Il Piano per riformare la Regione siciliana
Dai tagli al personale alla riorganizzazione delle pensioni, passando per il riordino delle società partecipate. Forum del QdS con l’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei
di Raffaella Pessina
Assessore Baccei, quando si è insediato ha messo in moto un gruppo di lavoro per redigere il Piano aziendale della Regione?
“Una delle prime cose che abbiamo fatto con i miei collaboratori, che mi hanno seguito fin dall’inizio, è stato redigere un documento dove si andavano a individuare tutte le aree che sarebbero state oggetto d’intervento. Proprio qualche giorno fa ho avuto modo di rileggere il documento e ho visto che siamo intervenuti sul 90% di quelle aree. Questo tipo di strategia è molto vicina all’idea di redigere un Piano aziendale. Leggendo il Dpef si può vedere, altresì, come vengono indicate le linee e gli obiettivi prioritari. Ma il Piano va letto per settori in ordine ai quali si è deciso di lavorare per gradi. Il dato di partenza è stato quello dei dipendenti in servizio che, come è noto, rispetto al numero di abitanti della regione, presenta un rapporto significativamente più alto che però va letto anche in relazione al più ampio novero di funzioni attribuite rispetto alle altre Regioni.
In considerazione della necessità di avviare un progressivo percorso di riduzione del personale, ovviamente rapportato alle funzioni attribuite e nella prospettiva di operare una puntuale verifica dei relativi fabbisogni, una delle prime misure adottate con la legge di Stabilità 2015 dello scorso maggio è stata quella dell’utilizzo dell’istituto del prepensionamento, in linea con analoghe disposizioni legislative statali che, oltre a consentire di realizzare un risparmio già in termini di riduzione del numero di dipendenti e, conseguentemente, di rimodulare la pianta organica riducendola con riferimento ai posti lasciati liberi per effetto dei prepensionamenti, ha permesso di conseguire un risparmio anche sull’indotto, ovvero in termini di costi relativi al mantenimento di un ufficio (affitti degli immobili, consumi di energia elettrica, smaltimento rifiuti, etc...). Con l’operazione dei prepensionamenti abbiamo realizzato un risparmio di circa 25 milioni all’anno che per cinque anni equivale a 125 milioni di euro. Parallelamente, si è avviato un percorso rivolto alla riforma delle pensioni, giusto mediante un allineamento dei criteri di calcolo all’impianto nazionale. Altro punto su cui si è cercato di intervenire è quello volto a prevedere un’ipotesi di prepensionamento anche per gli operai forestali, in ordine alla quale si sta ancora lavorando per trovare la più adeguata soluzione, ed anche sulle posizioni dei lavoratori con contratto a tempo determinato ci si sta adoperando per individuare un idoneo percorso da attivare”.
“Una delle prime cose che abbiamo fatto con i miei collaboratori, che mi hanno seguito fin dall’inizio, è stato redigere un documento dove si andavano a individuare tutte le aree che sarebbero state oggetto d’intervento. Proprio qualche giorno fa ho avuto modo di rileggere il documento e ho visto che siamo intervenuti sul 90% di quelle aree. Questo tipo di strategia è molto vicina all’idea di redigere un Piano aziendale. Leggendo il Dpef si può vedere, altresì, come vengono indicate le linee e gli obiettivi prioritari. Ma il Piano va letto per settori in ordine ai quali si è deciso di lavorare per gradi. Il dato di partenza è stato quello dei dipendenti in servizio che, come è noto, rispetto al numero di abitanti della regione, presenta un rapporto significativamente più alto che però va letto anche in relazione al più ampio novero di funzioni attribuite rispetto alle altre Regioni.
