Ddl di riforma sulla caccia, potenzialità e criticità
L’obiettivo è il miglioramento dell’attuale legge regionale n. 33/’97
Procede l’iter parlamentare del Ddl n. 773/14 di modifica della legge sulla caccia.
Il Ddl 773, presentato il 17 giugno 2014, si è posto l’ambizioso obiettivo di riformare e migliorare la legge regionale n. 33/97.
I deputati promotori hanno affrontato il non facile compito di procedere ad una revisione di una legge, sicuramente ormai datata, ma che disciplina una materia che dovrebbe essere regolamentata su basi strettamente scientifiche ma è spesso motivo di furiosi scontri causati da mere convinzioni ideologiche che ne hanno sempre impedito una seria riforma.
In passato, più volte, si è stati costretti a modificare la 33/97, ma limitandosi a specifici articoli, al fine di migliorarli o comunque renderli conformi alla legge quadro nazionale, la legge 157 del 11 febbraio 1992.
Il Ddl 773, presentato il 17 giugno 2014, si è posto l’ambizioso obiettivo di riformare e migliorare la legge regionale n. 33/97.
I deputati promotori hanno affrontato il non facile compito di procedere ad una revisione di una legge, sicuramente ormai datata, ma che disciplina una materia che dovrebbe essere regolamentata su basi strettamente scientifiche ma è spesso motivo di furiosi scontri causati da mere convinzioni ideologiche che ne hanno sempre impedito una seria riforma.
In passato, più volte, si è stati costretti a modificare la 33/97, ma limitandosi a specifici articoli, al fine di migliorarli o comunque renderli conformi alla legge quadro nazionale, la legge 157 del 11 febbraio 1992.
Infatti, contrariamente a quanto affermato da molti, la Sicilia, pur essendo regione a statuto speciale, ha potestà legislativa esclusiva in materia di caccia, ma sempre all’interno degli spazi definiti dalla legislazione nazionale, appunto con la cosiddetta legge quadro, dal momento che lo Stato ha potestà legislativa esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e può incidere sulla materia della caccia ove l’intervento dello Stato sia rivolto a garantire standard minimi ed uniformi di tutela della fauna (Corte Costituzionale 20 dicembre 2012 n.5368).
La III Commissione ha approvato il testo dopo aver apportato varie modifiche al testo originario che in diversi punti tendeva non a migliorare ma a complicare la situazione attuale.
I principali aspetti che sono affrontati nel disegno di Legge sono:
- la gestione degli ATC
- gli appostamenti fissi
- la caccia di selezione
- le deroghe
- i demani forestali
- i siti di Natura 2000
- il Piano Faunistico Regionale
Pur nei stringenti limiti della normativa nazionale, i deputati hanno cercato di migliorare la norma attuale. Purtroppo, rimangono in essere alcune criticità di grave impatto per il settore.
In particolare:
• l’eliminazione della possibilità, in sede di emanazione del calendario venatorio, di consentire un numero di giornate da 20 a 30 limitatamente ad alcuni ambiti per la sola selvaggina migratoria, comporterebbe un’eccessiva limitazione della mobilità dei cacciatori dediti alla migratoria, comportando una discriminazione di tale forma di caccia, creando quindi cacciatori di serie A e di serie B, con conseguenze eticamente inaccettabili ma, soprattutto dando vita ad un rischio che è quello di concentrare un eccessivo numero di cacciatori negli ambiti di residenza coincidenti con i maggiori capoluoghi di provincia quali Palermo, Catania, Messina, che presentano un’elevata densità di popolazione.
Tale decisione non ha scusanti. Anche la legge quadro nazionale 157/92 che vieta il cosiddetto nomadismo venatorio, cioè il vagare incontrollato nel territorio dell’intera regione, incoraggia la mobilità dei cacciatori in altri ambiti, al fine di avere una densità il più possibile omogenea tra i vari ambiti di caccia. Tale interpretazione è stata più volte confermata dal Tar a fronte dei vari ricorsi proposti, il più delle volte per motivi ideologici, da associazioni contrarie alla caccia.
• l’eliminazione della possibilità, in sede di emanazione del calendario venatorio, di consentire un numero di giornate da 20 a 30 limitatamente ad alcuni ambiti per la sola selvaggina migratoria, comporterebbe un’eccessiva limitazione della mobilità dei cacciatori dediti alla migratoria, comportando una discriminazione di tale forma di caccia, creando quindi cacciatori di serie A e di serie B, con conseguenze eticamente inaccettabili ma, soprattutto dando vita ad un rischio che è quello di concentrare un eccessivo numero di cacciatori negli ambiti di residenza coincidenti con i maggiori capoluoghi di provincia quali Palermo, Catania, Messina, che presentano un’elevata densità di popolazione.
Tale decisione non ha scusanti. Anche la legge quadro nazionale 157/92 che vieta il cosiddetto nomadismo venatorio, cioè il vagare incontrollato nel territorio dell’intera regione, incoraggia la mobilità dei cacciatori in altri ambiti, al fine di avere una densità il più possibile omogenea tra i vari ambiti di caccia. Tale interpretazione è stata più volte confermata dal Tar a fronte dei vari ricorsi proposti, il più delle volte per motivi ideologici, da associazioni contrarie alla caccia.
Non a caso, anche l’ultimo ricorso proposto da Legambiente l’anno
scorso su questo argomento è stato respinto dal Tar di Palermo sia in
sede monocratica il 21 agosto 2014, sia in sede collegiale nella camera
di consiglio del 11 settembre 2014.
• la previsione di una nuova tassa che si aggiunge a quelle già
esistenti per “finanziare” i Comitati di Gestione degli Ambiti
Territoriali di Caccia. Chiamarla “contributo economico” non cambia la
natura del nuovo balzello che ricadrebbe sulle spalle di tutti i
cacciatori. Un aumento della tassazione che creerebbe notevoli
difficoltà a tutti coloro i quali nutrono la passione per la caccia e
che si vedrebbero costretti a rinunciarvi a fronte di un ingente impegno
di risorse finanziare.
• la mancata previsione di rigidi vincoli di utilizzo delle cospicue tasse versate dai cacciatori, anche in ottemperanza a quanto disposto dalla legge quadro nazionale che ne prevede l’utilizzo esclusivo, per evitare l’annoso problema tutto siciliano dell’assenza di risorse finanziarie per la gestione faunistica. Infatti, malgrado la Regione Sicilia incassi annualmente diversi milioni di euro dai cacciatori, questi milioni puntualmente e letteralmente svaniscono in quel grande calderone che è il bilancio della Regione Sicilia.
In effetti, quest’ultimo punto è il più critico dell’intera norma, perché si potrà anche riuscire a riformare e migliorare l’attuale legge, ma se non si costringerà l’amministrazione regionale ad operare, dandogli anche le risorse finanziarie necessarie, tutto risulterà inutile.
Siamo comunque fiduciosi che i deputati dell’ARS provvederanno ad eliminare queste criticità.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
26 Novembre 2015
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