IL CASO
Il fortino del cerchio magico
Le partecipate piene di fedelissimi
Crocetta doveva chiuderle. Ma danno ancora lavoro a 7 mila persone. Il cui destino dipende da chi risponde solo al governatore
di Accursio Sabella
PALERMO - Costano tanto. Non rispondono ai richiami della Regione. Sono popolate da settemila lavoratori, e sono guidate da fedelissimi di Crocetta. Le società partecipate dovevano essere spazzate dall'“effetto Tsunami” annunciato dal governatore gelese nei giorni del suo insediamento. Uno dei tanti bluff di questi anni. Perché invece sono, sostanzialmente, tutte lì. A parte la chiusura di qualche mini-azienda, è cambiato poco dall'inizio della “rivoluzione”. Tranne una cosa: Crocetta ha piazzato le proprie bandierine su questo bacino di lavoratori “para-regionali”, il cui numero è sceso di poche decine, per motivi fisiologici, ma che è ancora altissimo.
E costoso. Stando al rendiconto della Corte dei conti, infatti, dagli ultimi dati forniti dalla “Ragioneria generale, ancorché incompleti, i costi del personale delle società partecipate ammonterebbero nel 2015 a quasi 190 milioni di euro. Per garantire gli stipendi di questi lavoratori, insomma, i siciliani spendono un miliardo ogni cinque anni. Ogni legislatura. E lo Tsunami annunciato da Crocetta? Niente. Solo parole. E qualche norma che non ha trovato alcuna attuazione, come spiega la Corte dei conti: “Il triennio 2013 – 2015 è stato caratterizzato – si legge nel rendiconto generale - da numerosi interventi normativi finalizzati alla revisione nella spesa nei confronti sia dell’apparato amministrativo regionale, sia delle società partecipate e degli enti controllati. In definitiva, i risultati della revisione della spesa rimangono relativamente modesti, malgrado la presenza di numerose norme, che, peraltro, si sono succedute senza un puntuale coordinamento”.
Costano, dicevamo, questi dipendenti. Ma dove lavorano? Il dato è interessante e non a caso viene evidenziato dalla Corte dei conti. “I costi – si legge nel rendiconto - sono distribuiti in modo assolutamente prevalente tra le compagini societarie a capitale pubblico totalitario o pressoché tale. In particolare, oltre il 90 per cento dei costi rilevati sono riferiti a SEUS S.c.p.a. (3.235 unità), S.A.S. S.c.pa. (1.947 unità), A.S.T. S.p.a. (883 unità) e Riscossione Sicilia S.p.a. (701)”. Insomma, quasi la totalità del bacino dei lavoratori delle società partecipate è compreso nel perimetro segnato da queste quattro società. “Sono di palmare evidenza – ha detto il Procuratore Diana Calaciura in occasione del giudizio di parifica – da un lato l'elevato volume degli oneri retributivi, dall'altro l'altrettanto volume del dato occupazionale. Tali fattori, in sé per sé negativi – prosegue – si inseriscono nel già opaco quadro delle società partecipate”.
Ma tra le tante cose opache, qualcosa di chiaro c'è. Vai a guardare chi guida questo potenziale bacino di clientele, e scopri che sono tutte persone strettamente legate al presidente della Regione Crocetta. Di poche ore fa, come abbiamo raccontato, è la nomina al vertice della Sas di Vincenzo Lo Re, avvocato personale di Crocetta. Il legale ha un rapporto professionale di lunga data col governatore, iniziato più di dieci anni fa. Ed era già stato scelto per guidare la Spi, società che presto andrà in liquidazione e il cui personale transiterà proprio in Sas. Società nella quale, per anni, a svolgere attività di consulente legale è stato (sarà?) Claudio Alongi, marito del Segretario generale Patrizia Monterosso recentemente confermata dallo stesso governatore.
Una enclave di fedelissimi, insomma, quella delle aziende regionali. Quasi sempre in rosso, quasi sempre inefficienti, ma utilissime per garantire persone vicine e garantirsi un controllo diretto su attività e lavoratori. È il caso anche della più grossa tra le società partecipate della Regione, che il presidente Crocetta, in attesa di scegliere un direttore generale dopo l'addio di Angelo Aliquò avvenuto già due anni fa, ha messo nelle mani di un ex componente dei suoi uffici di gabinetto: Gaetano Montalbano, a capo del Consiglio di gestione dell'azienda.
