I soldi per il futuro usati per coprire il “buco”
Ecco come è stata svenduta la Sicilia
Il sottosegretario Faraone: “Dal prossimo anno non sarà possibile usare i fondi per gli investimenti per coprire stipendi e debiti”. Ma Crocetta e Baccei, nell'ultima Finanziaria, hanno previsto l'utilizzo di quelle somme fino al 2017. Dieci mesi fa il governatore rinunciò a contenziosi per 4 miliardi, mentre negli ultimi due anni, di mutuo in mutuo, il debito dei siciliani è raddoppiato.
PALERMO - Il futuro dei siciliani è stato venduto per tenere in piedi una baracca che in piedi non sta più. Due miliardi e mezzo, destinati agli investimenti, serviranno per coprire i buchi creati dai vecchi governi e aggravati dagli ultimi. Un nuovo mutuo porta l'indebitamento dei siciliani oltre gli otto miliardi di euro. E meno di un anno fa, il presidente Crocetta decise persino di rinunciare agli effetti di contenziosi con lo Stato per circa 4 miliardi, pur di ottenere un assegno da mezzo miliardo, buono per chiudere l'ennesima Finanziaria dell'anno.
Il copione, insomma, è sempre lo stesso. I conti della Sicilia non reggono più. E l'emergenza viene costantemente affrontata con strumenti che apparentemente salvano l'Isola. In realtà la condannano. Avvenne un anno fa, con la rinuncia del governo alle cause contro lo Stato per il riconoscimento degli introiti dovuti allo Statuto. Ed è avvenuto una settimana fa. Quando la giunta di Rosario Crocetta ha deliberato che per i prossimi tre anni, circa due miliardi e mezzo che l'Europa e Roma mettono a disposizione per gli investimenti, lo sviluppo, la crescita, dovranno essere utilizzati per garantire il “concorso alla Finanza pubblica”. Una quota che annualmente lo Stato chiede alla Regioni italiane. Ma che l'esecutivo siciliano non riesce a mettere da parte, in bilancio. Nonostante gli strombazzati risparmi milionari e i provvedimenti “moralizzatori” capaci di abbattere enormi sprechi.
E invece, nulla. La Sicilia non riesce a garantire la propria parte. E così, tornano buoni quei soldi. Che dovrebbero servire per le infrastrutture, le scuole, l'ammodernamento della Regione. In pratica, il presente e il futuro dei siciliani. La delibera parla chiaro. E prende le mosse dalla nota dell'assessore Baccei che parla di “accertata impossibilità di trovare apposite coperture finanziarie a carico del bilancio regionale per la quota di partecipazione al concorso al risanamento della finanza pubblica a carico della Regione siciliana per gli esercizi finanziari 2015/2017”. Così, ecco la richiesta di far ricorso al Fondo per lo Sviluppo e la coesione per una quota di 673 milion di euro annui. Ma non solo. Con quei soldi (e con i Fondi Pac, anche questi teoricamente utili per gli investimenti), il governo punta a coprire anche la quota di cofinanziamento alla programmazione europea 2007/2013 (per 161 milioni), quella per la nuova programmazione 2014/2020 (107 milioni solo per il 2015 e 100 milioni per i due anni successivi). Per farla breve, il presidente della Regione Crocetta firma una delibera con la quale stabilisce che la copertura del concorso al risanamento della finanza pubblica e quella del cofinanziamento alla programmazione comunitaria sarà assicurata per l'importo di quasi 2 miliardi e mezzo “mediante l'utilizzo dell'anticipazione sulle risorse della programmazione del Fondo di sviluppo e coesione 2014/2020 ed eventualmente anche dalle risorse Pac. I fondi per gli investimenti, appunto.
Che il governo romano, però, dice di non voler più concedere alla Sicilia per quegli scopi. “Quest'anno – spiega il sottosegretario all'Istruzione Davide Faraone – abbiamo dovuto affrontare una situazione di emergenza, e il governo Renzi ha voluto dare una mano alla Sicilia. Ma l'esecutivo nazionale ha già comunicato che la stessa cosa non potrà avvenire più, già dall'anno prossimo”. Sarà. Ma intanto, il contenuto di quella delibera è stato tradotto nella Finanziaria attualmente all'esame dell'Assemblea regionale. Anche lì, nell'articolo relativo agli “accantonamenti tributari”, l'utilizzo di quei fondi che dovrebbero servire per risollevare la Sicilia, sono stanziati per coprire la spesa corrente fino al 2017.
Ma Faraone ribadisce: “Dal prossimo anno governo Crocetta dovrà impegnarsi per trovare quelle risorse altrove”. Ma altrove dove? Il governo, capace con l'ultima finanziaria di ottenere un risparmio massimo di circa 200 milioni, dovrebbe riuscire a reperire qualcosa come un miliardo di euro l'anno. Una cifra enorme. Attorno alla quale probabilmente si assisterà al prossimo braccio di ferro tra Palermo e Roma.
Eppure, un possibile tesoretto la Sicilia lo aveva. Ma il governo Crocetta ha deciso di rinunciarvi, lo scorso giugno, in cambio di 520 milioni “cash” utili a chiudere una delle “manovre riparatrici” dell'anno scorso. Un possibile tesoretto da 3,9 miliardi di euro. Somme al centro di contenziosi con lo Stato: cause avanzate quasi tutte dal governo Lombardo tra il 2012 e il 2013 sul mancato riconoscimento dello Statuto. Una decisione sulla quale sono piovute critiche e persino una diffida ufficiale: il presidente Crocetta, insieme all'allora assessore all'Economia Agnello decisero di rinunciare ai soldi dei siciliani senza nemmeno passare dall'Assemblea regionale. I deputati vennero a conoscenza dell'accordo solo “a cose fatte”.
Soldi non sicuri, ovviamente, ma ai quali la Sicilia ha sicuramente deciso di rinunciare. Nonostante sui siciliani al momento gravino debiti ingentissimi. Cresciuti esponenzialmente proprio durante i governi di Rosario Crocetta. Esecutivi che, tra un “salvaimprese” e un altro, sono riusciti nell'impresa di portare un debito che nel 2012 ammontava a circa 5 miliardi, fin sopra l'asticella degli otto miliardi. Fino all'ultimo mutuo. Quello previsto nella Finanziaria attualmente all'Ars: 145 milioni destinati a Comuni e province. E mentre si brinda all'approvazione del bilancio e agli accordi romani, la Sicilia si ritrova piena di debiti. E senza un euro per pensare al proprio futuro.
17 Aprile 2015
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