Il boschetto delle dune
Nel 2002 l'associazione ambientalista aveva presentato un progetto per ripristinare e curare l'area boschiva, ma la Regione voleva soldi
Il progetto presentato nel 2002 da Legambiente.
Se fosse andato a buon fine ora ci sarebbe una riserva naturale
in
piena zona balneare pulita e fruibile.
Foto lasicilia.it
Quella che oggi è un "terra di nessuno" che ospita solo degrado sarebbe potuto divenire, già 12 anni fa, una piccola "oasi" nel cuore di San Leone. Stiamo parlando, ancora una volta, del boschetto di viale Dune, del quale ci eravamo occupati alcuni giorni fa evidenziando come, ad oggi, mancasse qualsiasi forma di manutenzione dell'area da parte di alcuno. Abbiamo ora scoperto che, nel lontano 2002 il circolo "Rabat" di Legambiente aveva chiesto la concessione demaniale della zona per attuare un progetto di riqualificazione, recupero e fruizione turistico-didattica.
"Avevamo intenzione di avviare lavori di manutenzione boschiva con un progetto che coinvolgeva anche i detenuti del Carcere Petrusa - spiega Daniele Gucciardo, del direttivo dell'associazione ambientalista -, ma alla fine di un lungo iter autorizzativo durato 2 anni per ottenere una decina di pareri da diversi enti (Soprintendenza, forestale, Agenzia delle dogane, Capitaneria di Porto, Guardia di finanza, Genio civile opere marittime ecc), la Regione ci chiese un canone tanto alto da costringerci a rinunciare alla richiesta di affidamento". Complessivamente, infatti, il Demanio regionale ritenne di chiedere per canoni dal 2004 al 2007 ben 43.778 euro per un'area di di 60.000 metri quadri.
"Ci aspettavano un abbattimento del canone molto più consistente di quello che ci è stato comunque riconosciuto - ha detto Gucciardo -. Ci hanno trattato come se il nostro fine fosse quello di realizzare un chiosco e non quello di recuperare la flora rivierasca preservandola dalla fruizione indiscriminata. Purtroppo - conclude - la nostra proposta non rientrava negli schemi abituali delle concessioni demaniali marittime e quindi non è stato possibile pensare ad alcun approccio diversificato.
Il progetto, in sintesi, proponeva la creazione di barriere in cannicciato per ridurre il "calpestio indiscriminato", la tutela del patrimonio esistente e la piantumazione di nuovi esemplari, oltre una necessaria attività di divulgazione anche attraverso pannelli didattici e di vigilanza non, si spiega, per impedire la fruizione, ma per evitare che l'eccessiva presenza di persone potesse alterare ulteriormente l'equilibrio naturale. Nella relazione che accompagnava la richiesta di autorizzazione, infatti, si indicava già dodici anni fa come lo stato di salute della macchia presente - in parte spontanea, in parte, come i pini e gli eucaliptus impiantata negli anni ‘60 per ridurre l'erosione costiera- fosse assolutamente precario. A distanza di 12 anni, quindi, l'unico risultato ottenuto è stato quello di avere ancora un boschetto abbandonato, di cui nessuno vuole (o può) prendersi cura e non è entrata nessuna somma nelle casse pubbliche.
Gioacchino Schicchi
25 Agosto 2014
La forestale con i suoi uomini deve essere in prima linea nella manutenzione boschiva per far rinascere la zona.
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