L'avvocato personale e l'ex collaboratore dello staff, insomma, gestiscono al momento oltre 5 mila tra i 7 mila dipendenti complessivi delle partecipate. Ma il “risiko” di Crocetta sulle aziende che una volta erano “mangiasoldi” ma che il governatore, cambiando idea, ha deciso che, tutto sommato, non era così indispensabile chiudere non si è fermato qui. E così, “approfittando” delle inchieste che hanno riguardato Dario Lo Bosco, ex presidente del cda di Ast (per intenderci, l'azienda dei pullman che Crocetta avrebbe voluto trasformare in una compagnia aerea), il governatore, in qualità di socio unico dell'Ast, ha nominato al vertice del Cda un amico personale e animatore del Megafono nel Messinese, Massimo Finocchiaro. Nelle mani di Finocchiaro, il destino di un'azienda che dà lavoro a 883 persone. Qualcuna in più di quelle che al momento lavorano in Riscossione Sicilia. E qui la storia è arcinota. A guidare la società è infatti Antonio Fiumefreddo, l'avvocato catanese che Crocetta ha provato a più riprese – e invano - a inserire nella sua giunta di governo. Lo difese anche dagli attacchi dell'Ars che ne chiese apertamente le dimissioni. Fuori dall'azienda per pochi giorni, Fiumefreddo è tornato alla guida come amministratore unico. A capo di una società che – come ha sottolineato la Corte dei conti – non funziona granché, al di là delle effettive responsabilità dell'amministratore. Intanto, alcuni lavoratori hanno anche aperto al passaggio in Equitalia. Sono 701. Al momento, restano nel grembo della Regione, avvolti dall'ultimo vessillo dell'autonomia siciliana. Almeno secondo il governatore.
Che negli anni scorsi aveva provato a piazzare al vertice di Riscossione un altro componente del suo cerchio magico. Ma a “stoppare” Antonio Ingroia, quella volta, fu il Csm. Poco male. L'ex pm antimafia arriverà a Sicilia e-Servizi col compito di liquidarla. Poi il governo ci ripenserà: la società verrà rimessa in piedi e persino (ri)fornita di personale, direttamente pescato dall'ex socio privato. Assunzioni che sono finite dentro le indagini (ancora aperte) di natura sia contabile che penale. E che riguardano Ingroia e lo stesso Crocetta.
Ma i “guai” giudiziari e contabili dei suoi fedelissimi (verrebbe da dire: solo quelli dei suoi fedelissimi) per Crocetta non contano granché. Se è vero che, prima di confermarla Segretario generale, il presidente aveva mantenuta la sua più vicina collaboratrice Patrizia Monterosso dentro il cda di Irfis, indicata dalla Corte dei conti tra le società partecipate, nonostante la recente trasformazione in “pseudo-banca”. Con la Monterosso, a comporre il cda, anche Rosario Basile e Salvatore Parlato. Quest'ultimo è stato per anni (dovrebbe essersi dimesso in questi giorni proprio per ragioni di incompatibilità) un consulente personale del presidente della Regione.
Tutti lì. Nelle società che dovevano essere chiuse e che hanno finito per rappresentare il fortino del cerchio magico di Crocetta. Così legato al suo presidente, da ignorare i rapporti con la pubblica amministrazione, dai quali dipende l'esistenza stessa di queste aziende mangiasoldi. Lo dice chiaramente nella sua requisitoria anche il Procuratore generale d'Appello della Corte dei conti Diana Calaciura, che ha definito inammissibile il fatto che “gli organi di amministrazione di società, di cui l'ente regione è l'unico socio o il socio di maggioranza, non rispondano adeguatamente alle richieste di informazioni da parte della Ragioneria generale”. Sì, gli amministratori delle società del cerchio magico ignorano, come è emerso anche dal rendiconto della Regione, i richiami sul rispetto delle norme, della trasparenza, della spending review. Rispondono solo al presidente.
07 Luglio 2016
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