04 giugno 2019

PREVENZIONE. ALLA LARGA DALLE ZECCHE: COME PROTEGGERSI E PASSEGGIARE SICURI IN BOSCHI E PRATI. ESISTE COMUNQUE UN VACCINO, RACCOMANDATO PER CHI LAVORA A CONTATTO CON IL VETTORE (COME GUARDIE FORESTALI, ALLEVATORI, AGRICOLTORI E SIMILI)

Dal sito www.corriere.it

Negli ultimi anni sono aumentati in modo esponenziale i casi di persone infettate dall’insetto. Un pericolo per chi ha il sistema immunitario compromesso. Il periodo nel quale è più facile fare brutti incontri e correre dei rischi in campagna e nei boschi è fra aprile e ottobre

di Elena Meli

Veicolo di germi

Una passeggiata sui prati, un picnic fuoriporta, un trekking nel bosco: passatempi estivi per gli amanti della natura che però possono riservare brutti incontri. Cespugli, boschi, radure sono infatti i posti dove vivono le zecche, i piccoli insetti succhiasangue fastidiosi per antonomasia: di per sé il loro morso non sarebbe un gran danno, ma sono purtroppo il veicolo di germi responsabili di non poche malattie


Scarsa informazione

Scarsa informazione Sapevate, per esempio, che dalle zecche si può prendere un’encefalite virale? Se la risposta è no, siete in buona compagnia: secondo una recente indagine GfK su oltre 50mila persone in 20 Paesi europei, solo un italiano su tre conosce l’encefalite da zecca. Siamo fra i meno informati d’Europa sull’argomento (in altri Paesi dove la malattia è endemica, ovvero costantemente presente, si arriva all’80 per cento di cittadini a conoscenza del problema), ma è un guaio perché anche da noi la malattia è diffusa, specie nel Triveneto, dove la consapevolezza sale a uno su due, ma di certo ancora insufficiente visto che negli ultimi trent’anni il numero di casi di encefalite da zecca in Europa è cresciuto del 400 per cento (se ne parla anche a pag. 30, ndr).





I casi in Italia

E in Italia è andata perfino peggio, come riferisce uno studio coordinato da Roberto Luzzati dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste appena pubblicato sull’European Journal of Internal Medicine: stando ai dati dell’European Centre for Disease Prevention and Control, che dal 2012 notifica i casi di encefalite da zecca, nel 2016 nel nostro Paese i pazienti sono cresciuti dell’862 per cento rispetto all’anno prima, l’incremento più elevato d’Europa.




Maggiore esposizione

«I casi sono aumentati per la maggiore esposizione della popolazione ai morsi delle zecche infette, per esempio a causa di viaggi nelle zone endemiche», spiega Niccolò Riccardi del Dipartimento Malattie Infettive dell’Ospedale San Raffale di Milano, che ha collaborato all’indagine assieme a Daniele Giacobbe del Policlinico San Martino di Genova e Stefano Di Bella dell’Azienda Sanitaria di Trieste.





Cambiamenti climatici

«I cambiamenti climatici poi favoriscono il persistere delle zecche (la stagione in cui sono presenti va di solito da aprile a ottobre con un picco ad agosto, ma se la temperatura sale il periodo può allungarsi, ndr), inoltre — prosegue Ricciardi — il disboscamento aumenta le possibili interazioni uomo-zecca; è più numerosa poi la popolazione suscettibile all’encefalite da zecca, come i pazienti con un sistema immunitario non perfettamente efficiente, ma soprattutto è cresciuta la capacità diagnostica



Più diagnosi

In sostanza si riconoscono casi che in passato passavano inosservati perché sintomi come febbre, stanchezza, dolori muscolari, nausea e mal di testa venivano scambiati per altro; resta il fatto che in Italia non dovremmo abbassare la guardia perché non siamo nella cosiddetta «cintura dell’encefalite da zecca», l’area che comprende Europa centrale, regioni baltiche, Russia e Asia dell’Est dove la malattia è molto diffusa, ma, come spiega Riccardi :«L’Italia è una nazione a rischio e l’attenzione deve rimanere alta, soprattutto nel Nord-Est dove le zecche sono più diffuse.