In considerazione della necessità di avviare un progressivo percorso di riduzione del personale, ovviamente rapportato alle funzioni attribuite e nella prospettiva di operare una puntuale verifica dei relativi fabbisogni, una delle prime misure adottate con la legge di Stabilità 2015 dello scorso maggio è stata quella dell’utilizzo dell’istituto del prepensionamento, in linea con analoghe disposizioni legislative statali che, oltre a consentire di realizzare un risparmio già in termini di riduzione del numero di dipendenti e, conseguentemente, di rimodulare la pianta organica riducendola con riferimento ai posti lasciati liberi per effetto dei prepensionamenti, ha permesso di conseguire un risparmio anche sull’indotto, ovvero in termini di costi relativi al mantenimento di un ufficio (affitti degli immobili, consumi di energia elettrica, smaltimento rifiuti, etc...). Con l’operazione dei prepensionamenti abbiamo realizzato un risparmio di circa 25 milioni all’anno che per cinque anni equivale a 125 milioni di euro. Parallelamente, si è avviato un percorso rivolto alla riforma delle pensioni, giusto mediante un allineamento dei criteri di calcolo all’impianto nazionale. Altro punto su cui si è cercato di intervenire è quello volto a prevedere un’ipotesi di prepensionamento anche per gli operai forestali, in ordine alla quale si sta ancora lavorando per trovare la più adeguata soluzione, ed anche sulle posizioni dei lavoratori con contratto a tempo determinato ci si sta adoperando per individuare un idoneo percorso da attivare”.
Società partecipate in perdita, o come Sviluppo Italia Sicilia, messe in liquidazione e “resuscitate”: perché non si riesce a portare a termine il Piano di razionalizzazione?
“Per quanto riguarda le società partecipate si è proceduto, secondo quanto previsto dalla legge di Stabilità statale per il 2015 (articolo 1, comma 612, della legge 23 dicembre 2014, n. 190), a redigere ‘Il Piano operativo di razionalizzazione delle Società e delle partecipazioni societarie direttamente o indirettamente possedute dalla regione siciliana’, adottato con decreto del Presidente della Regione n. 553 del 27 novembre 2015 e pubblicato sulla Gurs n. 1 dell’8 gennaio 2016 (suppl. ord. n. 1); il Piano, ispirandosi al principio della legge statale secondo cui le società in house devono prestare i propri servizi a tariffe non più alte di quelle di mercato, ha promosso una valorizzazione dei contratti di servizio con le Società, mediante un adeguamento alle regole del libero mercato, tale da eliminare le inefficienze preesistenti, in particolare con riferimento ai settori dell’informatica e della valorizzazione del patrimonio immobiliare”.
Come mai Crocetta dice che c’è un “utile” nel bilancio della Regione?
“Il risultato finale del 2015 è positivo, nel senso che il disavanzo finanziario che avevamo previsto ed applicato al bilancio all’inizio dell’anno è maggiore di quello che è risultato alla fine. In questi termini si parla di utile, termine della contabilità economico patrimoniale, poiché una parte di questa differenza, potrà essere utilizzata per finanziare nuove spese. Il risultato è lusinghiero perché nel 2015 ci siamo fatti anche carico del ripianamento di debiti pregressi, come quelli derivanti da pignoramenti: nel 2015 sono state regolarizzate partite vecchie (anche risalenti al 1996) mai registrate in bilancio per 132 milioni e altre 85 lo saranno nel 2016. Questo anche grazie al Ragioniere generale della Regione, Salvatore Sammartano, e alla sua volontà di condurre un’operazione di pulizia e trasparenza nei conti pubblici.
E non solo: abbiamo saldato, o ci siamo impegnati a ripianare debiti pregressi anche nel settore della riscossione coattiva, nella gestione dei dissalatori e per il pagamento delle borse di studio agli specializzandi in medicina. Tutto questo per un ammontare, solo nel 2015, di ulteriori 70 milioni di euro circa.
Insomma, abbiamo pagato 200 milioni di debiti fuori bilancio ed abbiamo anche ottenuto un risultato positivo. Ciò, in definitiva, utilizzando solo ed esclusivamente risorse vere: nel 2015 le entrate previste sono allineate con quelle accertate, tutt’altra musica rispetto al passato in cui in Regione si finanziavano spese vere con entrate che non si realizzavano, o si realizzavano in parte, esempio eclatante la valorizzazione del patrimonio immobiliare”.
