Maltempo, si chiede stato
di calamità: 50 anni di sprechi
Imperversa il maltempo. Danni
all’agricoltura, frane, allagamenti. Alberi sradicati, strade
interrotte, comuni in difficoltà. In testa alla lista, il Palermitano e
l’Agrigentino. I sindaci e alcuni agricoltori chiedono lo stato di calamità
alla Regione e al governo nazionale. Troppo presto per avere una
valutazione dei danni, nelle prossime ore sarà tutto più chiaro,
impossibile avere contezza dell’entità dei danni provocati dal dissesto
idrogeologico sottoposto allo stress meteorologico. Eppure è questa la
valutazione più importante, mai fatta all’indomani delle calamità
naturali.
Si rimane in superfice, allo stato dell’arte:
si fa il conto dei campi allagati e delle colture devastate, delle
strade dissestate, degli alberi sradicati, dei capi di bestiame
inghiottiti dall’acqua, delle conseguenze delle frane, addebitando ogni
cosa agli eventi atmosferici. E tutto finisce lì.
Sarebbe estremamente utile, invece, azzardare un calcolo dei danni
provocati dal dissesto, per potere valutare il risparmio che la
manutenzione e un intervento di assestamento, per quanto possibile,
avrebbe consentito. La cultura della prevenzione in questo campo è
praticamente inesistente, lo prova il fatto che l’Italia è la nazione
con il minor numero di geologi in attività. Si realizzano opere
pubbliche, strade, ponti ed edifici privati senza dare grande rilevanza
allo studio del terreno. Così collassano opere costate ingenti risorse e
si subiscono danni enormi.
Non finisce qui. L’assenza di prevenzione
ha sviluppato una clientela della “riparazione” dei danni provocati
dalle calamità naturali. Per decine d’anni la siccità d’estate e le
piogge d’inverno, hanno alimentato una florida attività, il contributo,
che ha concesso, in alcuni casi, benefit notevoli. Ovviamente non si può
generalizzare, ma è indubbio che in passato è stato mantenuto un
florido flusso di denaro pubblico a favore dei più furbi in un contesto
assistenzialistico e di clientelismo solidale. Ma le cose ora sono
cambiate, c’è più attenzione e, soprattutto, c’è meno denaro da
spendere.
Resta il grosso problema, ancora irrisolto, del dissesto idrogeologico.
Che chiede ingenti quantità di risorse. Invece che giocare d’anticipo,
così, si sta dietro gli eventi, spendendo dieci volte di più.
26 Febbraio 2015
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