Taormina, in volo sulla frana che ha colpito la villa
Un'equipe di esperti studia come curare il territorio
Cronaca – Il belvedere del giardino pubblico è crollato l'1 ottobre. Un mese prima un fiume di fango ha invaso la funivia che è ancora chiusa. Mentre la frazione di Villagonia vive con la paura ogni volta che piove. Sono alcune delle criticità della perla dello Jonio, fragile per natura, ma che l'uomo ha indebolito. Guarda il video
Salvo Catalano
Lo scorso uno ottobre una bomba d'acqua ha causato il crollo di un pezzo della villa comunale di Taormina. La parte che si affaccia sulla collina è venuta giù, portandosi dietro il belvedere. Solo per una fortunata casualità in quel momento non passava nessuno dei turisti che quotidianamente affollano l'affascinante sito. Chi entra nel giardino, ricco di piante degne di un orto botanico, può ancora osservare la voragine. Figlia di quella che è solo l'ultima delle tante frane che negli ultimi anni hanno colpito la perla dello Jonio. A rischio scampato, il sindaco Eligio Giardina ha deciso che era arrivato il momento di muoversi. Per studiare come puntellare Taormina, ha chiamato uno dei massimi esperti di rischio idrogeologico, Franco Ortolani, docente di Geologia all'università di Napoli, che, insieme a un'equipe di tecnici, sta portando avanti un progetto all'avanguardia.
La prima fase di studio del territorio finalizzata a un report quanto più dettagliato delle criticità, si è avvalsa dell'uso di un drone che ha ripreso dall'altro la frana della villa comunale. Video che MeridioNews pubblica oggi in esclusiva.
Ma l'elenco degli smottamenti è lungo. A cominciare dalla frazione di Villagonia, un insieme di case a monte della stazione ferroviaria. «Qui - spiega l'ingegnere Antonio Sciglio,
della protezione civile regionale - si muove un ampio fronte composito.
Ci sono state frane già nel 2007 e nel 2011 e un aggravamento a
settembre del 2015». A peggiorare la situazione sarebbe stato il taglio
del pendio per la realizzazione di due complessi alberghieri
che hanno ostruito l'immissione delle acque piovane in impluvi
naturali. Così l'acqua anziché seguire l'antico percorso, si riversa nel
fronte della frana. «Sia a me che al mio vicino piove dentro casa -
racconta una residente che abita su una stradella che finisce dove un
cartello segnala il pericolo frane - e abbiamo paura. Quello che hanno
combinato a monte ha protato danni qui da noi, perché prima a casa mia
non arrivava acqua. Ora si riempie l'ascensore e ho un fratello sulla
sedia a rotelle che rimane bloccato nel'appartamento».
Disagi simili vive anche
la funivia che da Mazzarò, di fronte all'isola Bella, portava i turisti fino a Taormina. Chiusa dal 9 settembre.
La notte prima un fiume di fango è sceso dalla collina invadendo la
sala macchine e causando danni stimati in 300mila euro. Serviranno
quattro mesi per rimetterla in funzione, nel frattempo i turisti -
750mila all'anno quelli trasportati dalla funivia, da moltiplicare per
tre euro, che è il costo del biglietto - devono accontentarsi della
navetta sostitutiva o dei taxi. «Il piazzale era pieno di terra e fango,
c'è voluta una settimana con le ruspe per portarlo via - spiega Sergio Sottile, direttore d'esercizio -. Tempo fa sulla collina è stato realizzato un parcheggio
e da allora il fango scende copioso». La frana si è portata via anche
il sentiero dove, in caso di guasti, si facevano scendere i turisti con
una fune. In più l'acqua che viene da monte, arrivata alla stazione di
partenza della funivia, si incanala e passa sotto un parcheggio
asfaltato negli ultimi anni. Per uscire qualche centinaio di metri più
giù, in prossimità della spiaggia. «Prima la natura aveva molto più
spazio, adesso l'uomo lo ha ridotto, è chiaro che appena succede
qualcosa, il passaggio si ottura e i guai sono enormi», denuncia
Sottile.
Per il sindaco, però, la colpa del dissesto del suo territorio «non è da
attribuire all'azione dell'uomo. Semmai -aggiunge - la responsabilità
spesso sta nel non aver saputo prevenire le criticità». Cosa che adesso
Giardina sta provando a fare, grazie all'equipe guidata da Ortolani e
dall'architetto
Giuseppe Aveni che spiega: «Si è pensato di realizzare
interventi naturali, a impatto zero, non toccando le colline con azioni
invasive che potrebbero aumentare il pericolo di frana, ma ricollocando nei pendii più a rischio le essenze autoctone del Mediterraneo».
Con quali risorse? «Abbiamo scritto al ministero dell'Ambiente - spiega
il primo cittadino - per avere finanziata una progettualità che
determini le criticità sul territorio. Prevenendo il dissesto, si può
spendere 500 oggi anziché 5 milioni in futuro».
25 Novembre 2015
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