“Il risultato finale del 2015 è positivo, nel senso che il disavanzo finanziario che avevamo previsto ed applicato al bilancio all’inizio dell’anno è maggiore di quello che è risultato alla fine. In questi termini si parla di utile, termine della contabilità economico patrimoniale, poiché una parte di questa differenza, potrà essere utilizzata per finanziare nuove spese. Il risultato è lusinghiero perché nel 2015 ci siamo fatti anche carico del ripianamento di debiti pregressi, come quelli derivanti da pignoramenti: nel 2015 sono state regolarizzate partite vecchie (anche risalenti al 1996) mai registrate in bilancio per 132 milioni e altre 85 lo saranno nel 2016. Questo anche grazie al Ragioniere generale della Regione, Salvatore Sammartano, e alla sua volontà di condurre un’operazione di pulizia e trasparenza nei conti pubblici.
E non solo: abbiamo saldato, o ci siamo impegnati a ripianare debiti pregressi anche nel settore della riscossione coattiva, nella gestione dei dissalatori e per il pagamento delle borse di studio agli specializzandi in medicina. Tutto questo per un ammontare, solo nel 2015, di ulteriori 70 milioni di euro circa.
Insomma, abbiamo pagato 200 milioni di debiti fuori bilancio ed abbiamo anche ottenuto un risultato positivo. Ciò, in definitiva, utilizzando solo ed esclusivamente risorse vere: nel 2015 le entrate previste sono allineate con quelle accertate, tutt’altra musica rispetto al passato in cui in Regione si finanziavano spese vere con entrate che non si realizzavano, o si realizzavano in parte, esempio eclatante la valorizzazione del patrimonio immobiliare”.
C’è attesa per il giudizio della Corte dei Conti
Crocetta ha commentato con soddisfazione l’avanzo di oltre
600 milioni di euro con cui si è chiuso il bilancio consuntivo 2015. Con
i conti perennemente in rosso e con margini di manovra limitati per una
spesa corrente insostenibile come è stato possibile raggiungere
l’obiettivo?
“Io sono arrivato a novembre del 2014 e alla fine dello stesso anno la Regione ha chiuso con un disavanzo di oltre 1,8 miliardi, ripianabile in dieci anni. L’applicazione delle nuove regole di contabilità previste dal decreto legislativo 118/2011, che ha imposto l’eliminazione di tutti i crediti la cui esigibilità non è dimostrabile, ha fatto registrare un ulteriore disavanzo di oltre 4,5 miliardi, ripianabile in 30 anni a partire dal 2015. Ai disavanzi si possono aggiungere circa 5,5 miliardi di indebitamento verso banche ed altri 2,7 miliardi per le cosiddette anticipazioni di tesoreria del dl 35, che pur non incidendo nell’indebitamento in senso stretto, sono mutui trentennali stipulati per ripianare debiti correnti, soprattutto nel settore della sanità. Se sommiamo tutti i numeri il pesante fardello ereditato dal passato supera i quattordici miliardi di euro.
Registrare un avanzo nella gestione 2015 di 636 milioni, che consente di garantire non solo la quota annua del disavanzo ereditata, ma anche la riduzione del periodo complessivo del ripiano, costituisce un’inversione di tendenza senza precedenti: la gestione non produce debiti ma permette il ripiano più veloce di quelli accumulati.
Il risultato positivo è stato possibile grazie all’operazione di risanamento avviata soprattutto con la legge di stabilità 2015, con diverse misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, soprattutto in materia di pubblico impiego, ma anche grazie alla puntuale stima delle entrate acquisibili che ha consentito di finanziare le spese in misura corrispondente. In passato, invece, lo scostamento significativo, circa 1 miliardo, tra le previsioni di entrate e quelle effettive registrate a consuntivo, ha consentito di finanziare spesa senza effettiva copertura finanziaria, e generato disavanzi di gestione sempre crescenti. Il risultato positivo è ancora più significativo se si considera che ci siamo fatti carico anche di debiti fuori bilancio e pignoramenti mai contabilizzati.
Ora attendiamo il giudizio di parifica che è previsto per il 5 luglio prossimo dalla Corte dei Conti”.
