L'AUDIZIONE
Tutti contro Crocetta
Crocetta all'Antimafia. Cronaca di una indimenticabile esibizione
di Roberto Puglisi
Saro ha parlato a tutto campo, com'era prevedibile: dai rifiuti, a Confindustria, ai rapporti con Lucia Borsellino (“meravigliosi”), alla difesa del segretario generale Patrizia Monterosso. Doveva essere un colloquio su certi dettagli, ma il dialogo si è trasformato in una enciclopedica e contrastata stesura del Crocetta-pensiero. Stavolta, però, c'era il contraddittorio. I commissari non si sono limitati ad ascoltare.
L'avvio segue un canovaccio consumato. Saro si descrive come il paladino della legalità, mischiando nella sua narrazione pezzi di cose vere e terribili, come l'attentato a Giuseppe Antoci e una certa mafia della lupara e del pascolo, con le tinte del suo mondo colorato di suggestioni e proclami. Alcune pillole: “C'è in atto un mascariamento nei confronti dell'unico governo che ha portato seriamente avanti la lotta alla criminalità. Non è mai stato tanto attuale il titolo di quel film secondo cui 'la mafia uccide solo d'estate', soprattutto per quanto mi riguarda”. Dopo il riferimento piffesco, la spiegazione: “Guarda caso i boschi in Sicilia prendono fuoco nel giorno d'avvio della campagna antincendi”. E parla dei forestali licenziati, Saro, anzi dei “forestali deviati”, che uno se li immagina in mezzo ai boschi con l'accendino da agente segreto.
Il mattatore incalza, sovrapponendo illusione a cronache drammatiche. Nemmeno un riferimento a sue eventuali responsabilità nello sfacelo che la Sicilia presenta di se stessa. Saltabecca sulla “macellazione clandestina”. Si esercita in ardite metafore: “La mafia è come uno che entra in un bar, ti pesta il piede e tu gli devi chiedere scusa”. Passa dal demanio, alle inchieste veterinarie sulla brucellosi, agli ex Pip, alla formazione (“un affare dei deputati regionali, delle loro mogli e dei loro figli”), alla Sanità, ai 'proiettilini che ho ricevuto, ma io non faccio testo”, all'emergenza rifiuti “che considero risolta” (e vaglielo a dire ai cassonetti stracolmi, ndr).
E', insomma, Rosario Crocetta nella sua pienezza scenica, nella mescolanza di fatti e sentieri che, un secondo dopo l'enunciato, portano quegli stessi fatti ai piedi di un monumento che l'uomo di Gela ha eretto a se stesso e alla sua adamantina antimafia da esportazione: “Io lavoro dalle otto del mattino alle tre di notte”.
Poi cominciano le domandine insidiose. Qualche nodo si intreccia. La Commissione entra nel cuore del 'Caso Sicilia'. Il presidente Rosi Bindi chiede notizia del gigantesco turn-over degli assessori, delle dimissioni dell'assessore Marino, dei legami fra il governo e Confindustria. Il vicepresidente Claudio Fava insiste ancora su Confindustria e sui rifiuti - come Stefania Prestigiacomo - presenta la questione Monterosso con riguardo al 'pettegolezzo' di un aspirante pentito che l'avrebbe indicata vicina a una loggia massonica (circostanza decisamente smentita dall'interessata). Corradino Mineo parla di 'antimafia di facciata' che fa affari. Si domanda delle dimissioni di 'Lucia Borsellino'. Il grillino Nuti introduce l'argomento Tutino e “certe presunte pressioni sulle nomine della Sanità.” Al dunque, Saro perde la pazienza. Ma come si permettono? Lui era salito al proscenio con la sua lectio magistralis e questi lo interrompono, lo punzecchiano, lo bacchettano, lo strattonano?
L'incipit della controreplica è garibaldino: "Mi sarei aspettato che si discutessero vicende che mettono a rischio la vita delle persone, invece leggo il solito teorema politico che non mi interessa. I rapporti del governo con Confindustria? Mi si dica (la voce si alza di un semitono) un solo affare in cui io sarei interessato”. Bindi: “Presidente, non eluda le domande, per piacere”. Crocetta: “Va bene. In tutti i governi del dopoguerra c'è sempre stato un esponente di Confindustria.... Rispondo su Marino: non condividevo la sua politica sull'eolico che è considerato un affare di Messina Denaro... Rifiuti? Orlando (fiero avversario anche sul punto, ndr) non sa neanche quello che dice. Quanta mafia c'è a Bellolampo?”.
Battibecco con Fava: “Onorevole Fava – grida Crocetta con un ulteriore semitono in più – il mio impegno antimafia non è minore del suo”. Fava si alza e se ne va. Bindi stigmatizza la fuoriuscita del suo vicepresidente e le continue interruzioni all'intervento del governatore. Crocetta: “Questioni di natura politica sono alla base delle accuse al governo”. Bindi: “Presidente, nessuno l'ha accusata di niente”. Bagarre, appunto. Qualcuno stacca i microfoni. Alla ripresa si sente l'urlo crocettiano: “Scusate cosa c'entra la Corte dei Conti con la mafia?” (a proposito di Patrizia Monterosso e della sua condanna, ndr). Il cerchio si chiude: “Il mio governo sta facendo la lotta alla mafia come non l'ha mai fatta nessuno”.
L'ultima tranche riguarda il rapporto con Lucia Borsellino. “E' stato sempre meraviglioso – si allarga Saro – mai avuta nessuna influenza nelle sue decisioni”. E le dimissioni? E l'amarezza nota di Lucia? E la denuncia di suo fratello Manfredi, davanti al presidente della Repubblica: “Io non credevo che Lucia, la primogenita di Paolo Borsellino, la figlia con cui viveva in simbiosi, dopo 23 anni dovesse vivere un calvario simile a quello del padre, nella stessa terra che lo ha eletto a eroe”? Sciocchezze. Quisquilie. Pinzillacchere.
Gran finale. Crocetta: “Volevano fare fuori Rosario Crocetta, non Lucia Borsellino”. Rosi Bindi: “Sta di fatto che lei è ancora presidente, ma Lucia Borsellino non è più assessore”. Qualcuno può forse negarlo?
03 Agosto 2016
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