02 agosto 2012

LOMBARDO: I FORESTALI NON LI POTEVO LICENZIARE

 

Carattere sospettoso, maestro di «geometrie variabili»

 

Doppia accusa. 

Dopo l'avventura della presidenza ora affronta la doppia accusa di voto mafioso



Tony Zermo
«Non si muove foglia che Lombardo non voglia», dicevano a Palazzo d'Orleans, perché controllava dispoticamente il lavoro dei suoi assessori, ma era capace di allontanarsi per andare a comprare un antico fucile da caccia a Vienna. Aveva anche altre passioni, il podere di Grammichele, la capretta girgentana, i cavalli, la venerazione per San Sebastiano «trafitto da tante frecce come fanno con me» e di cui portava al polso un nastrino rosso.
Un carattere forte, sospettoso, raramente sorridente, un odio per alcuni avversari politici. I suoi assessori preferiti erano Massimo Russo e Gaetano Armao che nonostante il «tourbillon» sono rimasti fino all'ultimo e che definiva dei «fuoriclasse», i soli che si potevano permettere una certa libertà d'azione.
Quando prendeva una posizione non lo smuoveva nessuno, non ha voluto far passare il rigassificatore di Priolo (con recente marcia indietro della Erg) e i termovalorizzatori e ha tenuto il punto fino all'ultimo scontrandosi con l'allora ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, favorevole sia al rigassificatore e sia ai termovalorizzatori.
Quando lo accusavano di avere sovraccaricato la Regione di migliaia e migliaia di precari e forestali non rispondeva come Nino Drago che «a Torino c'è la Fiat, in Sicilia c'è la Regione», ma dicendo che «questi dipendenti regionali non li ho assunti io, me li sono trovati. Che facevo, li licenziavo? ». Uno dei suoi errori più gravi è stato quello di avere programmato l'eliminazione degli Ato (anche questi un lascito di Cuffaro), ma di non averla messa in pratica dopo due anni e un deficit di un miliardo.
Di vecchia scuola democristiana, Raffaele Lombardo è un maestro di strategia politica, era stato eletto con Forza Italia e poi l'aveva scaricata (uno dei pochi che era riuscito a fregare Berlusconi) alleandosi con il Pd che così poteva tornare finalmente al potere dopo che quasi vent'anni prima il governo Capodicasa era scivolato su una buccia di banana.
Lombardo uno «sfasciacarrozze» di maggioranze, ma ha anche creato un partito autonomistico che in Sicilia ha il suo peso negli equilibri di potere. («Bossi ha creato la Lega, io ho fatto l'Mpa», diceva). Ha sempre sostenuto che «Garibaldi era un bandito» e che «i piemontesi hanno depredato delle sue ricchezze la Sicilia che sotto i Borboni era la regione più progredita d'Italia». Insomma, se non si faceva l'Italia per la Sicilia era meglio.
Era bravissimo nell'assegnare le poltrone assessoriali e nel toglierle a seconda delle convenienze, nell'ultimo periodo ha fatto assessori a tre mesi, uno, quello della Famiglia, è durato addirittura tre ore. Il colpo di genio è stato quando ha scelto due magistrati eccellenti, Massimo Russo e Caterina Chinnici, a far parte della giunta regionale a trazione Pd. Una bella scelta e anche uno scudo anti-Procure che però non gli è servito quando è arrivato a Catania il procuratore Giovanni Salvi.
Raffaele Lombardo da quasi due anni è tra l'incudine e il martello, con notizie di stampa, subito smentite, che annunciavano addirittura il suo prossimo arresto. Complicato anche il meccanismo giudiziario con due procedimenti aperti, uno per voto mafioso e l'altro per concoroso esterno in associazione mafiosa. Non sappiamo come finirà, ma di una cosa si può essere certi: ammesso e non concesso che abbia chiesto l'appoggio elettorale dei boss, dopo di allora nessun esponente mafioso è venuto a contatto con lui. In sostanza prendi i voti e scappa?
Lombardo avrebbe potuto cercare di resistere fino alla scadenza naturale della legislatura, ma il Pd era pronto a togliergli il sostegno, i giornali seppellivano la Sicilia sotto lenzuolate di fango, i magistrati erano al varco. Alla fine, stremato, ha ceduto le armi (anche perché, dicono, l'Mpa è più preparato al voto che non gli altri partiti). Dice che non si candiderà più, che andrà in campagna a fare il coltivatore diretto, a passeggiare a cavallo tra i filari di aranci. Forse si prepara invece ad altre avventure politiche, ma la sfida più importante la giocherà in un'aula di Giustizia a Catania.

01 Agosto 2012

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