03 dicembre 2015

POVERI, SCAPPATI, RACCOMANDATI. COME SPROFONDA LA SICILIA. IL BACINO DELL’IMPIEGO PUBBLICO ISOLANO È OGGI COMPOSTO DA VENTIMILA PRECARI


Poveri, scappati, raccomandati
Come sprofonda la Sicilia



di SALVATORE PARLAGRECO
La Sicilia ha inventato il sottoproletariato urbano a cavallo del secondo millennio. Scomparso ovunque, grazie alle nuove dinamiche sociali ed economiche, è stato re-impiantato negli anni Ottanta dalla Regione siciliana attraverso una gigantesca operazione di clientelismo, spacciata come esempio di solidarismo sociale e di cooperativismo virtuoso.

Gli alambicchi del mitico laboratorio politico siciliano non c’entrano niente, alleanze e coalizioni di partito sono solo “sovrastruttura”. Rossi e bianchi, di comune accordo, hanno creato una “sacca” di povertà, da utilizzare, nel tempo, come massa di manovra nelle consultazioni elettorali. Affinché si consolidasse e crescesse per trenta anni sono stati sospesi i concorsi pubblici.

Il bacino dell’impiego pubblico isolano è oggi composto da ventimila precari (600 alle dipendenze della Regione siciliana, 18 mila negli enti locali, 4.000 Lsu), sprovvisti di competenze specifiche, e dal personale regionale a tempo indeterminato, assunto, negli anni Sessanta e Settanta, sprovvisto di conoscenze giuridiche e delle competenze richieste dalle normative europee.

Le agenzie culturali di eccellenza, è il caso dell’Isida, sono state mandate in soffitta. Gli investimenti nella formazione hanno interessato fasce del vecchio terziario e ingrossato il portafogli dei più lesti, personaggi direttamente o indirettamente legali alle lobby politiche. Scandalosi sprechi di risorse, frodi e appropriazione di denaro pubblico, documentate nei fascicoli dei processi, per tenere in piedi una formazione vecchia di mezzo secolo. E quattrini a palate per “comunicarla”, materializzandola sulle pagine delle gazzette.

La povertà di competenze ha provocato a sua volta una tragica emorragia di risorse. La Regione siciliana si serve delle assistenze tecniche. Come altre Regioni, ma in Sicilia sono cinque volte di più. Le società di consulenza nazionale, e multinazionale, che “aiutano” la Regione a programmare, progettare, certificare, accreditare, hanno trovato una miniera d’oro inesauribile.

La loro mission dovrebbe essere l’affiancamento del personale della Regione siciliana; di fatto gli affiancatori sostituiscono il personale, privo dei “fondamentali” per apprendere, e così radicano la loro presenza, divenendo organici all’attività della pubblica amministrazione. Le assistenze tecniche fanno il lavoro del personale, instaurando una sorta di dipendenza.

Precariato, assistenze tecniche, formazione di bassa fascia sono le tre gambe della povertà. E’ un sistema ormai intoccabile perché chiunque lo mettesse in discussione sarebbe colpevole di sferrare un attacco intollerabile verso le aree deboli della Sicilia. Massacro sociale, lo chiamano.

I giovani precari degli anni Ottanta sono invecchiati con paghe di fame. Agli occhi di tanti, è un tragico paradosso, sono i “raccomandati”, i privilegiati, “quelli delle cooperative”, utilizzate per il transito nella pubblica amministrazione. Non si sarebbe potuto fare di meglio per devastare generazioni di giovani.

Fuori da questo sistema ci sono, oggi, diplomati, neo laureati, che dopo avere acquisito una istruzione decente, con costi pubblici e privati ragguardevoli, dopo essersi guardati attorno – né concorsi pubblici né opportunità di lavoro private, né scuole di eccellenza – se ne vanno. Preferibilmente nel Nord dell’Italia, ma sempre di più all’estero.

La competenza dà corpo alle buone idee. Quando ci sono le buone idee, arrivano gli investitori e si mette in moto il meccanismo dello sviluppo, non accade mai il contrario. La Sicilia l’ha sperimentato. Il tempo delle vacche grasse, che la Regione siciliana ha vissuto fino agli anni Settanta, ha lasciato il deserto.

Gli apparati politici sono oggi sequestrati dalla povertà che hanno contribuito a creare e consolidare. Non c’è un euro da spendere per formare manager, tecnici specializzati, fare formazione d’alta fascia. I soldi servono per tenere in piedi il sistema. Anche i colpevoli dello sfascio recriminano per la fuga dei cervelli, e danno l’anima per far sopravvivere lo status quo, che brucia denaro pubblico senza creare ricchezza e sviluppo. Perché è dal bacino della “sopravvivenza” che arriva il consenso. Ma sbagliano, è miopia: quelli che restano in Sicilia, per amore e per forza, non sono affatto contenti. Urlano, paralizzano le città, e si prendono quel che serve: la loro è una questua “muscolare”, non devono gratitudine ad alcuno.

02 Dicembre 2015
http://www.siciliainformazioni.com/sparlagreco/221525/poveri-scappati-raccomandati-come-sprofonda-la-sicilia?nl=02122015







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