WELFARE
Pensioni anticipate, taglio fino al 15% Prestito da restituire in 20 anni
Il sottosegretario Tommaso Nannicini
di Enrico Marro
Dal prossimo anno chi è nato dal 1951 al 1955 potrà accedere al
pensionamento anticipato fino a tre anni rispetto all’età di 66 anni e
7 mesi richiesta per la pensione di vecchiaia. Ma per farlo dovrà
appunto chiedere un anticipo sotto forma di prestito, che poi restituirà
sulla pensione normale in 20 anni, con rate che peseranno in maniera
variabile sull’importo dell’assegno, fino a un massimo di circa il 15%
per il redditi maggiori. Questa, a grandi linee, la proposta sulla
cosiddetta «flessibilità in uscita» che martedì pomeriggio il ministro
del Lavoro, Giuliano Poletti, e il sottosegretario alla presidenza del
Consiglio, Tommaso Nannicini, hanno illustrato ai segretari generali di
Cgil, Cisl e Uil, Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo
Barbagallo.
La proposta, denominata Ape (anticipo pensionistico),
dovrebbe entrare nella legge di Bilancio ed entrare in vigore dal
primo gennaio 2017. Avrà un costo limitato: 6-700 milioni. Che
servirebbero in buona parte a coprire la detrazione fiscale che sarà
accordata sulle rate di rimborso del prestito e la garanzia assicurativa
per le banche che forniranno l’anticipo attraverso l’Inps. La
detrazione fiscale sarà modulata sul reddito e sulla condizione
lavorativa. In sostanza, dovrebbe tendere ad annullare il taglio della
pensione regolare (conseguenza delle rate di rimborso) per le persone a
più basso reddito e per quelle rimaste senza lavoro in età avanzata.
Al contrario, il taglio si farà sentire sui redditi alti (fino al 15%
della pensione di cui ha parlato Nannicini) e su chi sceglierà
autonomamente di lasciare il lavoro prima. Infine, il costo dell’assegno
anticipato sarà a carico delle aziende quando fossero queste a volere
il prepensionamento.
Il governo ha avviato anche il confronto sul mercato del lavoro,
ma restando su linee molto generali. Sono già stati programmati altri
tre incontri, il 23, il 28 e il 30 giugno. Nella conferenza stampa, i
leader sindacali, pur restando cauti («siamo appena all’inizio») hanno
preferito valorizzare gli elementi positivi, anche perché la loro
priorità, in questa fase, è tenere aperto il tavolo così a fatica
conquistato. Camusso ha sottolineato che il governo non parla più di
«penalizzazioni». Nannicini ha spiegato che in realtà si tratta appunto
di «penalizzazioni implicite», sotto forma di rate di rimborso del
prestito. Furlan è apparsa la più soddisfatta: «È cambiato il clima, si è
attivato un confronto vero». Barbagallo ha voluto sottolineare che «il
lavoratore interessato non dovrà rapportarsi a banche o assicurazioni,
ma continuerà ad avere come proprio interlocutore solo l’Inps». Sarà
quest’ultimo, ha spiegato in realtà Nannicini, ad avere i rapporti con
gli intermediari finanziari. Di fatto le proposte del governo sono
lontanissime dalla piattaforma di Cgil, Cisl e Uil che vorrebbero
modifiche sostanziali alla Fornero, con la possibilità per tutti di
andare in pensione con 62 anni di età o 41 di contributi. E senza
penalizzazioni. Avrebbero un costo improponibile, ribatte il governo.
L’Ape, unita con altre forme di flessibilità (per esempio, l’anticipo
sulla previdenza integrativa) secondo le preferenze del lavoratore,
potrà risultare interessante, come ponte verso la pensione regolare,
solo per le fasce in difficoltà, perché espulse dal lavoro, o per chi
ha redditi alti da poter sopportare il costo del rimborso pur di
lasciare prima.
14 Giugno 2016
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