Tale indennità viene riconosciuta al dipendente in via automatica e senza che quest’ultimo debba dimostrare alcunché per sostenere di aver subito un danno. A tal fine, sarà sufficiente provare al giudice di aver accumulato più di 36 mesi, anche non continuativi, alle dipendenze della pubblica amministrazione con contratti a tempo determinato. È tanto automatico il riconoscimento, per il precario, dell’indennità forfettaria che ormai non passa mese senza che la Cassazione non confermi questa interpretazione. Tant’è che sono ormai numerosi gli studi legali che stanno raccogliendo le firme dei precari per la predisposizione di ricorsi. Da ultimo, la Cassazione ha ribadito tale principio con una sentenza pubblicata qualche giorno fa [1].
Secondo la Corte – che esprime con parole più tecniche quanto abbiamo appena spiegato – «Ai fini della determinazione del risarcimento del danno, nel pubblico impiego, l’ipotesi di illegittima apposizione del termine al contratto a tempo determinato comporta la condanna del datore di lavoro al pagamento di una somma onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 mensilità ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto». Il danno per il dipendente precario deriva – secondo i giudici – dalla circostanza che in questi casi il lavoratore, vincolato dalle continue proroghe, resta prigioniero del suo stesso contratto a termine, finendo con l’essere condannato a vivere una situazione di eterna precarietà.
Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite della stessa Cassazione [2] secondo cui, il risarcimento del danno al lavoratore precario trova giustificazione in una legge del 2010 [3] che regola l’ipotesi di illegittima apposizione del termine al contratto a tempo determinato. In tale normativa è prevista la condanna del datore di lavoro – sia esso pubblica amministrazione o privato – al risarcimento nei confronti del dipendente stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 mensilità ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Al lavoratore precario non spetta però la stabilizzazione, ossia la trasformazione del contratto da “tempo determinato” a “tempo indeterminato” come invece avviene nel settore privato. Questo perché ai posti del pubblico impiego si accede solo tramite concorso (così dispone la nostra Costituzione) e prevedere una stabilizzazione a titolo di risarcimento del danno significherebbe trovare una scappatoia per essere assunti senza partecipare al bando di gara.
note
[1] Cass. sent. n. 4275/17 del 17.02.2017.[2] Cass. S.U. sent. n. 5072/16.
[3] Art. 32, comma 5, l. n. 183/2010: «Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennita’ onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilita’ dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604».
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21 Febbraio 2017
La questione è capire nel caso dei lavoratori forestali a tempo determinato se il comparto rientra nella categoria dei così detti lavoratori precari, visto che abbiamo un contratto collettivo regionale che regola il settore e una fascia di contingente a garanzia occupazionale.
RispondiEliminaDiversa forse, la situazione di chi è fuori dalle fasce di garanzia (78ttisti)
Se si esclude la prescrizione, si potrebbe fare richiesta avendo come riferimento il periodo in cui il lavoratore a garanzia occupazionale non era ancora entrato nella fascia dì garanzia