L’Italia divisa in due Stati? Il prof Viesti: “Non sarebbe una catastrofe”
Sabato 27 febbraio, presso la sala consiliare del Palazzo Municipale di Zafferana Etnea (bellissimo comune sull’Etna), si è svolto l’incontro con Pino Aprile, giornalista de Il Mattino e autore di bestseller sulla questione meridionale, e Gianfranco Viesti, docente di Economia Applicata presso l’Università di Bari, autore di saggi e consulente di fama mondiale.
A tenere gli onori di casa il sindaco di Zafferana Etnea, Alfio Vincenzo Russo che, per la seconda volta in due anni, ha organizzato un evento con Pino Aprile. Il dibattito tra Viesti ed Aprile si è svolto sotto forma di intervista.
Primo tema affrontato: lo stato dell’economia del sud in una visione sia globale, sia su scala italiana. Viesti ha spiegato che, su scala globale, l’economia del sud si colloca comunque nell’area di un benessere diffuso e un livello economico, sulla media mondiale, posto nella parte alta della classifica.
Su scala europea, invece, risulta essere nella parte bassa insieme ad altri paesi europei, così come su scala italiana certamente è secondario rispetto al centro nord. La riflessione di Viesti si è concentrata sulla mancata occasione di fa crescere tutta l’economia italiana allo stesso modo, puntando sui grandi investimenti infrastrutturali anche al Sud. Tra l’altro, ha fatto notare il docente universitario, puntare sullo sviluppo infrastrutturale nel Mezzogiorni porterebbe vantaggi anche al resto del paese: su un fattore 100 di investimento, 40 sarebbero di ritorno al Nord. Invece per scelte politiche, pregiudiziali e culturali italiane, il sud rimane escluso da politiche di lunga durata circa il suo sviluppo. La domanda volutamente provocatoria di Pino Aprile, a questo punto, è l’ipotesi di divisione dell’Italia in due Stati e gli eventuali riflessi economici delle due parti. Viesti, ragionando sull’ipotesi, ha risposto che, nel breve periodo si avrebbe una leggera contrazione naturale dell’economia del Sud non superiore al 10% e un piccolo vantaggio per il Nord con una crescita di rimbalzo di circa il 2%. Nulla di particolarmente catastrofico, aggiunge, per una economia attuale del Sud prevalentemente incentrata sul consumo dei prodotti e servizi del Nord. Come dire, il tempo di riorganizzare servizi e prodotti per avere una crescita costante ed equilibrata.
Dopo queste premesse, i due protagonisti hanno svolto un’analisi sulle prospettive attuali per il Sud, alla luce delle scelte politiche italiane degli ultimi 20 anni e fino all’attuale governo. Lo scenario che emerge dal dibattito è devastante sia sotto il profilo economico e sia culturale. Dall’agenda politica il sud è cancellato e con una progressiva riduzione dei servizi statali in scala molto maggiore rispetto all’area del nord Italia.
Una frase di Viesti, in particolare, ha colpito la platea:
“La Lega non ha vinto, ha stravinto”, se non politicamente in senso stretto certamente a livello “culturale” ha rafforzato le false credenze sul Sud sprecone, assistenzialista, in sintesi irrecuperabile e abbandonato al proprio destino. Ciò, ha sostenuto il docente universitario, si è distillato diffusamente nei preconcetti dei cittadini del nord ampiamente, incidendo pure nell’azione politica italiana. Nota dolente: non c’è mai una contrapposizione politica forte dei rappresentanti meridionali, tutto sommato silenziosi e inermi rispetto alle scelte che portano all’impoverimento del Sud.
Affrontando poi, il tema dell’assistenzialismo, ha osservato come il sistema italiano sia di natura previdenziale e, in tal senso, contrariamente alle credenze comuni risulta statisticamente che la spesa previdenziale è maggiore al Nord che al Sud, per la semplice ragione che il Nord ha sempre avuto una maggiore occupazione. Così come il numero dei dipendenti pubblici, escluse le regioni a statuto speciale, sia sostanzialmente uguale in proporzione al numero di abitanti in tutta l’Italia. Questo, nei fatti, demolisce i luoghi comuni di un sud esclusivamente occupato nel settore pubblico.
Le manovre politiche che stanno portando ad un impoverimento culturale e di servizi sono state delucidate attraverso gli eclatanti esempi sulle scelte finanziarie per gli asili e le università italiane. “Il metodo di scelta degli investimenti per gli asili,- ha detto Viesti,- si basa non sullo sviluppo delle zone dove sono maggiormente carenti, ma su una scelta che conferma l’esistente storico e null’altro”. Gli esempi opposti dell’Emilia Romagna, regione con il maggior numero di asili, e la Campania, regione dove ci sono comuni senza alcun asilo, confermano il criterio di finanziare le strutture esistenti e non compensare con nuove strutture dove sono carenti.
Circa l’università, i tagli finanziari applicati seguono criteri molto discutibili basati anche sull’utilizzo di termini di una “neolingua” tendente a nascondere tranelli normativi, come ad esempio “spending review” e “internazionalizzazione”.
A tal proposito, circa l’utilizzo di una “neolingua” in politica, Pino Aprile a breve presenterà la sua nuova fatica editoriale proprio sull’analisi del significato che si nasconde dietro alcuni termini d’immagine, con significati che si traducono in ennesime fregature a discapito del sud.
Il Prof. Viesti ha quindi spiegato a titolo di esempio cosa nasconde il termine apparentemente innocuo e dal suono affascinante “internazionalizzazione”, uno degli indicatori più “antipatici” come lo definisce, messi in campo per creare una differenziazione tra le università italiane di seria A, B e C.
Il termine, tradotto in soldoni, sta ad indicare una premialità per le università che hanno maggiori studenti che usufruiscno del progetto Erasmus. E dunque, chi può permettersi di far partire i figli all’estero? Ovviamente le famiglie con un maggiore reddito. E’ questo un merito intrinseco dell’università? Ovviamente no, ma ciò si traduce in maggiori investimenti statali, favorendo le università del nord dove il reddito è mediamente più alto rispetto al sud. E questo è solo un indicatore. Il risultato di queste premialità, nel loro complesso, sta portando le stesse in forte sofferenza economica, come Palermo, Catania e Messina, con il caso simbolico dell’università di Cagliari sull’orlo della chiusura.
Pino Aprile, sulla base di queste affermazioni, ha sviluppato un excursus storico sui meriti delle università del Sud, in particolare Napoli, e sul ciclo storico dal 1861 ai giorni nostri sulle nefandezze italiane compiute al Sud.
Il dibattito si è concluso con la sensazione che sia mancato un maggiore approfondimento sulla Regione Siciliana, certamente diversa nel contesto del Sud Italia per la sua specificità statutaria.
I temi proposti dal Prof. Viesti sono sviluppati nel suo nuovo libro “Il Sud vive sulle spalle dell’Italia. Falso”, ed. Laterza.
01 Marzo 2016
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