Un Parco che sembra un grande stipendificio
Intervista a Bartolo Fazio sul Parco delle Madonie, sul suo mancato decollo, sulle responsabilità per i cinghiali e sulla crisi che ha colpito oggi i comuni madoniti
«Il passato ci consegna un Ente Parco che sembra un grande stipendificio con circa 80 unità di personale, molte delle quali con la qualifica di “collaboratore”, che impegnano risorse economiche consistenti, circa 3.300.000 euro di soli stipendi, e producono poco». Lo afferma Bartolo Fazio che abbiamo intervistato.
A 25 anni dalla nascita come giudichi lo stato di salute del Parco delle Madonie?
Il Parco delle Madonie come gli altri Parchi e Riserve della Sicilia oggi non godono di buona salute. Il nostro in particolare comprende un territorio che, a detta di qualcuno delle centinaia di visitatori anche internazionali che lo hanno visitato nel corso di questi anni, è così meraviglioso da essere apprezzato più della stessa “Venezia”. Purtroppo le aspettative che abbiamo coltivato sin dalla sua nascita sono state molto spesso deluse e le speranze a volte disattese. La gestione ha registrato errori notevoli commessi dalla politica e che solo la politica dovrebbe riparare.
Il passato ci consegna un Ente che sembra un grande stipendificio con circa 80 unità di personale, molte delle quali con la qualifica di “collaboratore”, che impegnano risorse economiche consistenti (circa 3.300.000,00 euro di soli stipendi) e producono poco. Addirittura qualcuno più competente assunto per concorso è stato addirittura autorizzato ad andare altrove e nei ranghi è rimasto in generale un personale poco adatto, transitato qualche anno fa da uffici del Nord (Poste, scuole, etc,), neppure una guardia parco delle tante previste in pianta organica e soltanto due guide.
L’esperienza esaltante che ha visto il Parco delle Madonie, unico in Sicilia, partecipare alla Rete dei Geoparchi sostenuta dall’UNESCO, è prossima ad esaurirsi per carenze strutturali (assenza di figure idonee nella struttura - Geologo, etc.) mancanza di management e dei fondi necessari per produzione materiale divulgativo comune.
Due settimane fa a Cefalù un uomo è morto per colpa dei cinghiali. All’interno del Parco anziché coordinarsi per risolvere il problema dei cinghiali vengono fuori le beghe per qualche poltrona. Cosa pensi?
Non vedo nella vicenda dei cinghiali particolari responsabilità del Parco. E’ sotto gli occhi di tutti come i tanti piani di abbattimento presentati nel tempo sono stati disattesi dalla Regione. Forse nel corso di questi anni è mancato un deciso protagonismo dei Sindaci capace di costringere la politica regionale a normare la questione. Chissà forse si sarebbe evitata la tragedia. Resta invece sull’argomento la grave responsabilità della Regione e di qualche suo braccio operativo come l’Azienda Foreste Demaniali che all’epoca immise la specie nel territorio e successivamente quando esplose l’emergenza non ha fatto alcunché per correre ai ripari.
Stranamente le gabbie per la cattura nel Gran Sasso hanno sempre funzionato e sulle Madonie mai. Un modo – ritiene qualcuno – per foraggiare anche il mercato nero della carne dell’ibrido che a detta degli esperti costituisce uno dei prodotti migliori per confezionare gli insaccati.
Danni ancora superiori rispetto a quelli dei cinghiali stanno avvenendo con i daini e riguardano la completa distruzione dei sottoboschi.
Nel 2007 chiedevi di far diventare il Parco delle Madonie un Ente Nazionale. Sei ancora d’accordo e perché?
