Confiscati beni per 22 milioni
a un impreditore di Regalbuto Giuseppe Sandro Monaco
Si dice vittima della mafia ma i pentiti lo accusano
Regalbuto. Confiscati beni per un valore complessivo di 22 milioni di euro, all'imprenditore Giuseppe Sandro Monaco, 59 anni, coinvolto 4 anni fa nell'inchiesta "Iblis" della Dia di Catania, che portò ad una cinquantina di arresti e fece scalpore per il coinvolgimento dell'allora presidente della Regione Raffaele Lombardo. Monaco in primo grado è stato condannato a 12 anni di reclusione. La sentenza emessa lo scorso maggio, ha accolto le tesi della procura antimafia etnea, secondo la quale l'imprenditore di Regalbuto avrebbe avuto stretti rapporti con la famiglia mafiosa etnea "Santapaola Ercolano".
Il provvedimento di confisca è stato eseguito dai carabinieri del Ros di Catania che hanno svolto le indagini che portarono all'operazione Iblis.
I sigilli sono stati apposti dai militari a 26 immobili, 9 imprese e 6 disponibilità finanziarie, tutti beni che entreranno a far parte dei beni dello Stato. Secondo le accuse che nel novembre del 2010 portarono all'arresto di Monaco, l'attività di impresa dell'uomo sarebbe stata a disposizione delle cosche grazie ai rapporti che lo legavano a Vincenzo Aiello, che lo definiva "un amico corretto", insieme al quale avrebbe dovuto partecipare ai lavori del Parco tematico di Regalbuto.
Monaco ha sempre sostenuto di essere stato vittima del racket ed ha ammesso di avere pagato la tangente alla mafia, spiegando di non avere denunciato per il timore di gravi ritorsioni che spesso vengono messe in atto contro le imprese che non si sottomettono al racket. A carico del noto imprenditore ci sono intercettazioni nelle quali viene definito "uno che paga regolarmente", ma anche le dichiarazioni dei pentiti. Di Monaco ha parlato anche Angelo Siino, noto come il "ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra", riferendo che negli anni '90 l'imprenditore regalbutese avrebbe partecipato al "tavolo tecnico" nel quale si decise la spartizione dei lavori pubblici in Sicilia. Cosa Nostra avrebbe "interceduto" in favore degli imprenditori amici nell'Ennese, segnalati dal boss di Caltanissetta Giuseppe Piddu Madonia, per l'appalto di forestazione nel territorio di Enna. Le indagini della magistratura a riscontro delle dichiarazioni di Siino, avrebbero accertato che Monaco si era aggiudicato, con licitazione privata, gli appalti della forestale per diversi miliardi di vecchie lire. A spiegare, invece il significato di una sigla vicina al nome di Monaco su un "pizzino" sequestrato nel corso di una delle tante operazioni antimafia, è stato il pentito Salvatore Chiavetta, secondo il quale la sigla indicava che Monaco era vicino alla cosca capeggiata da Francesco La Rocca di Caltagirone, alla quale pagava il pizzo, ma con uno sconto, proprio perché l'imprenditore era "amico". Per Chiavetta "10 - 5" indica che su una tangente da 10 milioni di vecchie lire a Monaco era permesso pagarne solo 5.
A carico del noto imprenditore, il cui arresto suscitò nell'Ennese grande scalpore, i legami con Aiello che lo definisce come uno "che gli sta alle spalle", frase che per gli inquirenti significa che il capomafia lo considerava di fiducia. Rapporti che sarebbero proseguiti per "oltre 30 anni", come dice Aiello in una intercettazione finita nelle mani dei magistrati antimafia, per i quali la frase indica come i legami con Cosa nostra sarebbero proseguiti, da quel lontano appalto per la forestazione, fino al tentativo di entrare nel grande progetto del Parco tematico, mai realizzato.
Giulia Martorana
17 Dicembre 2014
Nota
Abbiamo da sempre condiviso in pieno le denunce di illeciti e corruzione. Per avere sviluppo bisogna da subito eliminare il malaffare.
Abbiamo da sempre condiviso in pieno le denunce di illeciti e corruzione. Per avere sviluppo bisogna da subito eliminare il malaffare.
Presidente, su questo saremo tutti al suo fianco!
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