Le trappole per il presidente
Crocetta adesso è all'angolo
Il dato elettorale ha indebolito il presidente Crocetta. E già da domani, tra Finanziaria e Sanità, il governatore rischia di cadere nelle nuove trappole di avversari e compagni di partito. Intanto, migliaia di lavoratori protesteranno davanti Palazzo dei Normanni.
Ha detto che sfilerà con loro. Ma intanto, migliaia di lavoratori domani protesteranno contro il suo governo.
Il presidente della Regione, in realtà, nonostante il richiamo ai tanti
siciliani in difficoltà, nonostante le suggestioni di una mobilitazione
popolare da innescare contro la vecchia politica che ostacola il
cambiamento, è solo. Sempre più solo.
Il dato elettorale, infatti, lo rende ancora più debole. All'interno e all'esterno. Michela Stancheris, volto “giovane” ed extrasiculo della lista del Pd non ha sfondato. Nonostante a sostenerla ci fosse il governatore in persona, impegnatissimo in campagna elettorale. Oltre ai fedelissimi di Crocetta. Di vecchia e fresca data. Da Beppe Lumia, insomma, a Totò Cardinale. E soprattutto nonostante la “macchina elettorale” della Stancheris potesse fondarsi anche sull'atteggiamento non certo ostile di tanti rami della pubblica amministrazione. “Qualche funzionario regionale invia persino email elettorali”, denunciavano i cuperliani, sollevando ombre anche sui comportamenti di qualche esponente della Sanità siciliana.
E da lì si riparte, domani. Dalla Sanità e dai lavoratori. Le trappole per il governatore sono già disseminate tra le stanze del potere. Dalla prima commissione dell'Ars, insomma, dove i manager indicati da Crocetta attraverso uno “strappo” violento nei confronti del segretario regionale Raciti, verranno passai ai raggi “x” dai commissari guidati da Antonello Cracolici. Che ha, giusto per ricordarne una, accusato nei giorni scorsi il presidente di “alto tradimento” nei confronti del Partito democratico. Fino a Sala d'Ercole, dove approderà la “manovrina”. Che sembra adesso essere al centro di tutto. Nonostante alla fine non risolverà molto. Nella migliore delle ipotesi, infatti, l'Ars domani – o nel corso di questa settimana – potrebbe approvare una norma in grado di assicurare gli stipendi per un altro mese. Nulla più. Poi si dovrà lavorare a una Finanziaria “vera”. Ma c'è il rischio che già da domani inizi un nuovo “braccio di ferro”. Un nuovo stillicidio di polemiche e contrapposizioni, in grado di impantanare nuovamente la Sicilia.
La commissione bilancio, infatti, nei giorni scorsi si è già espressa in maniera molto chiara riguardo all'intenzione del governo di finanziare con i risparmi della Sanità (circa 100 milioni di euro) Comuni e Forestali. Un'idea respinta al mittente, appunto, da deputati in formazione “trasversale”: la copertura è incerta e persino inutile, visto che libererebbe quelle somme, comunque, non prima della fine di luglio. Una tesi sposata non solo dal presidente della commissione ed esponente di spicco dell'Udc Nino Dina, ma anche, ovviamente, dai cuperliani di Cracolici e persino dal leader di Articolo 4 Lino Leanza.
E allora, come pensa il presidente di andare allo scontro? Con quali armi, e con quali numeri? È questo l'interrogativo che accompagnerà le prossime mosse di un governo di minoranza. Un governo capace, paradossalmente, di assottigliare, ora dopo ora, il proprio consenso all'interno di Sala d'Ercole. Una condizione non del tutto colta, o forse colta troppo bene dal governatore. Che continua – anche in queste ore – a contrapporre la politica “lenta e litigiosa” alla gente. Ai lavoratori. Al fianco dei quali intende sfilare. Una posizione che però, alla luce del risultato elettorale e dagli umori con i quali sono state raccolte le ultime uscite pubbliche del governatore in occasione dei comizi a sostegno della Stancheris, appare “neronesca”. Il governatore continua a dire ai quattro venti di essere amato dalla gente. Di poter godere su un consenso ampio, diffusissimo, fuori dal palazzo. Forse incoraggiato da nuovi sostenitori che applaudono, spesso, agli arpeggi “rivoluzionari” del presidente nonostante siano stati a lungo massimi rappresentanti del passato politico da cancellare. Di cui vergognarsi.
