Ricevo e pubblico
I PAROLAI, I FATTIVENDOLI E I PAROLIERI
E’ una presenza storica. In ogni tempo e in ogni categoria loro ci sono. Sopravvivono ai mutamenti epocali, ai cambiamenti sociali, alle trasformazioni mondiali. Sono una forza della natura e della ragione! Loro non commentano, giudicano; non decidono, emettono sentenze. Al bar, nei blog, alle riunioni, nei posti di lavoro, alle assemblee e negli uffici di collocamento; soli o in compagnia, nei giorni di festa e nei giorni feriali, vanno giudicando e sentenziando. Ovviamente non perdono il loro tempo con le piccole cose, con le emergenze quotidiane, con i problemi assillanti e immediati. Loro ragionano, giudicano e sentenziano solo sulle grandi questioni. Certamente non possono definirsi soddisfatti dei piccoli passi che in una zona impervia pure si fanno. L’insoddisfazione permanente è un dono che essi hanno e la loro parola d’ordine è: insoddisfarsi! Il loro messaggio è: non soddisfatevi! Il loro costume è: essere insoddisfatti! La loro filosofia di vita è il pessimismo continuo e costante.
Naturalmente una nutrita schiera di insoddisfatti che seminano il pessimismo con le loro sentenze e i loro giudizi, esiste anche oggi e anche nella nostra categoria. Sono facilmente individuabili: dentro e fuori il sindacalismo confederale, dentro e fuori il sindacalismo autonomo. Hanno collezionato tessere di ogni sindacato, nel nome del loro pessimismo e della loro insoddisfazione; e sempre sentenziando e giudicando. Sono andati a destra, a sinistra e al centro, pessimisti e insoddisfatti ma sempre giudicando e sentenziando. Ne fanno di strada e nella strada, inguaribilmente, sentenziano e giudicano.
Un lavoratore forestale crea un blog che nel giro di qualche anno diventa un punto di riferimento essenziale per la categoria: dibattiti, interviste, proposte, documenti sindacali, rassegne stampa, leggi e circolari; impensabile fino a qualche anno fa e forse è l’unica categoria, la nostra, ad avere a disposizione un simile strumento che è una conquista per tutti. Ma loro non se ne accorgono, e continuano a giudicare e sentenziare e a seminare insoddisfazione e pessimismo.
Siamo in venticinquemila ma ad ogni sciopero partecipa qualche migliaio di lavoratori? Loro sanno il perché: la colpa è del Sindacato! Si fanno accordi con il governo che poi vengono disattesi perché per la prima volta nella storia abbiamo una classe politica spudorata che non si vergogna di smentire la propria firma? Per essi la colpa è del Sindacato! Dirigenti e delegati sindacali si battono con la critica e il dibattito, dentro il Sindacato, per cambiare linea? Per essi la colpa è dei dirigenti e delegati che non mollano il Sindacato! Qualcuno fa delle proposte? Per essi sono solo parole! Qualcuno, anche dentro il Sindacato, contesta pubblicamente l’articolo 12? Per essi si tratta di parole! Qualcuno propone nell’attivo unitario che lo sciopero generale deve essere selvaggio, con la pianificazione dell’occupazione di porti, aeroporti e stazioni ferroviarie perché il Sindacato deve tornare a fare paura? E loro, se sono presenti, stanno in silenzio e poi, finito l’attivo, tirano fuori gli scioperi bianchi e gialli. Qualcuno, nell’attivo unitario, afferma di avere una diversa idea del riordino e per questo pubblicamente si dimette dalla segreteria ed esce polemicamente dalla sala? E loro, se sono stati presenti, sono rimasti seduti; poi fuori hanno sentenziato che il tizio pensa per se! Qualcuno guida un’autoconvocazione in Assessorato per i salari? E loro dicono che si tratta di parole perché altri sono i problemi.
La loro sentenza, il loro giudizio è sempre uno: parole, parole, parole. Sono parolai nati! Giudicano e sentenziano usando parole. E con le loro parole producono i fatti che gli altri non fanno. E qual è questo grande fatto prodotto dai parolai? Il lamento, l’autoflagellazione, il piangersi addosso, il vittimismo figlio legittimo del pessimismo!
Basta coi parolai, basta coi fattivendoli. Le battaglie si vincono o si perdono ma vanno combattute: a piccoli o a grandi passi, per conquistare un metro o un chilometro, e si può anche perdere ma poi si deve ricominciare, senza piagnistei, senza sentenze, senza giudizi ma con l’entusiasmo. Oggi, in Sicilia, siamo l’unica categoria che bene o male è sopravvissuta alla scure del Commissario dello Stato, alla crisi economica e finanziaria, ad una classe politica latitante, ad una burocrazia egoista. A morsi e calci lavoriamo e le giornate e i salari sono in qualche modo garantiti dalle nostre lotte quotidiane. Non siamo come gli Lsu, certo, tra i quali vi sono mogli, amanti e parenti di politici e burocrati i quali non lavorerebbero mai in montagna. Ma non abbiamo fatto la fine dei lavoratori della Formazione (ai quali va la nostra solidarietà) e siamo ancora qui e nelle piazze, autonomi o confederali, perche ci crediamo. E non abbiamo bisogno dei parolai e dei fattivendoli. Abbiamo invece bisogno di parolieri, e di parole chiare e sincere, di parole vere, di parole e pensieri (direbbe Lucio Battisti), di parole che creano proposte, di parole che creano azione, di parole che spingano il movimento del Sindacato e della categoria. I tempi sono duri, sentenziare sul passato è sterile onanismo. Qui siamo arrivati e da qui dobbiamo ripartire: con ottimismo, con entusiasmo, e con parole di battaglia, dentro e fuori il Sindacato, dentro e fuori questo blog, dentro e fuori il cantiere di lavoro. Mai, come adesso, siamo in guerra. Ed è una guerra di classe: noi operai contro tutti coloro che operai non sono. E la guerra non è stata dichiarata ma l’hanno iniziata loro contro gli operai e all’insaputa degli operai. E la guerra va combattuta. Con le sue tregue che devono restare armate. Armate di parole perché dobbiamo sempre avere una proposta in più nel nome della quale organizzare uno sciopero in più quando e se sarà necessario. O saremo parolieri e costruttori d’azione o finiremo parolai e fattivendoli. Nel primo caso avremo combattuto, vinto o perso, sbagliando o indovinando ma avremo combattuto, dentro e contro il Sindacato ma da categoria!. Nel secondo caso avremo fatto il gioco del nemico, gli utili idioti del sistema.
E per oggi basta! Su questo argomento non tornerò mai più, qualunque sia la sentenza o il giudizio che arriverà. Preferisco dedicare tempo e parole a quella che credo una lotta giusta, che probabilmente non finirà mai, ma che certamente non finirà a causa del mio improbabile, lamentoso silenzio.
Angelo Ingrassia
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