Pip Pip hurrà per Rosario Crocetta
Con i suoi 3.516 precari inseriti nel piano dell'integrazione professionale e sparpagliati tra musei, tribunali, scuole e onlus, più che governo della rivoluzione quello del presidente della regione Sicilia sembra il governo della conservazione
di Carmelo Caruso
Li ha sedotti accordandogli l’ennesimo sussidio e per suggellare il patto si è affacciato dalla loggia monumentale di Palazzo d’Orleans come fosse un viceré o un caudillo sudamericano.Il rivoluzionario Rosario Crocetta, che aveva promesso «mai più assistenzialismo senza macelleria sociale», non ha rinunciato a sovvenzionare ancora una volta un esercito di «misérables» tutto panze, baffi e sudore che a Palermo chiamano «Pip»: 3.516 precari che in occasione della finanziaria regionale hanno ridotto la città in un immondezzaio e minacciato il solito ’48 poi finito in un carosello di festeggiamenti.
E ne ha fatto i suoi moschettieri mettendosi alla loro testa e facendone un corpo di fedeli come avevano già fatto i predecessori Totò Cuffaro e Raffaele Lombardo, assegnandogli addirittura un aumento di stipendio da 100 euro che gli è valso il saluto liberatorio di una plebe che, tra deroghe e stabilizzazioni, è costata alla Sicilia dal 1999 a oggi più di 352 milioni di euro, la più grande sacca di precariato che esista nel Paese, stipata negli uffici di Palermo a braccia conserte e senza mansione perché, come scrive Oscar Wilde, «il non fare nulla è la cosa più difficile del mondo».
Basti pensare che furono ben 28 mila, tutti disoccupati, nel 1999 a fare richiesta al comune e pagare anche una tangente per entrare nella lista dei 1.240 Pip (piano per l’integrazione professionale, da qui l’acronimo): nelle intenzioni della regione avrebbero dovuto svolgere «solo» un anno di stage retribuito a 800 mila lire al mese. Un’opera da tre soldi che si addizionava ad altri 1.036 soggetti, ex alcolisti, ex tossicodipendenti, ragazze madri e mafiosi da reinserire in società.
«Anche i mafiosi, certo. Mica la legge lo impediva, non lo esplicitarono» ammette Mimmo Russo, consigliere comunale con un passato nell’Msi, l’unico che potesse permettersi di tenere un comizio in un teatro con 5 mila persone e chiamare tra gli ospiti il presidente della regione. «Parliamo di un sottoproletariato di cui mai nessuno s’era occupato, io ne ho fatto una ragione di vita».
Ma neppure la sua abnegazione sarebbe arrivata dove è giunta la volontà del commissario straordinario comunale Guglielmo Serio, che in un solo colpo ne ha raddoppiato la consistenza come un miracolo di pani e pesci portandoli a 2.480 proprio in vista delle elezioni comunali del 2001. C’è tutta la geografia del malessere palermitano tra questi Pip: Zen, Brancaccio, Noce, Zisa, Borgonuovo, i quartieri dei film di Ciprì e Maresco, che s’ingrossa e giunge all’agguato o alla minaccia.
Come quando fecero recapitare un’autobotte piena di benzina sotto il comune. Anche Cuffaro, che in un primo momento si era detto pronto a non finanziarli, fu costretto a garantirgli i 36 milioni annuali nel corso della sua legislatura e a farli confluire, nel 2003, in una società con uno stipendio di 516 euro.
Nel 2005, grazie a una protesta, si passa a 620 euro con assegni familiari e contributi Inps, fino a giungere a 720 euro nel 2005 con astuzia di Russo («Sono i figli che non ho mai avuto») e la complicità di Lombardo, che da sussidiati li trasforma in contrattualizzati della regione inserendoli in una onlus, una scatola di comodo dato che lo stipendio lo paga la tesoreria regionale attraverso l’assessorato alla Famiglia.
Il resto è il cavillo al servizio del precario: «Dato che veniva erogato dall’assessorato alla Famiglia, dimostrai che era un sussidio alla famiglia e quindi ho permesso a 33 padri che andavano via di essere rimpiazzati dai figli, ma solo 33» puntualizza Russo. Oggi sono 1.230 nei dipartimenti della regione, 240 nei musei, 116 negli uffici della provincia, 273 in enti regionali, 175 nei tribunali, 334 negli ospedali, 85 nelle università, 489 nelle scuole, 178 in enti religiosi, 62 nelle onlus.
