L'INTERVISTA
Regione, la Cgil contro la Cisl: "Non serve ridurre i salari per avere sviluppo"
di
Giuseppina Varsalona
Per Michele Pagliaro, segretario della Cgil siciliana, «siamo pronti a
discutere dei contratti di solidarietà che non penalizzano i
dipendenti»
«Per favorire gli investimenti bisogna puntare sull'economia di
prossimità, sulle eccellenze siciliane, che non vengono sfruttate in
maniera adeguata». Ecco la ricetta di Michele Pagliaro, segretario
regionale della Cgil, che non condivide, invece, l'idea della Cisl degli
accordi in deroga: «Non sono la soluzione per attrarre nuovi
investitori e prevedono una riduzione delle retribuzioni previste dal
contratto nazionale. Siamo pronti, invece, a discutere dei contratti di
solidarietà, che non penalizzano i dipendenti».
Segretario, ogni giorno centinaia di lavoratori scendono in piazza, rivendicando stipendi arretrati. È lungo in Sicilia l'elenco dei numeri del declino...
«Dal 2008 a oggi sono andati in fumo 200 mila posti di lavoro. Solo nell'ultimo anno se ne sono persi 38 mila, di cui ben 28 mila nel terziario. Il Pil nel 2014 è calato dello 0,9 per cento, nel 2015 verosimilmente avrà un ulteriore calo dello 0,4. Il manifatturiero ha perso il 40 per cento della capacità produttiva. Con l'uscita di scena della Fiat, la Sicilia nel settore automobilistico ha perso le aziende del diretto e dell'indotto. L'edilizia ha perso 80 mila posti di lavoro e l'agricoltura ha segnato il 12 per cento in meno. In questo scenario, i consumi sono calati del 12 per cento e assistiamo alla crescita dei nuovi poveri, i pensionati che, con un assegno mensile di 700 euro e un'esplosione di tasse, rinunciano a curarsi. Si tratta di spie, che lanciano l'allarme sulla necessità di mettere in campo politiche che consentano di invertire il trend negativo».
Per attrarre nuovi investitori, la Cisl è pronta a definire un accordo regionale e offrire alle imprese che portano nuovi investimenti, per i prossimi 3-4 anni, vantaggi nella fase di avvio, come la riduzione dei minimi contrattuali per i neo assunti e la flessibilità. Cosa ne pensa la Cgil?
«Gli accordi in deroga non sono la soluzione, perché comprimerebbero i costi del lavoro, già alquanto bassi. Gli accordi prevedono che le aziende, in caso di crisi occupazionale, possano fare deroghe al contratto nazionale. In cambio della promessa di ingenti investimenti per l'innovazione, si chiede ai dipendenti l'aumento dei turni, dei ritmi di lavoro, la riduzione dell'assenteismo, la limitazione del diritto di sciopero e soprattutto una riduzione degli stipendi previsti dal contratto nazionale. In questo modo, si scarica sul lavoratore la non efficienza del sistema produttivo».
L'INTERVISTA INTEGRALE NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA
Segretario, ogni giorno centinaia di lavoratori scendono in piazza, rivendicando stipendi arretrati. È lungo in Sicilia l'elenco dei numeri del declino...
«Dal 2008 a oggi sono andati in fumo 200 mila posti di lavoro. Solo nell'ultimo anno se ne sono persi 38 mila, di cui ben 28 mila nel terziario. Il Pil nel 2014 è calato dello 0,9 per cento, nel 2015 verosimilmente avrà un ulteriore calo dello 0,4. Il manifatturiero ha perso il 40 per cento della capacità produttiva. Con l'uscita di scena della Fiat, la Sicilia nel settore automobilistico ha perso le aziende del diretto e dell'indotto. L'edilizia ha perso 80 mila posti di lavoro e l'agricoltura ha segnato il 12 per cento in meno. In questo scenario, i consumi sono calati del 12 per cento e assistiamo alla crescita dei nuovi poveri, i pensionati che, con un assegno mensile di 700 euro e un'esplosione di tasse, rinunciano a curarsi. Si tratta di spie, che lanciano l'allarme sulla necessità di mettere in campo politiche che consentano di invertire il trend negativo».
Per attrarre nuovi investitori, la Cisl è pronta a definire un accordo regionale e offrire alle imprese che portano nuovi investimenti, per i prossimi 3-4 anni, vantaggi nella fase di avvio, come la riduzione dei minimi contrattuali per i neo assunti e la flessibilità. Cosa ne pensa la Cgil?
«Gli accordi in deroga non sono la soluzione, perché comprimerebbero i costi del lavoro, già alquanto bassi. Gli accordi prevedono che le aziende, in caso di crisi occupazionale, possano fare deroghe al contratto nazionale. In cambio della promessa di ingenti investimenti per l'innovazione, si chiede ai dipendenti l'aumento dei turni, dei ritmi di lavoro, la riduzione dell'assenteismo, la limitazione del diritto di sciopero e soprattutto una riduzione degli stipendi previsti dal contratto nazionale. In questo modo, si scarica sul lavoratore la non efficienza del sistema produttivo».
L'INTERVISTA INTEGRALE NELLE PAGINE DEL GIORNALE DI SICILIA IN EDICOLA
18 Ottobre 2014
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