Il vaccino

Esiste comunque un vaccino, raccomandato per chi lavora a contatto con il vettore (come guardie forestali, allevatori, agricoltori e simili, ndr), per i veterinari, per i pazienti immunocompromessi che vivono in zone endemiche e per chi viaggia verso aree che lo sono».





Malattia di Lyme

L’encefalite per giunta non è l’unico problema a cui si può andare incontro dopo il morso di una zecca: una patologia perfino più comune è la malattia di Lyme, frequente anche questa nel Nord-Est e in Liguria e trasmessa da un altro germe di cui l’insetto è veicolo, il batterio Borrelia burgdorferi.




Le caratteristiche e le conseguenze

Si riconosce perché attorno al morso, entro alcuni giorni o poche settimane, compare una chiazza rossastra che tende ad allargarsi schiarendo al centro e formando un’anello con i margini rilevati, che può dare prurito e dolore ed è a volte accompagnato da febbre, debolezza e mal di testa; in un caso su cinque però la prima fase della malattia può passare inosservata e si possono poi sviluppare problemi a carico del sistema nervoso (nevriti, paralisi nervose), del cuore (palpitazioni e aritmie) e delle articolazioni, che diventano gonfie e dolenti




Antibiotici

A differenza dell’encefalite da zecca, per cui non c’è una cura specifica, la malattia di Lyme si può curare con gli antibiotici; resta però fondamentale riconoscerla in tempo per poter intervenire prima che le conseguenze diventino serie.




Prudenza

«Va detto che la maggior parte dei morsi di zecca non trasmette virus o germi patogeni e che la maggioranza delle infezioni,non comporta una malattia grave», tranquillizza Riccardi. «Tuttavia è opportuno rivolgersi al medico se dopo un morso di zecca compaiono febbre, nausea, vomito o un offuscamento delle sensazioni, così come se sulla pelle si forma il caratteristico eritema “a bersaglio” nella zona della puntura».



Precuazioni

Coprirsi bene le estremità, soprattutto le gambe; meglio optare per tessuti di colore chiaro, sui quali una zecca è ben visibile
Evitare i sandali scegliendo invece scarponcini chiusi e alti alla caviglia. •Applicare sugli orli dei pantaloni, sui polsini, sui colletti e sulle scarpe repellenti per gli insetti a base di permetrina o simili. 
Non addentrarsi dove l’erba è alta o toccare quella ai margini dei sentieri; non sedersi per terra e attenzione sui sentieri poco battuti. 
Alla fine dell’escursione o della giornata all’aperto bisogna ispezionare vestiti e parti scoperte, per identificare subito eventuali zecche. 
Anche il prato di casa può nascondere zecche: va tenuto ben falciato 

e se si ha un cane va controllato e trattato con gli appositi repellenti.




Dopo il morso

Se si è stati morsi da una zecca è bene toglierla al più presto perché la probabilità di malattia sale con il passare del tempo. 
Mai usare alcol, benzina, acetone, trielina, ammoniaca, olio o grassi o oggetti arroventati: potrebbero portare la zecca a rigurgitare materiale infetto. 
Non toccare la zecca a mani nude, bisogna usare i guanti e poi lavarsi le mani; una volta tolta, la zecca non va gettata nella spazzatura ma bruciata.
Per estrarla servono pinzette a punte sottili con cui afferrarla il più vicino possibile alla pelle, senza schiacciare il corpo; una volta presa, si deve tirare in maniera decisa ruotando leggermente. 
Disinfettare la pelle prima e dopo aver tolto la zecca; se il rostro resta conficcato, va tolto con un ago di siringa sterile. 

Nei 30-40 giorni seguenti, fare attenzione ai sintomi sospetti: se la pella si arrossa compaiono febbre, mal di testa, dolori articolari e stanchezza è bene parlarne al medico



2 Giugno 2019 

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