Sud e Sicilia, ora non possono
più fingere di non sapere
In tredici anni, dal 2000 al 2013, il Sud è sprofondato nel baratro. Sono
gli anni in cui la questione settentrionale non ha lasciato spazio ad
altre considerazioni, e il Paese ha chiuso tutti e due gli occhi sulla
desertificazione industriale del Mezzogiorno, la deriva della povertà,
il crollo dell’occupazione, la sterilizzazione sociale. Lo sapevano
tutti come stavano le cose, e non c’era certo bisogno che fosse lo Svimez ad aprirgli gli occhi. Hanno preferito nascondere la realtà, coprirla di idiozie e provocazioni.
Il governo padano dell’Italia, a trascinamento leghista, ha prodotto lo sfascio,
con la collaborazione operosa di chi è stato irretito dalla paura di
perdere consensi elettorali al Nord. Ed ora si piange miseria al Sud, e
c’è un’Italia nel mirino del Fondo Monetario Internazionale, per le sue
peggiori performances. Perché i vigilantes dell’integrità nordica non
hanno tenuto in alcun conto degli effetti di trascinamento che il Sud,
abbandonato al suo destino, avrebbe avuto per l’intero Paese.
Anche le analisi degli economisti in questi tredici anni
hanno glissato sul Sud, preferendo puntare la loro attenzione
sull’economia nazionale e sulle conseguenze dell’austerità tedesca. Se
l’Ue ha marciato con il passo della Germania, l’Italia ha seguito le
rivendicazioni del cosiddetto triangolo industriale.
Si è barato su tutta la linea, perfino sull’assistenzialismo.
Il Paese si è svenato per assicurare a chi usciva temporaneamente dal
lavoro, un sussidio con la cassa integrazione, ma il Mezzogiorno ha
subito la gogna per la sua percentuale assistiti a vario titolo.
Il risultato è che un meridionale su tre è a rischio povertà,
ed in Sicilia uno su due. L’occupazione è tornata ai livelli del 1977, e
le nascite sono quelle dell’Unità d’Italia. Nel Sud, assistiamo ad
un’inversione demografica epocale: qui si nasceva più che in ogni altra
parte dell’Europa e c’erano città, come Gela, che detenevano il record
europeo delle nascite. Oggi detengono il record negativo. Non c’è lavoro
e non si può mettere su famiglia. E quando la famiglia c’è, si
preferisce attendere tempi migliori prima di dare alla luce un bambino.
Lo Svimez ha fatto sapere ciò che tutti sapevano, ma non è cosa da poco.
Magari Luca Zaia avrà qualche argomento in meno per blaterare di
sprechi e di parassiti. E Matteo Salvini ci racconterà che è tutta colpa
degli amministratori meridionali che non sanno fare il loro mestiere o
si mettono i soldi in tasca. Quasi che questa disposizione al malaffare
fosse nei cromosomi del Sud. Vecchi argomenti, insulsi e
controproducenti, buoni solo a non fare capire niente a nessuno, a
confondere le idee, a portare a casa qualche voto in più. Con effetti
drammatici per tutto il Paese, non solo per il meridione d’Italia.
31 Luglio 2015
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