Le indagini sulle “firme false” hanno fatto saltare in aria molti equilibri. Cosa resta, in Sicilia e a Roma, dopo l'esplosione del caso.
di Accursio Sabella
PALERMO - Due deputati regionali si sono autosospesi.
Uno era già andato via da un po'. Un gruppo di deputati nazionali
rischia di essere coinvolto in pieno nella vicenda delle firme false,
mentre un sindaco è stato espulso dal Movimento è un altro è indagato
per “mobbing”. In un modo o nell'altro, per il Movimento cinque stelle
siciliano è il momento di tracciare un bilancio. Di osservare cosa si è
fatto e cosa resta dopo anni di successi e inciampi. Di prendere atto
dei pezzi di carrozzeria lasciati sulle strade della politica siciliana,
tra uno scivolone, una contraddizione, una lotta intestina.
Claudia La Rocca ha vuotato il sacco e si è “autosospesa” dal Movimento, anticipando l'ordine di Beppe Grillo che ha invitato alla sospensione tutti gli attivisti coinvolti nell'indagine sulle presunte firme false per le elezioni comunali del 2012. La deputata è stata seguita dal collega palermitano Giorgio Ciaccio, sebbene quest'ultimo finora non risulti direttamente implicato. E così, si depotenzia all'Ars quel movimento che doveva rappresentare uno Tsunami per il parlamento più antico d'Europa. Un Movimento in grado di portare tra gli scranni di Sala d'Ercole la bellezza di 15 deputati. Anche se uno è andato via presto: Antonio Venturino, vicepresidente dell'Ars proprio su indicazione grillina, verrà messo fuori dal movimento: la colpa sarebbe stata quella di non aver rispettato alcune regole del Movimento, tra cui quelle relative alla decurtazione dello stipendio. Un primo segnale, un presagio.
La scelta di Claudia La Rocca di raccontare tutto in Procura, di “togliersi un peso” che da tempo le toglieva il sonno, ha infatti creato un nuovo solco nel Movimento. Quello tra gli uomini più vicini all'ultimo candidato a Palazzo d'Orleans Giancarlo Cancelleri (La Rocca e anche l'altro deputato regionale Giampiero Trizzino), e i cosiddetti “monaci”, raccolti attorno alla figura di Riccardo Nuti, che nella competizione “incriminata” era il candidato sindaco. Dalla sua parte, ecco i deputati nazionali Claudia Mannino (che sarebbe stata indicata dalla La Rocca come uno dei presenti durante la falsificazione delle firme), Loredana Lupo, Giulia Di Vita e Chiara Di Benedetto, oltre a Samantha Busalacchi, il cui nome è recentemente saltato fuori come possibile prossimo candidato a sindaco di Palermo e attualmente collaboratore del gruppo dell'Ars. Nel “gruppo Nuti”, infatti, al momento nessuno ha deciso di accogliere l'invito all'autospensione. Una scelta di campo chiara, che in qualche modo ricalca la decisione dei parlamentari nazionali grillini di querelare l'inviato delle Iene che ha sollevato il caso, proprio nei giorni in cui Beppe Grillo ringraziava per la “possibilità di fare chiarezza”.
Ma quale chiarezza. Tra le fazioni, ecco muoversi altri soggetti pronti a riempire le voragini lasciate da indagini e faide: dal poliziotto e sindacalista Igor Gelarda ad Adriano Varrica e Tiziana Dipasquale, tra i nomi più gettonati in vista di Comunarie al momento “congelate” in attesa di sviluppi. Del resto oggi, il Movimento, tra divisioni e correnti, rischia di somigliare a un partito della prima Repubblica, dagli equilibri instabili, ma senza gli “ammortizzatori” di quella stagione politica. Non è un caso, ad esempio, che per molto meno alcuni esponenti del partito siano stati cacciati. È il caso, circa due anni fa, del senatore Francesco Campanella, insieme all'altro siciliano Fabrizio Bocchino, colpevoli di “lesa maestà” per aver criticato l'atteggiamento di Grillo in occasione di un confronto con Matteo Renzi. In quell'occasione, ecco già la prima “spaccatura” del Movimento a Palermo, con una parte del meet-up del capoluogo, proprio quello che faceva capo ai “duri e puri” vicini a Nuti, pronto a mettere alla porta il deputato che era stato uno dei più attivi animatori del Movimento fino a quel punto.
Fazioni contro fazioni. Come quando il Movimento “perse” una delle città conquistate per prime in Sicilia: a Gela, ufficialmente, il sindaco Domenico Messinese è stato espulso per non aver rispettato le regole dei grillini, a cominciare dalla riduzione dell'indennità, passando per anomali accordi con esponenti del centrodestra. Ma il racconto del sindaco è diverso: “Qualcuno mi ha voluto buttare fuori - ha detto - perché ho deciso di allontanare tre assessori 'imposti' indirettamente da Cancelleri e che, a mio avviso, bloccavano l'attività amministrativa”.
Dove stia la verità, ovviamente, è difficile dirlo. Di certo c'è che quella di Gela ha rappresentato un altra battuta d'arresto, una caduta sul cammino dei Cinquestelle. Che nel frattempo ha perso un consigliere comunale a Ragusa, reo di aver espresso simpatie per il Duce. E che non ha battuto ciglio, invece, di fronte alle vicende che hanno riguardato, solo per fare un esempio, il primo cittadino di Bagheria Patrizio Cinque, tirato dentro dapprima in una vicenda di presunto “abusivismo” sfociata nelle dimissioni dell'assessore grillino all'urbanistica, poi anche in una indagine per “mobbing”, a causa del trattamento riservato a una dirigente del Comune. In questo caso, il Movimento ha fatto da scudo all'amministratore. Una banalità, quella indagine, di fronte a quella che sta investendo il movimento in questi giorni. Giorni difficili che sembrano, però, non intaccare il consenso del Movimento. La gente è ancora con i grillini. Non a caso sulla bilancia degli eventi, ad esempio, solo facendo un giro sui social network, i militanti hanno dato più peso alla denuncia di Claudia La Rocca piuttosto che a un silenzio durato quattro anni. Anni di successi e inciampi, di trionfi, faide e doppia morale.
22 Novembre 2016
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