Uscieri, bidelli, passacarte, custodi, un paese mimetizzato nella burocrazia siciliana, per i quali non bastano neanche le sedie per farli accomodare, tanto da inventarsi la figura del «camminatore», funzionario che come missione ha quella di fare circolare documenti da una stanza all’altra degli uffici.
«Esistono pure quelli con un secondo lavoro» ammette uno dei Pip che difende la sua onestà. La sua come quella di molti altri. Del resto mai è stato chiarito chi dovesse controllarli, mai è stato loro impedito di fumare benché in tutti gli uffici pubblici sia vietato e come, in spregio delle regole, fa nelle riunioni Totò Sammartano, ex cuffariano in passato all’assessorato al Turismo di Cefalù, elevato da Crocetta a ras della sanità siciliana con il ruolo di dirigente generale.
Nel dipartimento Territorio e ambiente erano al limite del contenimento fisico e non parve vero ai dirigenti dover accoglierne nel 2011 altri 290 oltre ai 293 dipendenti regionali in servizio, e così negli altri uffici, tanto da consigliare a 400 di loro di rimanere a casa, pagati naturalmente.
Pure Crocetta, che vede mafia e la usa come paravento alla critica, non ha esitato la scorsa settimana, sotto la pressione e il ricatto, a indicarli come tali: «Alcuni di loro sono mafiosi, il ministro dell’Interno lo sa», salvo successivamente ricredersi.
«Mafiosi? Però i nostri voti gli sono serviti durante le elezioni» gli hanno risposto dalla piazza i Pip. «Il 60 per cento ha votato per lui, io sono uno di questi perché a Palermo vale ancora quello che è più di un detto, “Duna u panea cu ti duna u pani”, dai il pane a chi ti dà il pane» dice il Pip Roberto Cottone.
Crocetta è un messia anche per Russo, sebbene oggi ne sia deluso. Così disponibile al punto da incontrarne 300 pochi giorni prima delle elezioni regionali insieme all’ex europarlamentare Luigi Cocilovo e promettere, da governatore, non più i soliti 36 milioni ma 44 sia per il 2014 e 2015. Sarà la memoria a consigliare una soluzione a Crocetta, che alla vigilia dell’approvazione della finanziaria decide così di riportarli allo status di«sussidiati», addirittura a 830 euro, ma senza gli oneri contributivi, vale a dire Tfr, tredicesima e quattordicesima, destinando i soliti 36 milioni di euro all’emergenza Pip.
E non rinuncia neppure alla teatralità, tanto da sporgersi dalla finestra del palazzo e salutarli con lo stesso omaggio con cui il signore saluta il suo esercito. Esercito che solleva di peso Fabrizio Ferrandelli, EdyTamajo (eletto con Gianfranco Miccichè ma transumato da Crocetta), Totò Lentini, tutti deputati che si presentano in piazza con l’emendamento salutati nel tripudio, il sussidio come fosse uno scudetto.
«Mi hanno tradito per 100 euro, hanno tradito un padre. Io gli ho dato la dignità di lavoratori, Crocetta ne fa dei sussidiati» deve registrare Russo, che ha dovuto abdicare. Soldi che intanto la regione pensa di attingere dai fondi comunitari dice l’attenta Ester Buonafede, assessore al Lavoro: «Parliamo non di sussidio, ma di sostegno al reddito, cosa ben diversa. In cambio lavoreranno. Non si può nascondere che ci sia un problema di tenuta sociale…».
Si è infuriato pure Luca Bianchi, l’assessore all’Economia, spedito dal Pd nazionale, che si è dovuto sottomettere alla volontà di Crocetta il quale, pensate, ha «scontentato» 26 mila forestali confermandoli tutti per una spesa che si attesta sui 250 milioni di euro per il 2013.
In realtà ha fatto di più con quell’effemeride della clientela che in Sicilia viene chiamata Tabella H, cui ha destinato 25 milioni del bilancio regionale: una lista di associazioni ed enti tutti più o meno vicini a un deputato che vengono foraggiati annualmente da contributi, sulla quale era piovuto lo strale dei grillini e su cui si ipotizza l’imminente impugnativa del commissario dello Stato per irregolarità.
