“Posso solo assistere allo scempio, guardare le fiamme che divorano tutto”. Giovanni Genovese, 45 anni, comandante della guardia forestale dello Zingaro, allarga le braccia sconsolato. “Sono disperato”, confessa, al suo amico, Giovanni Bombaci, operatore turistico, che ha appena ricevuto una richiesta di rimborsi per 26 mila euro da alcuni suoi ospiti che per paura hanno preferito lasciare  villette e campeggio.
Genovese ha dovuto affrontare da solo l’inferno dello Zingaro. Disponeva di otto uomini fino a qualche mese fa, ma per ragioni diverse – tre sono stati distaccati ad Erice – è rimasto l’unica sentinella della riserva naturale più celebre dell’Isola. Lunedi l’intera area dello Zingaro e zone limitrofe ha subito il colpo di grazia. E’ stato bruciato quel poco che restava. Quando il fuoco si è sviluppato, è arrivato un idrovolante, cui è stato affidato una missione impossibile: insufficienti e con tempi lunghi i getti d’acqua. L’incendio si è spento, parzialmente, da solo, così com’era cominciato.
Uno dopo l’altro, macchia mediterranea, boschetti, vegetazione sono stati ingoiati dalle fiamme: Guardinelli, Scopello, Piano Vignazzi, mazzo di Sciacca, Terrerosse, Castellazzo e alla fine  il monte Sparacio nei pressi del Castello di Baida.
Lo Zingaro è la metafora dell’inferno. La Sicilia brucia da giorni. Il doppio di incendi rispetto allo scorso anno, 24 mila ettari di vegetazione cancellata, 4700 incendi in sei mesi (ma c’è chi ne segnala 600), trenta in un solo giorno.
Il lavoro dei forestali, delle guardie forestali, dei Vigili del Fuoco è immane. Una guerra perduta in partenza contro i piromani. Da Erice a Calampiso, San Vito Lo Capo fino a Castellammare, per restare nel Trapanese, il fuoco ha invaso la costa: un fronte immane, sette chilometri circa, contro il quale i canadair hanno potuto fare ben poco.
A pochi chilometri nel Palermitano, non è andata meglio. La notte di Palermo è stata rischiarata dalle fiamme che sono divampate attorno alla Conca d’oro, da San Martino delle Scale alle campagne di Monreale, Monte Cuccio, e poi ancora ad ovest a Bagheria, Borgetto, Carini. La mappa dei fuochi denuncia, ove ci fosse ancora qualche dubbio, una preparazione accurata. L’autocombustione? Sospettare il caldo o il vento di scirocco che hanno soffiato per l’intera giornata è pura idiozia. Gli agenti atmosferici favoriscono lo svilupparsi delle fiamme ma non sono in alcun modo responsabili della loro origine.
I luoghi sono quasi sempre gli stessi, vittime predestinate. Ogni anno o quasi. Stesse contrade, stesso terreni. Più puntuali di un orologio svizzero, i piromani operano in libertà. Basta aspettare il mese di agosto, lo scirocco e le temperature calde. Un appuntamento cui non mancano mai.
Le modalità di attacco dei piromani sono artigianali ma estremamente efficaci. Il fronte che va da San Vito a Castellammare è stato devastato, per esempio, è stato aggredito con più focolai: esche ritardate, inneschi con olio combustibile, congegni collaudati che non deludono mai.
In due giorni sono andati in fumo migliaia di ettari di terreno anche nel Catanese e nel Messinese, nel Ragusano, tanto da fare sospettare di una regia. In realtà è solo il movente che accomuna i piromani: la scelta dei luoghi e dei tempi non ha bisogno di essere studiata “in comune”. L’opera di distruzione comincia con l’estate calda e il vento di scirocco.
Ma chi sono i nemici? Per conto di chi operano? E com’è possibile che i piromani non manchino agli appuntamenti, prevedibili, e possano operare con tanta facilità? Il costo degli interventi di spegnimento, con Canadair ed elicotteri, è mostuoso. Ogni lancio, con acqua o ancor più con ritardanti, è un salasso. Costerebbe di meno dislocare un esercito di militari per un mese intero piuttosto che un giorno di lanci di acqua dai canadair in Sicilia.
Ma chi sono i nemici della Sicilia?
I soliti sospetti. L’affare dello spegnimento, il bisogno di lavoro, i pastori che hanno bisogno di pascoli. Piero Tolomeo, il capo del Corpo forestale – in Sicilia è regionale – bolla con il marchio d’infamia chi sospetta dei forestali. “Rischiano la vita negli interventi, è assurdo sospettare di loro”.  E aggiunge: “Il numero di incendi è immane, non ce la possiamo fare da soli. Bisogna dichiarare lo stato di calamità naturale”.
E allora il bisogno di pascolo o di aree edificabili? Impossibile, non ci sono più pastori e il vincolo di edificabilità cancella il movente. “Sono dei cretini, dei lazzaroni”, urla Tolomeo.
Che centinaia di incendi siano addebitabili a degli imbecilli è una tesi alla quale non crede quasi nessuno  con tutta la buona volontà di questo mondo. C’è chi, nel Trapanese, sospetta che siano i pascoli e la precarietà del lavoro a muovere i piromani. Basterebbe un’ordinanza del Prefetto, che imponga il divieto di pascolo nei terreni “bruciati”, e preveda multe salate per ogni capo di bestiame che le attraversi, per aggiustare le cose. “Castellammare vive dell’assunzione di personale stagionale”, osserva qualcun altro. E aggiunge: “La riserva dello Zingaro era una riserva della pastorizia, con filiere di produzione del grano. I pascoli sono stati sfrattati…”.
Tutto credibile, se non ci fossero i Canadair a sorvolare i cieli di Sicilia e ad estinguere le magre risorse regionali. Magari i moventi sono multipli, in linea con le tradizioni della vecchia mafia.

08 Agosto 2012