Classe politica siciliana incapace e sprecona
L’atto d’accusa della Corte dei Conti
Una condanna per l’intera classe politica della Regione che “davanti alle condizioni di povertà delle famiglie,
alle disastrose condizioni economiche dei siciliani “non riesce a dare
risposte concrete ai bisogni dei cittadini, occupandosi prevalentemente
di se stessa e, sempre più spesso, sottraendo ricchezza al Paese, depredando nei più diversi modi, ed in questo la realtà supera spesso la fantasia, le risorse pubbliche che dovrebbero essere destinate alla crescita”.
E’ durissima nella sua prima relazione da presidente sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Luciana Savagnone. Un attacco diretto alla politica che non ammette repliche “Se i cittadini più sfortunati e più poveri spesso delinquono - continua -perché mossi dal bisogno, nessuna giustificazione può addurre colui che, essendo un rappresentante politico, è un privilegiato”.
Un j’accuse impietoso. “La corruzione della classe politica è dettata, allora, soltanto da una incontrollata smania di ricchezza e di potere. Essa non solo rappresenta un fenomeno detestabile e biasimevole dal punto di vista morale, ma costituisce una concausa determinante dell’impoverimento dell’intera nazione, per quello di cui ci si appropria ed ancora di più per ciò che, con le risorse sottratte, lo Stato sarebbe stato in grado di fare”. Un malaffare, secondo il presidente della Corte dei Conti che va a braccetto con gli affari di Cosa Nostra.
“In Sicilia, peraltro, il fenomeno corruttivo spesso lambisce e si intreccia con gli interessi dell’universo mafioso, ma anche quando è del tutto estraneo ad esso, in qualche modo, lo favorisce. I reati di corruzione, infatti, anche quelli apparentemente di scarso rilievo, rendono più fertile il terreno su cui cresce e si sviluppa la delinquenza mafiosa, attraverso il perseguimento di interessi economici comuni, connivenze, reciproche protezioni. Anche all’interno della pubblica amministrazione molteplici vicende, aventi rilievo penale, hanno coinvolto dipendenti, mortificando ed umiliando coloro che con onestà e fatica si dedicano al lavoro”.
E’ durissima nella sua prima relazione da presidente sezione giurisdizionale della Corte dei Conti Luciana Savagnone. Un attacco diretto alla politica che non ammette repliche “Se i cittadini più sfortunati e più poveri spesso delinquono - continua -perché mossi dal bisogno, nessuna giustificazione può addurre colui che, essendo un rappresentante politico, è un privilegiato”.
Un j’accuse impietoso. “La corruzione della classe politica è dettata, allora, soltanto da una incontrollata smania di ricchezza e di potere. Essa non solo rappresenta un fenomeno detestabile e biasimevole dal punto di vista morale, ma costituisce una concausa determinante dell’impoverimento dell’intera nazione, per quello di cui ci si appropria ed ancora di più per ciò che, con le risorse sottratte, lo Stato sarebbe stato in grado di fare”. Un malaffare, secondo il presidente della Corte dei Conti che va a braccetto con gli affari di Cosa Nostra.
“In Sicilia, peraltro, il fenomeno corruttivo spesso lambisce e si intreccia con gli interessi dell’universo mafioso, ma anche quando è del tutto estraneo ad esso, in qualche modo, lo favorisce. I reati di corruzione, infatti, anche quelli apparentemente di scarso rilievo, rendono più fertile il terreno su cui cresce e si sviluppa la delinquenza mafiosa, attraverso il perseguimento di interessi economici comuni, connivenze, reciproche protezioni. Anche all’interno della pubblica amministrazione molteplici vicende, aventi rilievo penale, hanno coinvolto dipendenti, mortificando ed umiliando coloro che con onestà e fatica si dedicano al lavoro”.
01 Febbraio 2014
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