Zingaro, per spegnere l’incendio
acqua di lago con l’elicottero
È passato un mese esatto dall’incendio che ha portato la riserva naturale dello Zingaro indietro di almeno venti anni. Ce ne vorranno altrettanti perché le biodiversità distrutte dalle fiamme possano tornare a vivere e perché si ricreino le condizioni adatte alla sopravvivenza delle specie protette. E non è tutto. Il paesaggio al quale eravamo abituati fino a poco tempo fa, domani potrebbe non essere più lo stesso: “Se le aree protette vengono distrutte da un evento di questo tipo, capace di spaccare terra e pietre, la natura seleziona la vegetazione in base alla resistenza alle fiamme”, spiega Valeria Restuccia, direttrice della riserva dello Zingaro. Non è la prima volta che si verificano incendi di questo tipo. Episodi analoghi, anche se di portata inferiore, si sono verificati nel 1996, nel 2002 e nel 2006.
L’INCENDIO. Ma facciamo un passo indietro, ripercorrendo le tappe dell’incendio. Secondo la ricostruzione fornita dal Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali, giorno 4 agosto, con l’arrivo dello scirocco, sono apparsi i primi focolai alla Fossa di Biro, prima di Castelluzzo. Poi si sono spostati verso Monte Sparacio. Ne è scaturito un incendio che è durato per le successive 18 ore, prima di interessare l’area protetta. Subito sono intervenuti gli operai forestali e il personale del nucleo di vigilanza della Riserva che hanno cercato di creare le condizioni perché le fiamme non si propagassero oltre. Verso le cinque del mattino del giorno successivo l’incendio era spento. Restavano accesi soltanto alcuni focolai nel boschetto di Pianello. Bisognava bonificare la zona perché non si sviluppasse un nuovo incendio. Dalla sala operativa del Corpo forestale è stato richiesto quindi ufficialmente l’intervento aereo della protezione civile. “Sono intervenuti quattro elicotteri “Fire box”, abilitati a prendere solo l’acqua dai laghi – aggiunge Restuccia – in questo caso da quello di Partinico, con un intervallo di circa mezz’ora tra un lancio e l’altro”. Ma qualcosa non ha funzionato. Verso le due del pomeriggio il rogo ha ripreso forza e da lì tutto è andato a peggiorare. Le fiamme hanno avvolto completamente la riserva, risparmiando solo il vigneto e le strutture protette grazie al lavoro degli operai forestali. Ripercorrendo quanto ricostruito dall’Azienda Foreste, nessun mezzo aereo sarebbe intervenuto per spegnere i roghi fino alle 19.15, quando un elicottero antincendio ha realizzato due sganci per salvare una casa privata e subito dopo è rientrato per avaria, sostituito da un altro mezzo che ha continuato lo stesso intervento. I Canadair sarebbero quindi intervenuti solo lunedì, quando la riserva era già tutta bruciata. “La situazione era davvero complessa da gestire, forse serviva un coordinamento maggiore degli interventi – sottolinea la direttrice dello Zingaro – Senza contare che contemporaneamente all’incendio nella Riserva, hanno preso fuoco Macari, Monte Cofano, Monte Inici, Monte Sparacio e Castelluzzo”. E bruciava anche mezza Sicilia, senza contare poi il rogo di Bellolampo.
GLI INTERESSI IN GIOCO. Le indagini sulle cause dell’incendio sono ancora in corso, ma sembra che con tutta probabilità dietro il rogo ci sia la mano dell’uomo. Se questa ipotesi verrà confermata, c’è da chiedersi quali potrebbero essere gli interessi di chi ha appiccato le fiamme. “Senza dubbio gli operai forestali non traggono alcun giovamento dall’appiccare incendi – prosegue Restuccia – basti pensare che i primi progetti che vengono attivati sono quelli per la realizzazione dei viali para-fuoco, ormai evidentemente inutili. Che interesse possono avere gli operai a perdere il lavoro?”. Oppure qualcuno riteneva, una volta bruciata la riserva, che si sarebbero create le condizioni giuste per mettere le mani sul patrimonio pubblico? I motivi restano ignoti, ma gli effetti sull’ambiente continueranno a vedersi per decenni.
IL FUTURO DELLA RISERVA. Alcuni dei progetti messi in campo negli anni dall’Azienda Foreste nella riserva naturale dello Zingaro al momento sono sospesi, come quello sulla salvaguardia della Coturnice. Il Dipartimento Regionale Azienda Foreste Demaniali non si arrende e punta a rimettersi al lavoro quanto prima, come conferma la direttrice Valeria Restuccia: “Continueremo a spenderci per la protezione delle biodiversità, i centri del germoplasma e per il recupero della fauna selvatica, la gestione delle aree protette e la realizzazione delle infrastrutture per il pubblico. La protezione dell’ambiente, come la tutela della salute e l’istruzione, è un’ipoteca sul futuro di tutti noi al quale non si può rinunciare e che in nessun modo può essere mercificata”.
04 Settembre 2012
Finalmente qualcuno evidenzia che i forestali non hanno nessun interesse nell'appiccare incendi, però bisognava dirlo prima, molto prima.
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