 4 e i 6 gradi centigradi, forieri di una pericolosa riduzione dei terreni coltivabili. Non solo. Anche il Mediterraneo sembra destinato a diventare un mare tropicale con una consistente riduzione della pescosità.
A livello planetario, autorevoli studi di economia ci informano che se il riscaldamento globale dovesse continuare con questo ritmo, nel XXI secolo il reddito medio mondiale scenderebbe del 23%, ma con un marcato divario tra i ricchi, sempre più ricchi e i poveri, sempre più poveri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
17 Febbraio 2017
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