L'ANALISI
Vince la paura, l'Ars salva Crocetta
Ma adesso Renzi spinge per il voto anticipato
di Accursio Sabella
Il governatore aveva sfidato i deputati: "Io non mi dimetto. Se vuole, mi sfiduci il parlamento". Ma gli inquilini di Sala d'Ercole, di fronte allo spettro delle nuove elezioni prendono tempo. La maggioranza chiede nuovi vertici. E l'opposizione (esclusi i grillini) nonostante parli di fallimento, non ha fretta di tornare al voto. Ma il premier da Roma tira le orecchie al presidente.PALERMO - Alla fine del terremoto si ritrovarono tutti in piedi. Anzi, ben saldi sulla poltrona di Sala d'Ercole. La sfiducia? Quando mai. Le paroline magiche a Sala d'Ercole sono altre: “cambio di passo”, “inversione di rotta”, “senso di responsabilità” e le immancabili “essenziali riforme”. Insieme a un “sicilianismo” rispolverato per l'occasione e buono per blandire qualche esponente d'opposizione. Rosario Crocetta ha puntato tutto su Palazzo dei Normanni. E in questo senso, ha vinto. “Io non mi dimetto, se vuole, il Parlamento può sfiduciarmi”. Ma non lo farà. Semmai, il pericolo arriva dalla capitale. Da dove Renzi ha tuonato, intervenendo pubblicamente per la prima volta sulla questione siciliana: "Crocetta dimostri di saper governare, o vada a casa".
I deputati, comunque, a casa non lo manderanno. E all'Ars si respira un'aria surreale. Lì i parlamentari sembrano correre la corsa del più “coraggioso” di tutti. Ma allo stesso tempo stanno fermi. Immobili. Come nel caso, ad esempio, di Forza Italia. Il capogruppo Marco Falcone ieri è intervenuto puntando il dito contro il fallimento di Crocetta. Un prologo all'immediata presentazione di una mozione di sfiducia? Macché. C'è da chiudere un accordo sui soldi che lo Stato deve risconoscere alla Sicilia, bisognerà trovare le somme per i Forestali e per la Formazione, bisognerà pur approvare questa benedetta riforma delle Province. Così, ecco apparire a Sala d'Ercole la mozione di sfiducia “postdatata”: “Da calendarizzare al più presto, - avvisa Falcone - dopo che avremo approvato le riforme”.
Le riforme. L'ipocrisia che tiene tutto in piedi. Col paradossale risultato che ogni fallimento, ogni flop è un motivo in più per continuare ad andare avanti. Perché c'è sempre una riforma da approvare. E l'elenco è lungo: oltre alle già citate Province ecco la mancata riforma dell'acqua pubblica, dei rifiuti, la legge sulla Formazione, quella sulla sburocratizzazione, il cosiddetto 'Sblocca Sicilia. È tutto ancora lì. Quindi c'è ancora molto da fare. E i toni e anche i contenuti dell'intervento del governatore sono sorprendentemente piaciuti proprio alle opposizioni. Così, se il coordinatore regionale di Ncd Francesco Cascio parla di una exit strategy, precisa: “Stabiliamo insieme una strada per andare al voto in primavera. Siamo alla fine di una pagina triste". Ma la fine, appunto, non è dietro l'angolo. E l'eventuale voto anticipato arriverebbe... a scoppio ritardato.
E ovviamente è già tutto dimenticato per la maggioranza di Crocetta. Il ciclone dell'intercettazione fantasma, le rivelazioni fornite dalle intercettazioni "reali", ma soprattutto le parole di Lucia Borsellino (e quelle di Manfredi) sembrano appartenere già a un'era lontana. Nonostante i reiterati e pubblici ringraziamenti a Sala d'Ercole dei parlamentari, infatti, i problemi di natura “etica e morale” sollevati dall'ex assessore, il “coacervo di interessi nella Sanità”, il fatto che Lucia potesse rappresentare un “elemento di disturbo” per chi davvero voleva gestire le cose dell'assessorato, come dicono i pubblici ministersi, sembrano già svaniti nel nulla. Lasciando lo spazio alla solita retorica del “rilancio”. Della ripartenza. Da fermo.