“Io sono arrivato a novembre del 2014 e alla fine dello stesso anno la Regione ha chiuso con un disavanzo di oltre 1,8 miliardi, ripianabile in dieci anni. L’applicazione delle nuove regole di contabilità previste dal decreto legislativo 118/2011, che ha imposto l’eliminazione di tutti i crediti la cui esigibilità non è dimostrabile, ha fatto registrare un ulteriore disavanzo di oltre 4,5 miliardi, ripianabile in 30 anni a partire dal 2015. Ai disavanzi si possono aggiungere circa 5,5 miliardi di indebitamento verso banche ed altri 2,7 miliardi per le cosiddette anticipazioni di tesoreria del dl 35, che pur non incidendo nell’indebitamento in senso stretto, sono mutui trentennali stipulati per ripianare debiti correnti, soprattutto nel settore della sanità. Se sommiamo tutti i numeri il pesante fardello ereditato dal passato supera i quattordici miliardi di euro.
Registrare un avanzo nella gestione 2015 di 636 milioni, che consente di garantire non solo la quota annua del disavanzo ereditata, ma anche la riduzione del periodo complessivo del ripiano, costituisce un’inversione di tendenza senza precedenti: la gestione non produce debiti ma permette il ripiano più veloce di quelli accumulati.
Il risultato positivo è stato possibile grazie all’operazione di risanamento avviata soprattutto con la legge di stabilità 2015, con diverse misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, soprattutto in materia di pubblico impiego, ma anche grazie alla puntuale stima delle entrate acquisibili che ha consentito di finanziare le spese in misura corrispondente. In passato, invece, lo scostamento significativo, circa 1 miliardo, tra le previsioni di entrate e quelle effettive registrate a consuntivo, ha consentito di finanziare spesa senza effettiva copertura finanziaria, e generato disavanzi di gestione sempre crescenti. Il risultato positivo è ancora più significativo se si considera che ci siamo fatti carico anche di debiti fuori bilancio e pignoramenti mai contabilizzati.
Ora attendiamo il giudizio di parifica che è previsto per il 5 luglio prossimo dalla Corte dei Conti”.
Politiche di riscossione dai risultati insufficienti
Ma perché in Sicilia non ci deve essere Equitalia, ma Riscossione Sicilia?
“Sul punto esiste già una linea politica precisa tracciata dal presidente Crocetta. Il dato della riscossione in Sicilia è in assoluto il più basso rispetto alla media nazionale anche laddove lo si voglia paragonare a quello delle Regioni del Meridione d’Italia che presentano un pari o maggiore grado di difficoltà economico-finanziario (quali Campania, Calabria, etc,), il cui dato è comunque in linea, se non persino superiore alla media nazionale; dunque occorre interrogarsi sulla distonia e, se è il caso, ripensare agli strumenti utilizzati ed alle competenze così come finora attribuite".
“Sul punto esiste già una linea politica precisa tracciata dal presidente Crocetta. Il dato della riscossione in Sicilia è in assoluto il più basso rispetto alla media nazionale anche laddove lo si voglia paragonare a quello delle Regioni del Meridione d’Italia che presentano un pari o maggiore grado di difficoltà economico-finanziario (quali Campania, Calabria, etc,), il cui dato è comunque in linea, se non persino superiore alla media nazionale; dunque occorre interrogarsi sulla distonia e, se è il caso, ripensare agli strumenti utilizzati ed alle competenze così come finora attribuite".
Quale è la situazione a proposito dei fondi disponibili?
“Nel 2015 abbiamo chiuso con il risultato positivo di cui ho parlato prima e con una spesa comunitaria uguale ai sei anni precedenti, ciò ha consentito di utilizzare, nel 2015, quattrocento milioni di euro per il cofinanziamento. Queste le prime cifre impegnate nel 2015, ma lavoreremo in questo senso per garantire il cofinanziamento necessario a garantire l’attuazione del programma secondo i tempi previsti. In merito, l’unica parte dei fondi la cui utilizzazione fa capo all’Assessorato dell’Economia è quella per le spese del settore dell’informatica. In proposito, per la realizzazione della c.d. banda larga stiamo impegnando circa 200 milioni di euro, cui seguiranno altre risorse utilizzabili; altri quaranta milioni sono impegnati sulla rete della pubblica amministrazione. Per la prima volta non sono stati utilizzati i fondi dello sviluppo per la spesa corrente a differenza di quanto avvenuto negli anni passati ai quali si è fatto ricorso per 680 milioni di euro”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
24 Giugno 2016
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