«È lo sportello della clientela, è stata un’occasione persa da parte di Crocetta» annota Giancarlo Cancellieri, capogruppo cinquestelle, ricordando le parole del governatore, che si era spinto a invocarne la sospensione: è l’evidente concessione e contiguità d’amicizia tra politico e una pletora di clientes. Una discesa nel grottesco come i 250 mila euro che oggi sarebbero stati destinati («ma per una svista») all’Aci di Palermo per il centenario della Targa Florio, centenario che si è celebrato nel 2006, o ancora i 230 mila euro riconosciuti a enti che sono in liquidazione (Cerisdi), presepi che stanno a cuore a deputati in pensione come quello di Custonaci a Carmelo Oddo, ex Pd.
Ancora: 11 mila euro a un’organizzazione che allestisce veglioni (No limits di Alcamo), il Coppem che il responsabile definisce una «piccola Onu» impegnata a tessere rapporti con l’euromediterraneo (691 mila euro, erano anche di più), o i 97 mila euro a un’improbabile accademia degli zelanti e dei dafnici.
Poi c’è la Prosam (230 mila euro), nata per perseverare con 30 mila euro il funzionamento della fauna selvatica. Con i 118 mila euro dati alle associazioni venatorie gli uccelli sarebbero dovuti scomparire dal vocabolario siciliano. Come le parole Pip e Tabella H.
Più che governo della rivoluzione assomiglia al governo della conservazione: «Dare tanto ma con il contagocce come ha insegnato Paolo Cirino Pomicino», e fa impressione che a dirlo sia un uomo che milita nello stesso partito del governatore come il renziano Davide Faraone. Perfino l’amico più caro di Crocetta, Antonio Presti, mecenate di Fiumara d’Arte e proprietario dell’Atelier sul mare, luogo che il governatore ha eletto a sua residenza al punto da tenervi le riunioni di giunta, ha definito la Tabella H «una cloaca di clientele» rifiutando a mo’ di protesta 80 mila euro stanziati per la sua fondazione.
Deluse anche le associazioni di categoria, come la Confindustria attraverso il vicepresidente Giuseppe Catanzaro: «Ci aspettavamo segnali concreti d’inversione di rotta, invece riscontriamo che sono stati approvati emendamenti che deprimono ancora di più l’economia». Più duro è Pietro Agen, presidente della Confcommercio, che non esita a definire la finanziaria un’«indecenza». E il segretario regionale della Cisl, Maurizio Bernava: «Non è così che si aiutano i precari e quella tabella è una lotteria».
C’è chi ha pensato pure di scrivere un romanzo su quest’ultimo Crocetta, dovendosi dibattere con l’impossibilità, testimonia il primo scrittore di Palermo, Roberto Alajmo: «Si muove continuamente. È un personaggio che ciclicamente la Sicilia produce. Può passare alla storia per essere l’ultimo Romolo Augustolo,un intelligente animale della politica con dosi di populismo. L’approvazione di questa finanziaria e i caroselli sono un segnale chiaro a Palermo, una rassicurazione: non sono diverso dagli altri».
In questa città che osanna sovrani d’occasione Crocetta ha sostituito nel cuore quello che per i palermitani era il re taumaturgo, il sindaco Leoluca Orlando, che infatti nutre un’antipatia non dichiarata nei suoi confronti.
Celebrata l’ennesima taranta dei precari sotto lo sguardo di un nuovo monarca, Crocetta nutre un consenso indiscutibile perché è destino di questa città e di un’isola non avere democrazia, ma soltanto un guasto di democrazia plebiscitaria rinforzata con dosi massicce di sussistenzialismo, quella solita monarchia della necessità. La monarchia assistita.
13 Maggio 2013
ciao michele,sono carlo 78sta da lercara friddi (pa)in modo scerzoso,mi vien da dire [KI MANGIA LE SALSICCE,E NUATRI NNACCURDAMU DA VIRDUREDDA]EH... KI VULEMU FARI PACENZIA CI VOLI.MA CI VOLI PURU LA STABILITA' SUBITO.W PAPA FRANCESCO
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