LA DENUNCIA DEL M5S
Allarme cinghiali nelle Madonie
“Piani di cattura mai attuati”
Sono alcuni dei quesiti cui cerca di dare una risposta una interrogazione del M5S all’ Ars, indirizzata al presidente della Regione e agli assessori all’Ambiente e all’Agricoltura. Con l’atto (prima firmataria Valentina Palmeri) i deputati Cinquestelle tornano ad occuparsi del caso suidi, balzato prepotentemente alla ribalta questa estate dopo l’aggressione mortale di questi animali (un incrocio tra cinghiali e maiali) a Cefalù.
Per approfondire la questione i deputati hanno messo in cantiere pure una serie di accessi agli atti, per appurare fino a che punto le determinazioni prese in passato sull’argomento siano state applicate.
“Da una nota del 20 Maggio 2014 dell’Assessorato Risorse agricole in risposta al comune di Castellana Sicula,
- affermano i deputati – abbiamo appreso che il piano di cattura e successivo abbattimento (quindi con l’uso dei cosiddetti chiusini) non sarebbe mai stato applicato, contrariamente a quanto dichiarato dal presidente del Parco, Pizzuto, durante la seduta informale che si è tenuta l’11 agosto in IV Commissione all’Ars”.
“Infatti – sostengono i parlamentari Cinquestelle – da questo documento si apprende che con ben 2 note del 2013 e del 2014, l’Ente Parco afferma, prima, di non aver attuato il piano per mancanza di risorse finanziarie e, poi, chiede una proroga del piano di cattura nelle more del reperimento delle suddette risorse. Quindi, a meno che non siano accaduti improvvisi miracoli, non capiamo quando, ed eventualmente con quale efficacia, sia stato mai applicato il piano”.
Oltre alla mancata applicazione del piano i deputati del Movimento contestano al presidente del parco della Madonie il metodo di cattura da lui sostenuto (la cosiddetta braccata) e la sua proposta di allargare la platea dei selettori, anche a squadre organizzate di cacciatori.
“Il presidente del parco – afferma Valentina Palmeri – dovrebbe sapere innanzitutto che la caccia è vietata all’interno delle aree naturali protette e che l’abbattimento selettivo con il metodo della ‘braccata’, cioè con cacciatori di selezione coadiuvati da mute di cani, rappresenta il metodo peggiore di controllo della fauna, come sostenuto anche dall’Ispra, in primo luogo perché provoca la rottura delle gerarchie all’interno del gruppo stesso e la dispersione del gruppo di suidi, che fuori controllo provocano maggiori danni. In secondo luogo perché la ‘braccata’ causa indirettamente impatti negativi anche su altre specie di fauna presenti nel parco, alcune delle quali particolarmente protette. Al contrario della braccata, la cattura con i chiusini ed il successivo abbattimento, previsti dai piani di controllo approvati, ma, a quanto pare, mai applicati, eliminerebbe l’intero gruppo familiare e risulterebbe molto meno invasivo”.
“Il caso suidi – sostiene la deputata Claudia La Rocca – è un altro capitolo ingarbugliato della nostra Regione da approfondire. Insomma, una legge già esistente, (lr 12/2008), mai applicata o applicata parzialmente fra versioni contrastanti. Sicuramente un’imminente richiesta di accesso agli atti da parte nostra ci chiarirà quanto in realtà sia stato fatto e se è vero che il piano di cattura, ormai ritenuto una soluzione blanda, sia stato realmente applicato, per quanto tempo e con quali risultati. Siamo consapevoli dell’estrema emergenza che ci ritroviamo davanti e che la dichiarazione di stato d’emergenza sembra l’unica strada percorribile. Ricordiamo, però, al presidente del Parco che la norma recentemente approvata recita che le attività di abbattimento diretto ‘non costituiscono in nessun caso esercizio di attività venatoria’ ”.
Sulle responsabilità della Regione mette l’accento il presidente dalla commissione Ambiente dell’Ars, Giampiero Trizzino. “Le leggi già c’erano dal 2008. E’ paradossale che l’amministrazione si muova sempre e solo dopo una tragedia”
28 Agosto 2015
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