I numeri, però, parlano chiaro. E sono impietosi. Dentro e fuori dal Palazzo. Tra i corridoi e le strade. Crocetta non ha più una maggioranza. Ed è messo all'angolo anche da alcune delle forze interne del Pd che poche settimane fa sono state prontissime a chiudere l'accordo per il nuovo governo. Quello senza i cuperliani. E che oggi sono tentate da una sorta di "commissariamento" politico nei confronti del presidente.
E i problemi sono anche fuori, dicevamo, dove il candidato sostenuto dal primo presidente siciliano di centrosinistra eletto dal popolo, ha perso di fronte a una candidata, Caterina Chinnici contro la quale Crocetta si cagliò violentemente in occasione della direzione nazionale del Pd. E che, secondo l'analisi politica del governatore a poche ore da quella direzione, “non era un buon candidato perché non in grado di ottenere un grande consenso in termini di voti”. Già. Appena il doppio della candidata di Crocetta. Con la ciliegina sulla torta di una vittoria ottenuta persino a Gela. Nemmeno lì, il governatore è stato in grado di vincere. Sconfitto dai candidati dei suoi ex amici-nemici, come Lillo Speziale.
Senza contare il fatto che lo stesso Fiandaca, pur non ottenendo, forse, il successo sperato, si è comunque piazzato prima della Stancheris. E un distacco ancora maggiore alla candidata del governatore è quello inflitto dalla vera sorpresa di queste elezioni, Michela Giuffrida, espressione sì di Articolo 4, ma anche di un progetto politico che ha visto il movimento di Leanza “dribblare” la possibile federazione con Drs e Megafono. Si “smarcarsi”, nei limiti del possibile, dall'abbraccio del governatore e dei suoi fedelissimi. Un scelta, insieme a quella di un candidato credibile e al di fuori di certe stantìe polemiche che hanno accompagnato questa tornata (non a caso, come Caterina Chinnici, nonostante quest'ultima fosse stata pesantemente tirata in ballo da Crocetta per il suo passato con Lombardo), che è stata (stra)premiata dalla gente.
Il presidente insomma è all'angolo. Mai come in questo momento. E ha bisogno di una via d'uscita. Davanti non ce ne sono molte. Da un lato, potrebbe osservare i movimenti del nuovo soggetto moderato Ncd-Udc, considerato che in giunta c'è già un pezzo di quello che D'Alia ha già individuato come un soggetto politico nuovo, i centristi appunto. O potrebbe, e forse è la strada più percorribile, tornare a sedersi con i cuperliani. Ammesso che le distanze, oggi, siano ancora colmabili. Oppure, staccare la spina. Per chiedere alla gente – che il presidente considera ancora dalla sua parte – se vuole ancora questo presidente. Lui, intanto, ha promesso che domani sfilerà con loro. Contro tutti. Persino contro se stesso.
PALERMO - Il dato elettorale, infatti, lo rende ancora più debole. All'interno e all'esterno. Michela Stancheris, volto “giovane” ed extrasiculo della lista del Pd non ha sfondato. Nonostante a sostenerla ci fosse il governatore in persona, impegnatissimo in campagna elettorale. Oltre ai fedelissimi di Crocetta. Di vecchia e fresca data. Da Beppe Lumia, insomma, a Totò Cardinale. E soprattutto nonostante la “macchina elettorale” della Stancheris potesse fondarsi anche sull'atteggiamento non certo ostile di tanti rami della pubblica amministrazione. “Qualche funzionario regionale invia persino email elettorali”, denunciavano i cuperliani, sollevando ombre anche sui comportamenti di qualche esponente della Sanità siciliana.
E da lì si riparte, domani. Dalla Sanità e dai lavoratori. Le trappole per il governatore sono già disseminate tra le stanze del potere. Dalla prima commissione dell'Ars, insomma, dove i manager indicati da Crocetta attraverso uno “strappo” violento nei confronti del segretario regionale Raciti, verranno passai ai raggi “x” dai commissari guidati da Antonello Cracolici. Che ha, giusto per ricordarne una, accusato nei giorni scorsi il presidente di “alto tradimento” nei confronti del Partito democratico. Fino a Sala d'Ercole, dove approderà la “manovrina”. Che sembra adesso essere al centro di tutto. Nonostante alla fine non risolverà molto. Nella migliore delle ipotesi, infatti, l'Ars domani – o nel corso di questa settimana – potrebbe approvare una norma in grado di assicurare gli stipendi per un altro mese. Nulla più. Poi si dovrà lavorare a una Finanziaria “vera”. Ma c'è il rischio che già da domani inizi un nuovo “braccio di ferro”. Un nuovo stillicidio di polemiche e contrapposizioni, in grado di impantanare nuovamente la Sicilia.
