La Sicilia è ormai al default e la finanziaria che è in discussione in aula potrà solo aggravare la situazione. Sono duri i toni della conferenza stampa tenuta questa mattina su Bilancio e Finanziaria da Gaetano Armao, Riccardo Compagnino, Massimo Costa.
Il Prof. Costa ha sottolineato che le entrate della Regione sono determinate essenzialmente dall’impianto statutario che ancora attende di essere attuato da 70 anni e che vede la Sicilia come l’unica Regione a non aver chiuso gli accordi sul federalismo fiscale con lo Stato.
Peraltro il bilancio sarebbe non veritiero nelle previsioni di crescita economica non allineandosi nemmeno a quelle, già esageratamente ottimistiche del DEF nazionale. Secondo Costa le politiche recessive dovrebbero portare ad un ulteriore recessione, di circa il 2 % di PIL, con le conseguenti diminuzioni di entrata. A questo si aggiungono le duplicazioni di entrate, per circa 450 milioni, per tributi che lo Stato “dovrebbe attribuire” alla Sicilia ma che per adesso affluiscono indiscutibilmente al bilancio dello Stato. Molti i “fondi” perduti per rinunce unilaterali della Regione in questi anni. Fra questi, senza pretesa di completezza, il mancato gettito per i versamenti telematici dirottati sull’erario, la cancellazione della già irrisoria somma di cui all’art. 37 dello Statuto, la rinuncia ai contenziosi, la “scomparsa” della compartecipazione alle accise che aveva giustificato l’incremento del carico della Regione per la spesa sanitaria già dall’esercizio finanziario 2009, la cancellazione di residui attivi che vedono come parte passiva lo stesso Stato inadempiente. Queste sole somme ammontano a circa 12 miliardi (5 per la rinuncia al contenzioso, 5, almeno, per la cancellazione dei residui attivi e così via).

Ma oltre ai fondi, a cui si è rinunciato per sempre, permane devastante il flusso continuo di risorse non attribuite alla Sicilia per la mancata attuazione dello Statuto. Somme che, al netto delle spese che la Regione dovrebbe ancora accollarsi al posto dello Stato, ammontano a circa 5 miliardi di euro l’anno che vengono sistematicamente a mancare dal nostro bilancio.
Sarebbe, dunque, del tutto destituito di fondamento il teorema, diffuso a livello nazionale, del “privilegio” che garantirebbe lo Statuto a discapito e a carico di altre regioni italiane. La realtà ci dice che la Sicilia drena continuamente risorse a favore dello Stato, che non dimostra alcuna attenzione o rispetto per l’economia del nostro territorio, ed appare oggi totalmente indifesa, dal Governo regionale in primo luogo, ma purtroppo anche dalle altre forse politiche presenti in Assemblea, tutte più o meno legate a centrali politiche esterne all’Isola.
Per Riccardo Compagnino il bilancio 2015, con queste consistenze finanziarie, non è approvabile e se lo fosse non solamente si priverebbe di veridicità questo indispensabile documento per la vita di questa isola, ma si sottrarrebbero risorse dei siciliani ai siciliani.
Il bilancio elaborato dal Governo Crocetta, ed in attesa di divenire legge regionale, infatti ignora la nuova legge di contabilità pubblica in vigore dal 1° gennaio 2015 ed in particolare il riaccertamento straordinario dei residui , adempimento che avrebbe fatto finalmente chiarezza nei rapporti finanziari con lo Stato.