I parchi sono una risorsa per il Paese e per l’Europa e non si possono cancellare. La Regione Siciliana, superato l’iniziale interessamento, via-via ha deciso di disinvestire sui Parchi. Lo testimoniano la fine ingloriosa del Piano Territoriale di Coordinamento rimasto carta straccia dopo le tante fatiche per la sua formazione e i soldi spesi per la redazione, il calo sempre più marcato degli investimenti e sulle aree protette e di recente la sceneggiata sulle continue nomine e revoche dell’attuale Presidente. All’epoca di fronte ad atteggiamenti di questo tipo, facendo parte della Commissione Ambiente del Senato, ho pensato bene che una maniera per rilanciare l’Ente fosse quello di farne un Parco Nazionale. Era un’impresa non facile ma sicuramente ambiziosa. La repentina conclusione di quella legislatura interruppe il disegno. Il degrado in cui versano oggi i parchi e le riserve dell’isola mi convince ancora della bontà di quell’idea.
Secondo te perché in questo quarto di secolo si sono presentati sempre dei problemi nell’avere un madonita alla guida del Parco?
E’ sempre auspicabile poter contare su una persona del territorio per guidare un Ente come il Parco soprattutto se la persona ha la giusta preparazione ed esperienza nelle tematiche ambientali, con doti manageriali idonee a poterne rivestire quel ruolo. In proposito la Regione ha sempre fatto scelte diverse considerando l’Ente un ennesimo sottogoverno da occupare con le logiche insensate della politica.
Di converso il territorio non ha mai avuto la forza di imporre per quella scelta un conterraneo né ha utilizzato al meglio la figura del Vice Presidente che, tranne brevi periodi (ricordo fra gli altri nei primi anni ’90 l’impegno dell’Avv. Mario Lupo), si è rilevata quasi sempre inutile.
Secondo te è il territorio madonita che non sa far decollare il Parco o quest’ultimo che non riesce ad animare le Madonie??
Il Parco va ripensato. Serve una normativa che snellisca quella attuale e renda operativa la gestione, utilizzando programmi annuali seri e definiti in cui sono identificabili ruoli e responsabilità di ciascuno. Continuare nelle condizioni attuali non porta da nessuna parte nè sulle Madonie nè negli altri parchi.
Considero una grande sciocchezza le strutture uniche lontane dai territori come qualcuno ebbe a proporre tempo fa forse per creare un ennesimo carrozzone regionale e magari ingrossarne i ruoli con altre centinaia di impiegati. Centralizzare il tutto molto spesso nasconde anche questi trucchi.
Parliamo delle Madonie. Cosa ti fa soffrire di più di ciò che vi accade e cosa, invece, ti rende sereno.
L’area delle Madonie ha caratteristiche uniche in Sicilia: una marcata identità territoriale, innumerevoli risorse di pregio, un’imponente patrimonio naturalistico, una spiccata progettualità e la capacità di fare rete. In questo contesto è stato facile avviare, primi in Sicilia, la programmazione negoziata con i Patti territoriali e altri strumenti similari. Tutte precondizioni per lo sviluppo del comprensorio.
Lo stato di crisi in cui si trovano oggi i nostri comuni dell’interno denota che forse qualcosa non ha funzionato a dovere. Serve riavviare la marcia cercando di fare “vera politica comune” ed evitare atteggiamenti autoreferenziali come molto spesso accade per molti nostri rappresentanti. Serve ritornare a “volare alto”.
Io sono rispettoso della rappresentanza popolare ma credo che i nostri Sindaci fanno troppe cose e sarebbe ora che tornassero a dedicarsi ai problemi spinosi dei loro comuni. La gestione esecutiva di un Parco non può essere frutto di accordi di bassa politica e lo stesso dicasi per la dirigenza dei Consorzi, delle Agenzie di Sviluppo e degli altri strumenti del territorio. E’ un segnale positivo la recente nomina di esperti in seno al Comitato Esecutivo del Parco, amareggiano invece le divisioni prive di senso che registriamo in queste circostanze tra i Comuni e che non fanno sperare nulla di buono per il futuro.
25 Agosto 2015
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