La commissione bilancio, infatti, nei giorni scorsi si è già espressa in maniera molto chiara riguardo all'intenzione del governo di finanziare con i risparmi della Sanità (circa 100 milioni di euro) Comuni e Forestali. Un'idea respinta al mittente, appunto, da deputati in formazione “trasversale”: la copertura è incerta e persino inutile, visto che libererebbe quelle somme, comunque, non prima della fine di luglio. Una tesi sposata non solo dal presidente della commissione ed esponente di spicco dell'Udc Nino Dina, ma anche, ovviamente, dai cuperliani di Cracolici e persino dal leader di Articolo 4 Lino Leanza.
E allora, come pensa il presidente di andare allo scontro? Con quali armi, e con quali numeri? È questo l'interrogativo che accompagnerà le prossime mosse di un governo di minoranza. Un governo capace, paradossalmente, di assottigliare, ora dopo ora, il proprio consenso all'interno di Sala d'Ercole. Una condizione non del tutto colta, o forse colta troppo bene dal governatore. Che continua – anche in queste ore – a contrapporre la politica “lenta e litigiosa” alla gente. Ai lavoratori. Al fianco dei quali intende sfilare. Una posizione che però, alla luce del risultato elettorale e dagli umori con i quali sono state raccolte le ultime uscite pubbliche del governatore in occasione dei comizi a sostegno della Stancheris, appare “neronesca”. Il governatore continua a dire ai quattro venti di essere amato dalla gente. Di poter godere su un consenso ampio, diffusissimo, fuori dal palazzo. Forse incoraggiato da nuovi sostenitori che applaudono, spesso, agli arpeggi “rivoluzionari” del presidente nonostante siano stati a lungo massimi rappresentanti del passato politico da cancellare. Di cui vergognarsi.
I numeri, però, parlano chiaro. E sono impietosi. Dentro e fuori dal Palazzo. Tra i corridoi e le strade. Crocetta non ha più una maggioranza. Ed è messo all'angolo anche da alcune delle forze interne del Pd che poche settimane fa sono state prontissime a chiudere l'accordo per il nuovo governo. Quello senza i cuperliani. E che oggi sono tentate da una sorta di "commissariamento" politico nei confronti del presidente.
E i problemi sono anche fuori, dicevamo, dove il candidato sostenuto dal primo presidente siciliano di centrosinistra eletto dal popolo, ha perso di fronte a una candidata, Caterina Chinnici contro la quale Crocetta si cagliò violentemente in occasione della direzione nazionale del Pd. E che, secondo l'analisi politica del governatore a poche ore da quella direzione, “non era un buon candidato perché non in grado di ottenere un grande consenso in termini di voti”. Già. Appena il doppio della candidata di Crocetta. Con la ciliegina sulla torta di una vittoria ottenuta persino a Gela. Nemmeno lì, il governatore è stato in grado di vincere. Sconfitto dai candidati dei suoi ex amici-nemici, come Lillo Speziale.
Senza contare il fatto che lo stesso Fiandaca, pur non ottenendo, forse, il successo sperato, si è comunque piazzato prima della Stancheris. E un distacco ancora maggiore alla candidata del governatore è quello inflitto dalla vera sorpresa di queste elezioni, Michela Giuffrida, espressione sì di Articolo 4, ma anche di un progetto politico che ha visto il movimento di Leanza “dribblare” la possibile federazione con Drs e Megafono. Si “smarcarsi”, nei limiti del possibile, dall'abbraccio del governatore e dei suoi fedelissimi. Un scelta, insieme a quella di un candidato credibile e al di fuori di certe stantìe polemiche che hanno accompagnato questa tornata (non a caso, come Caterina Chinnici, nonostante quest'ultima fosse stata pesantemente tirata in ballo da Crocetta per il suo passato con Lombardo), che è stata (stra)premiata dalla gente.
Il presidente insomma è all'angolo. Mai come in questo momento. E ha bisogno di una via d'uscita. Davanti non ce ne sono molte. Da un lato, potrebbe osservare i movimenti del nuovo soggetto moderato Ncd-Udc, considerato che in giunta c'è già un pezzo di quello che D'Alia ha già individuato come un soggetto politico nuovo, i centristi appunto. O potrebbe, e forse è la strada più percorribile, tornare a sedersi con i cuperliani. Ammesso che le distanze, oggi, siano ancora colmabili. Oppure, staccare la spina. Per chiedere alla gente – che il presidente considera ancora dalla sua parte – se vuole ancora questo presidente. Lui, intanto, ha promesso che domani sfilerà con loro. Contro tutti. Persino contro se stesso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
26 Maggio 2014
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