Coloro che lo hanno proposto e coloro che lo voteranno si intestano una spregiudicatissima operazione finanziaria che oltre a privare la Sicilia di indispensabili risorse finanziarie , mai riconosciute nel tempo dallo Stato, crea un pericolosissimo precedente per l’intera pubblica amministrazione (rilevare entrate virtuali e non contabilizzare risorse finanziarie certe , i residui attivi nei confronti dello Stato).
Gaetano Armao ha sottolineato che il documento di economia e finanza del Governo Renzi, all’esame delle Camere mette da parte del tutto la questione meridionale ed il dramma della Sicilia. Si determina un vero e proprio annichilimento del sud nella politica economica del Paese. E la Sicilia è la metafora di questa vicenda. Ma non si tratta di una svista.
Nelle scorse settimane esponenti del Governo hanno addirittura affermato: “il 2015 sarà l’anno del Sud, che crescerà in percentuale più del Nord in termini di PIL’ (il Ministro Del Rio); “il tema va riaperto, senza politiche specifiche, solo con politiche generali, ma senza risorse aggiuntive” (il Ministro Padoan).
Il Sud ha smesso di essere una “questione” ed è stato rimosso dall’agenda politica. Non ve ne è traccia nelle ultime dichiarazioni programmatiche del Governo statale, nelle deleghe ministeriali, nelle misure di politica economica, scomparso dal dibattito sulla riforma costituzionale, ridotto ai minimi termini negli investimenti infrastrutturali. Le cose non stanno come le descrive nel DEF il Governo. Il Sud e la Sicilia rimangono inchiodati alla crisi.
Il divario cresce. Nello scostamento tra andamento del PIL del centro-nord (+0,7%) e sud-isole (-0,4%), quest’ultimo ha registrato nel 2014 una flessione dell’1,3%, sprofondando a -14,5% rispetto al 2007, Immaginando una crescita del PIL regionale costante all’1% attenderemo così sino al 2030 per ritornare ai livelli pre-crisi.
La recessione nel periodo 2008-13 ha ridotto gli occupati nel Mezzogiorno di 520.000 unità (-8,2%), oltre due volte e mezzo il calo di 193.000 unità (-1,2%) registrato nel Centro Nord e nel Sud il tasso di disoccupazione (20,7%) è prossimo a quello Grecia (Centro studi Confartigianato). Ieri addirittura il giornale di Confindustria, utilizzando le risultanze della Fondazione Hume, ha dovuto precisare che la diseguaglianza in Italia cresce ed il rapporto Pil pro capite nord sud tornato alle percentuali del secondo dopoguerra, quantifica ‘in misura drammatica’ a poco più del 50% evidenzia l’impoverimento costante di 20 milioni di Italiani e 5 milioni di Siciliani.
Torniamo quindi alle Ragioni che condussero alla battaglia per l’autonomia 70 anni fa che il duo Renzi-Crocetta, le facci di una stessa medaglia, intende azzerare. E queste tendenze dimostrano come questa deriva sarebbe ancor più pericolosa senza il presidio della specialità.
“La Sicilia è ormai al default – ha continuato Armao – non più virtuale, ma effettivo grazie alla incapacità dei governi Crocetta e per colpa di quella bancarotta preferenziale di cui parliamo da mesi nei confronti del governo nazionale. Ma alle convenienze delle burocrazie politiche nazionali conviene nascondere la povere sotto il tappeto e t’irare a campare’. Ę così vanno segnalate:
- la mancata conclusione degli accordi di federalismo fiscale – sostanziale attività della Commissine paritetica;
-la rinuncia a circa 6 miliardi con l’accordo scellerato del 4.6.14,
Siglato da Crocetta e l’ultima sentenza emblematica della Corte costituzionale, la n. 65/201, non potrà dispiegare effetti per le finanze regionali a causa della clausola di remissione dei contenziosi di quell’accordo;
la riduzione irragionevole della compartecipazione statale dal 50% al 25%. Sulla programmazione europea che riduce gli investimenti per la Sicilia;
la sottrazione di 1 md di investimenti con la finanziaria dello Stato;
l’accensione di nuovo 1,5 md di nuovo debito per coprire i mancati pagamenti dello Stato;
l’utilizzazione di oltre 1 md di fondi Pac e FSC solo per garantire il contributo agli equilibri di finanza pubblica;
Ed infine la retorica dei residui attivi ….. 9 miliardi verso lo Stato che Crocetta sta rimettendo ossequiosamente e senza nulla contestare impoverendo ancor più la Sicilia”.

“Crocetta e Baccei portano a termine il lavoro di devastazione delle finanze pubbliche della Sicilia – ha concluso Armao -. Dopo aver rinunciato a 9 miliardi di risorse dei siciliani in favore dello Stato, senza neanche concludere il negoziato sul federalismo, il governo regionale – sostenuto dalla rabberciata maggioranza – dimostra l’incapacità di concepire riforme e crescita e vara documenti finanziari senza consistenza, che impegnano risorse “nelle more” di improbabili accordi con lo Stato, subordinati alle beghe di partito. Una finanza “depressiva” che consente di conseguire quella bancarotta preferenziale perseguita in favore dello Stato che denunciamo da tempo. Diritti e prerogative discendenti dallo Statuto sono stati trasformati in invocazioni, la Sicilia è stata così portata in ginocchio al default da ‘approssimatori col cappello in mano’, con l’obiettivo di ridurla alla fame e sottrarle l’autonomia in perfetta sintonia tra il Governo nazionale e Crocetta. Sovradimensionamento delle entrate, omessa riforma della spesa, risorse per investimenti restituite o utilizzate per la spesa corrente, sino alla rinuncia agli effetti delle ultime sentenze favorevoli della Corte costituzionale”
A conclusione è stata annunciata l’iniziativa per il 15 maggio prossimo – #15cinque15 – che si terrà a Palermo a Piazza Massimo per l’autodeterminazione della Sicilia e per mandare a casa un Presidente inadeguato e che ha tradito l’autonomia.

27 Aprile 2015
http://palermo.blogsicilia.it/regione-ormai-al-default-sicilia-nazione-contro-il-governo-crocetta/294734/