E così, ecco Antonello Cracolici accennare, dopo la seduta di ieri, a un “secondo tempo” in occasione del quale avviare “insieme una valutazione per capire se e come andare avanti. Devono essere valutate – ha aggiunto il capogruppo Pd - le cose fatte e gli errori commessi, e capire se si è in grado di invertire radicalmente la rotta”. Nono sono bastati, insomma, tre rimpasti, 37 assessori in 33 mesi, una dozzina di vertici di maggioranza per capire “se e come” andare avanti. Anzi, adesso i deputati di maggioranza sembrano poter contare sulla paura dei colleghi. Che come è noto, “fa 90”. “Riconosciamo – ha detto il capogruppo del Pdr Beppe Picciolo - parole molto più responsabili da parte delle opposizioni rispetto a quelle, talvolta, affrettate di pezzi della maggioranza. L’azione di politica e di governo fin qui non è stata del tutto soddisfacente e riteniamo, al contempo, di non potere fuggire ai gravi problemi che vivono la formazione professionale, i forestali, i precari, la sanità e lo stesso bilancio regionale, per fare solo alcuni esempi di temi caldi. Le valutazioni politiche andranno fatte a breve cogliendo quello che il presidente della Regione ha dichiarato sui tempi e le modalità per proseguire o meno la legislatura”. Rivedersi, valutare, soppesare. In una frase, “prendere tempo”. In attesa che la più grave crisi del governo regionale decanti o si sciolga con i caldi estivi.
Ovviamente, la variabile che potrebbe cambiare qualcosa è quella romana. Ieri Renzi per la prima volta ha parlato apertamente della questione siciliana, tirando le orecchie a Crocetta, associato al sindaco di Roma Ignazio Marino: "Si occupino di cose concrete, - ha detto il premier - dei problemi della gente, della sanità. Si smetta di guardare a strani giochi politici: se sono in grado di governare vadano avanti altrimenti vadano a casa. Basta con la telenovela continua: la gente non si chiede se un politico resta in carica ma se risponde alle sue domande". Sempre ieri Fausto Raciti ha incontrato “informalmente” il vicesegretario nazionale del Pd Lorenzo Guerini. "Non ho mai posto una questione di fiducia sull'onestà del presidente e sulla intercettazione farlocca, un fatto che ritengo molto grave. Resta un problema politico che il presidente della Regione ha riconosciuto, chiedendo un confronto col parlamento. Se ci sono le condizioni per andare avanti, bene. Ma non possiamo fare di più".
Il partito nazionale, però, non è affatto contento. Al di là delle intercettazioni, Roma sembra puntare dritta al voto anticipato. “Non si può evitare il voto – ha detto a più riprese il sottosegretario Davide Faraone – solo per la paura di perdere le elezioni”. La nuova “resa dei conti” è prevista per il 31 luglio, quando si terrà l'assemblea regionale del Pd. Sarà quella la sede per fare emergere ancora una volta le divisioni di un partito nel quale in tanti chiedono di mettere fine a questa esperienza. Tra questi, esclusa l'eccezione di Fabrizio Ferrandelli che ha già fatto le valigie, non ci sono i deputati regionali. Che adesso pensano al cambio di rotta, all'inversione di marcia e alle nuove riforme. Alla nuova svolta, insomma. Crocetta, per restare in piedi, ha puntato tutto sul parlamento. E ha vinto. Almeno per il momento.
24 Luglio 2015
Lo sempre detto e pubblicato questi AVVOLTOI PAPPONI non molleranno mai la poltrona, non gli conviene a nessuno. A differenza di schettino questi non abbandonano mai la nave FINO CHE VA A FONDO, prima si devono mangiare tutti i viveri che ci sono dentro. Non lasciano la poltrona stipendi da re vitalizi e pensioni D'ORO percio con questa MANNA CHI MOLLA LA POLTRONA.Dimettetevi se avete un po di orgoglio e fate l'unica cosa buona per la Sicilia e per tutti NOI.DIMETTETEVI PARASSITI LADRONI PAPPONI. Giardina Fernando
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