PALERMO - C'è una casella che riporta solo un triste “zero”. Nemmeno un euro, al 31 luglio scorso, la Regione è riuscita a spendere dei 4 miliardi e mezzo del Fesr (Fondo europeo di sviluppo regionale) della nuova programmazione europea (quella 2014-2020). Il dato è tra quelli descritti dalla relazione annuale della Corte dei conti sull'utilizzazione dei Fondi europei.
Zero euro ha speso a quella data il governo della “svolta”, quello che avrebbe dato alla Sicilia una marcia in più, che avrebbe “accelerato” la spesa dei fondi comunitari. E il dato è ancora più deprimente se confrontato con le altre regioni. E non con quelle virtuose, dove i governi e le amministrazioni, al netto di qualche errore, girano come orologi. No, anche nei confronti delle altre “regioni meno sviluppate”, la Sicilia è tragicamente indietro. Se l'Isola ha speso “zero”, la Basilicata è riuscita comunque a spendere due milioni e impegnarne quasi 24. La Campania (non la Svizzera), ha invece già speso la bellezza di 20,7 milioni e ha impegnato 429 milioni di euro. Ma anche sugli impegni, la Sicilia è a zero. Ed è l'unica Regione in Italia a far segnare quel “risultato”.
Di poco migliori i dati sul Fondo sociale europeo, altra mega-fetta di fondi comunitari: per la programmazione 2014-2020 alla Sicilia spettano 820 milioni di euro. Quanti ne ha messi già in pagamento? Appena 300 mila euro. Il costo di un appartamento. E nemmeno in centro città. Impegnati invece appena 22 milioni di euro, ossia il 2,73 per cento, a fronte delle “regioni meno sviluppate” Basilicata e Campania, comunque più sviluppate di noi, con i loro 14,4 per cento e 6,57 per cento di somme impegnate.
Altro che passi avanti, insomma. Eppure, il governatore a più riprese era apparso raggiante sui progressi della spesa europea. Allora, forse, è il caso di andare a dare un'occhiata a quella che è ormai agli sgoccioli: la vecchia programmazione, quella 2007-2013. Qui, per ovvie ragioni – siamo alla fine e non all'inizio della programmazione – le percentuali sono molto più alte. Ma il dato non deve trarre in inganno.
Ad esempio al 30 giugno del 2016 (siamo ben oltre la scadenza della programmazione e la Sicilia in questo caso ha avuto, insieme ad altre regioni, una specie di deroga), la Regione aveva speso il 76,66 per cento del Fondo complessivo da 4,3 miliardi. Sono tanti? Per rispondere basta il solito confronto con le altre regioni “in ritardo”. Ecco, la Calabria, la Basilicata, la Puglia e la Campania sono andati in “overbooking”: hanno speso persino più del programmato con percentuali che oscillano tra il 101,64 per cento e il 120,17 per cento. Ma un altro calcolo rende l'idea del ritardi. Il 23 per cento circa di “non speso” al 30 giugno 2016 equivale a oltre un milione di euro. Una parte di questo rischia, potenzialmente, di tornare in Europa. Stesso discorso per il Fondo sociale europeo. Anzi, in questo caso, i dati della Corte dei conti raccontano anche un paradosso: tra il 31 dicembre del 2016 e il 30 giugno del 2016 la Sicilia non è riuscita né a impegnare né a spendere nemmeno un euro. Zero. Lasciando la percentuale della spesa ferma all'83,6 per cento, quando le altre Regioni “sottosviluppate” possono vantare numeri tra il 97 e il 106 per cento. Un fallimento, insomma. Che anche qui rischia di tradursi in tanti soldi che potrebbero tornare in Europa: oltre 220 milioni di euro.
Un disastro, se si pensa anche che alcune delle spese sono anche state considerate “irregolari”: altri milioni di euro che rischiano di non essere riconosciuti da Bruxelles. Senza contare le irregolarità legate alle frodi. Solo qui la Sicilia può rivendicare un primato: dei 199 milioni di euro considerati irregolari a causa di truffe, quasi 168 milioni sono imputabili all'Isola. Spesso per fatti che risalgono alle programmazioni più antiche (2000-2006). Ma questa è un'altra storia.
24 Dicembre 2016
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