20 febbraio 2017

L`ISOLA DEI FURBETTI NON È PAESE DI BENGODI



Domenico Tempio
Strano destino quello di una Sicilia divisa com'è tra furbetti che mangiano, nel detto popolare, pane a tradimento, e fessi che restano a stomaco vuoto. Un Eldorado o Bengodi, almeno così l'hanno definita alcuni giornali, dove c'è chi campa (e bene) a spese degli altri. Questo piccolo mondo isolano, in una perversa sintesi riflette quel che di peggio c'è nel resto del mondo. Vivono criminali, corruttori, corrotti, truffatori, ma anche morti di fame con un denominatore comune: la miseria. Morale per i primi, sostanziale peri secondi. Una ambigua realtà sociale che pone un interrogativo: è questa l'identità vera dei siciliani? Dalle risposte che noi stessi per primi riusciremo a darci potrebbe dipendere il futuro delle nuove generazioni. Di furbetti ne abbiamo diverse categorie, anzi sono difficili da catalogare. Che siano dei parassiti è fuori di dubbio. Succhiano senza produrre. Anzi producono per se stessi a danno degli altri. Vi sono quelli del cosiddetto "cartellino", firmano la presenza, vanno via e tornano a fine mese a prendere lo stipendio: per loro qualche condanna sembra finalmente arrivare. Vi sono poi quelli che fanno soldi (spesso è denaro pubblico) nei modi più disparati e non pagano le tasse. Quello che si conosceva da tempo è stato ora confermato dal capo della riscossione Sicilia, avv. Antonio Fiumefreddo. Poi vi sono gli intrallazzatori a danno di coloro che dovrebbero aiutare, vedi lo scandalo della Formazione, o con lo sporco affare sulla testa dei migranti (il caso del Cara di Mineo è emblematico). Protagonisti non sono cittadini comuni, questi sono le vittime, ma gente che ha incarichi politici o dirigenziali. In che conto, ad esempio, si devono mettere i cinquantadue miliardi di tasse non pagate da enti pubblici o dai cosiddetti rappresentanti del popolo? E le pensioni d'oro che finiscono nelle tasche di ex funzionari della Regione, nonché a eredi e vedove? Quanti sprechi sono stati e vengono compiuti da quell'asino (riferito alla Regione è proprio il caso di dirlo) che, scusando il termine della vulgata popolare, "caca denaro" solo per pochi intimi? Questi fatti hanno permesso ad alcuni giornali di considerare la Sicilia una specie di Isola di Bengodi. Noi, a differenza di loro sappiamo onestamente analizzare, senza alibi, quella che è la realtà della nostra Terra. Il recente film, grottesco e amaro, di Ficarra e Picone «L'ora legale», ne è una prova. Ci sappiamo anche ridere su. Ma non si dica, però, che i furbetti, come si evince dalle cronache, siano solo in Sicilia. Li trovi ovunque anche nei piani alti di quelle società che sono vissute e vivono alle spalle delle banche. Chi sono, ad esempio, i beneficiati della Monte Paschi? A chi sono andati i soldi dell'Etruria e di altri istituti di credito della Toscana, del Veneto e di varie regioni, che sembrano essere stati creati apposta per foraggiarli? O chi ha trafficato con le grandi opere pubbliche, tipo il Mose, che poi risultano un bluff? Opere che qui da noi non si possono fare perché l'alibi ricorrente e, per certi versi, anche vero, che trovano è "c'è la mafia". Quando questa è ovunque, vedi l'Expo. Ricordiamoci che il grande business fu scoperto 25 anni fa con tangentopoli ed è nato proprio nella grande Milano con il corollario delle altre capitali del Nord. Quello che, poi, è capitato a Roma è peggio della Sicilia. Certamente qui da noi sono state fatte delle porcherie e le abbiamo documentate, ma a differenza di altre regioni, quest'Isola povera era e povera è rimasta. Secondo gli ultimi dati, a vivere nella miseria più completa sono ben 900mila siciliani, tra cui 190mila giovani. La disoccupazione non accenna a diminuire: è rimasta a quota 21% e cioè il doppio della media nazionale. Ancora meno del doppio di quella che della Lombardia, del Veneto, del Piemon te. Quel Pii che secondo la Fondazione Res è in crescita di qualche punto fa emergere ancora più il fatto che non ha influito sulla nostra vita. Del Pii non ci siamo mai interessati, e quando un anziano collega nella riunione quotidiana di redazione riferiva del Pii, ci ridevamo sopra. Sapevamo che per la nostra gente non cambiava niente. Cosa volete che sia peí un piccolo mondo immerso nella povertà, la variazione dello "zero virgola" del prodotto interno lordo? Il pane, sicuramente, non arrivava nelle case dei senza lavoro.
19 febbraio 2017 
La Sicilia Catania 



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